Coronavirus, nel Lazio di Zingaretti 12 ore di coda per fare il tampone

A Roma code infinite ai drive-in per sottoporsi al tampone per il Covid. Le strutture sanitarie rischiano di non reggere.

Nella struttura  drive-in alla Casa della Salute di Labaro, a Roma – riferisce l’Ansa –  molti sono in coda dalle 2 di notte nell’attesa di poter fare il tampone per il Coronavirus. Tra i tanti, si trovano genitori in auto con in bambini che attendono anche 12 ore per sapere se hanno o no contratto il virus. In alcuni casi il tampone è stato prescritto dai pediatri in quanto un compagno di scuola del bambino è risultato positivo  e così si devono sottoporre al test tutti i contatti diretti del bambino infetto: sia i compagni sia gli insegnati. Se poi i compagni risultassero, a loro volta, positivi a quel punto anche i genitori e gli eventuali fratelli dovrebbero sottoporsi al tampone. Un circolo che sembra destinato a non chiudersi, dunque e che rischia di mettere in difficoltà a stretto giro il sistema sanitario del Lazio di Nicola Zingaretti , lui stesso ammalatosi di Covid mesi fa.  Il segretario dei Dem , recentemente, ha sostenuto che se al Governo, al posto suo e del Premier Giuseppe Conte,  ci fossero stati Matteo Salvini e Giorgia Meloni i morti ora sarebbero così tanti che l’Italia avrebbe bisogno delle fosse comuni ma nella Regione da lui amministrata le cose sembrano essere al limite. Infatti le strutture sono in questi giorni sotto pressione a causa delle tante persone che vi si rivolgono. L’assessore regionale alla Sanità Alessio D’Amato ha spiegato che la Regione  è già al lavoro per raddoppiare i drive-in dove si effettuano i tamponi per verificare la eventuale positività al Covid.

E la situazione richiede di agire in fretta perché nel Lazio i contagi stanno aumentando in fretta e in tutti i 21 drive-in presenti nella Capitale – spiega Huffington Post – le code sono chilometriche. Conoscere prima i tempi di attesa sembra impossibile poiché anche telefonando ai numeri del Servizio di igiene e sanità pubblica, risponde solo una voce preregistrata che non fornisce alcuna risposta ma ripete ininterrottamente: “Tutti gli operatori sono occupati“. Non resta che mettersi in coda, dunque, e prepararsi a dover attendere – spesso con bambini piccoli – anche mezza giornata. L’unica salezza per non far collassare il sistema sembra essere quello di introdurre, quanto prima, i test salivari rapidi nelle scuole per i bambini di età compresa tra i 3 e i 14 anni.

E alle code – quasi interminabili – per riuscire a sottoporsi al test si aggiunge un secondo problema: i tempi per avere l’esito. Infatti – spiega Rainews – ci vogliono mediamente 5-7 giorni per sapere se si è positivi o no al Covid. Troppi a detta di Pier Luigi Bartoletti, segretario della Fimmg di Roma e responsabile delle Uscar – le squadre di “cacciatori di positivi” composte da circa 800 unità tra medici e infermieri – del Lazio. In 5-7 giorni una persona positiva, se non è rimane in assoluto isolamento, può diffondere in misura importante l’infezione virale. Mentre se una persona è negativa, ha perso inutilmente una settimana di studio o lavoro. Infatti solo il 2,6% dei testati, fino ad ora, è risultato essere positivo. Ciò significa che il 97,4% delle eprsone che si è sottoposta a tampone, è rimasta bloccata a casa una settimana senza motivo.   Pertanto Bartoletti propone di consentire ai medici di famiglia di eseguire i tamponi attraverso kit rapidi che, al momento, non ci sono ancora. Il Commissario straordinario per l’Emergenza Domenico Arcuri ne ha acquistato 5 milioni tramite bandi pubblici e si prevede il loro arrivo per la settimana prossima.“Non è più tempo di cluster circoscritti, il virus si è diffuso sul territorio ed è cruciale bloccare i contatti per tempo” – ha concluso Bartoletti.

Samanta Airoldi

Fonte: Ansa, Huffington Post, Rainews

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