Faccendieri e speculatori mettono le mani sul conto corrente del Pontefice

Dalla palazzina di Londra fino ai fondi destinati agli ospedali privati, il flusso di denaro e di operazioni sospette che ruota attorno al Vaticano si fa sempre più consistente. Uno scandalo che coinvolge alti prelati e speculatori senza scrupoli.

Tutto inizia con l’acquisto della palazzina di Sloane Avenue, a Londra. Un affare attorno al quale ruotano affaristi, broker, speculatori e Cardinali e che scoperchia un mondo, finora rimasto oscuro, fatto di corruzione e di operazioni finanziarie finalizzate ad un unico scopo finale: mettere le mani sui soldi, tanti, della Santa Sede. E’ questo il quadro definito da un documento redatto dagli inquirenti, e citato da La Repubblica, che parte proprio dalla palazzina di Kensington.

Nelle 59 pagine del documento, chi indaga sintetizza in modo sconvolgente la situazione: “La Segreteria di Stato finanzia l’operazione londinese con linee di credito del Credit Suisse e della Banca della Svizzera Italiana per 200 milioni di dollari garantite attraverso la costituzione del pegno di valori patrimoniali posseduti dalla Segreteria di Stato e rinvenienti nelle donazioni dell’Obolo di San Pietro“, vale a dire – è sempre bene ricordarlo – quelle donazioni effettuate dai fedeli affinché vengano utilizzate per aiutare i più poveri.

Il prezzo della palazzina, tuttavia, cresce vertiginosamente. Lo scrivono chiaramente il Promotore di Giustizia Gian Piero Milano e l’aggiunto Alessandro Diddi: “Prima della sottoscrizione delle quote da parte della Segreteria di Stato viene realizzata dai gestori del fondo una consistente rivalutazione contabile che, allo stato delle investigazioni, non sembra trovare una valida ragione economica“.

L’intervento si Raffaele Mincione 

E’ qui che sembra entrare in gioco Raffaele Mincione, che appare essere colui che muove i fili delle operazioni: attorno a lui ruota una gran quantità di sigle e società utili, apparentemente, soltanto a inglobare denaro. Tra queste compare anche Gutt Sa – società lussemburghese del broker  Gianluigi Torzi – che stipula “contratti sottoscritti da monsignor Alberto Perlasca in qualità di procuratore del sostituto monsignor Edgar Peña Parra. La Gutt Sa agisce come agente della Segreteria di Stato per gestire l’immobile. E la Segreteria si impegna verbalmente a corrispondere a Gutt Sa una somma del 3 per cento pari a 10 milioni di euro. Tale accordo non risulta formalizzato in alcun contratto“.

L’affare, quindi, si chiude sulla parola data da Perlasca e da Fabrizio Tirabassi, funzionario degli uffici vaticani. Le ragioni che hanno portato alla scelta di Gutt Sa, però, non sono chiare. E gli inquirenti scavano. Tirabassi afferma di essere stato vittima di un ricatto attuato nei suo confronti da Torzi. Chi indaga, invece, crede che dietro questa ricostruzione ci sia “un clamoroso artifizio ben orchestrato, con la complicità di Tirabassi e forse di altre persone“. Sta di fatto che le il valore del fondo, improvvisamente, crolla: “Le quote del fondo perdono 18 milioni euro. L’operazione Gutt Sa genera una perdita di 100 milioni. In sintesi, a fronte di un esborso di 250 milioni, la Segreteria di Stato si trova proprietaria di un immobile che sulla carta varrebbe 260 milioni ma per assicurarsi la proprietà del quale alla fine dovrà sostenere un costo (al netto degli interessi dei mutui) pari a 363 milioni“. Un affare che all’epoca dei fatti, come riporta Il Sole 24 Ore, fu definito “opaco” anche dal Segretario di Stato Pietro Parolin.

Il Conto personale del Pontefice 

A quel punto, vista la facilità con cui hanno mosso cifre enormi di denaro, gli sciacalli si sentono inarrestabili. Così decidono di mettere mano anche al Fondo Discrezionale per le spese del Santo Padre. Un conto presso Ubs i cui movimenti dovrebbero essere autorizzati proprio dal Pontefice. Eppure da lì Tirbassi e Perlasca riescono a prendere 20 milioni di sterline – pari a 22 milioni di euro – destinate a Torzi, che fattura inoltre 5 milioni come consulenza per altre operazioni immobiliari curate per conto dei monsignori: dall’hotel milanese in zona San Siro al palazzo sulla 5th Avenue di New York. C’è addirittura un albergo a Dubai.
Scavando i magistrati scoprono un ulteriore fronte dello scandalo: la cartolarizzazione dei crediti avanzati da ospedali privati e cooperative nei confronti delle Asl. E’ così che una serie di società si inseriscono così nei rapporti del Fatebenefratelli di Roma con la Regione Lazio. C’è poi il caso della Osa, cooperativa con cui il Vaticano apre una collaborazione e che grazie alla raccomandazione di Tirabassi riesce a firmare un contratto record con l’ospedale pediatrico Bambino Gesù. Un contratto la cui gestione sarà affidata a un soggetto che viene segnalato “per forti legami con ambienti e persone della camorra pugliese (Clan Campana e Sacra Corona Unità)“. È in questo contesto che nascono le condizioni, per Tirabassi e Torzi, di mettere in piedi l’operazione Gutt Sa “una manovra ben pianificata per realizzare un’ingente depredazione di risorse delle Segreteria di Stato che non ha eguali“.

Il ruolo del Cardinal Becciu

Il Cardinal Becciu entra nel giro solo in un secondo momento. Lo fa attraverso il suo segretario personal, Monsignor Mauro Carlino, dotato secondo i magistrati di una “particolare disinvoltura con la quale si muove nelle alte sfere della gerarchia dello Stato, l’incessante attività posta in essere con personaggi del mondo della finanza per realizzare nuove iniziative di tipo imprenditoriale“. Carlino incontra Luca Dal Fabbro, presidente di Snam. I due discutono della rinegoziazione del mutuo sull’immobile londinese e di altri progetti, da portare avanti sempre con la cricca di Raffaele Mincione e con “Preziosi di Genova (verosimilmente Enrico Preziosi, noto imprenditore della Giochi Preziosi colpito da una misura cautelare e indicato dallo stesso Dal Fabbro come personaggio molto chiacchierato)“.
Carlino si muove per trovare coperture: incontra Giovanni Ferruccio Oriente, personaggio “che dalle intercettazioni parrebbe avere accesso al ministero dell’Interno italiano. Costui sembrerebbe essere in grado di accedere ai registri di notizie di reato di tutte le procure, è informato degli affari di Torzi (indicato da lui come soggetto che si era avvicinato a Giulio Tremonti e Franco Frattini) ma soprattutto parrebbe essere in strettissimo contatto con Gianluigi Nuzzi che si appresterebbe a scrivere un libro con documenti usciti dal Vaticano“. La preoccupazione del segretario del Cardinal Becciu, però, non riguarda solo eventuali inchieste dei magistrati: “Monsignor Carlino mostra di essere ben consapevole che l’iniziativa deve essere camuffata con finalità sociali perché”, si legge ancora nelle trascrizioni delle intercettazioni “sennò iniziano a impallinarci che famo solo attività speculative o commerciali”».
Insomma, un vero e proprio esercito di speculatori, finanzieri spregiudicati e prelati pronti a tutto pur di far girare nella direzione giusta una montagna di soldi.
Lorenzo Palmisciano
Fonte: La Repubblica
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