Scuola, il ministro Lucia Azzolina è convinta di “entrare nella Storia”

Il ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina scrive al personale scolastico: “abbiamo una responsabilità storica grande”. E promette di usare i soldi del recovery fund per costruire “scuole migliori”.

 

Sembra un po’ di tornare a maggio, quando dalle finestre e dai balconi di tutto il Paese sporgevano striscioni e cartelli colorati e pieni di cuoricini disegnati dai bambini chiusi in casa, che cercavano di incoraggiare gli italiani: “andrà tutto bene”, era il mantra di quel periodo. E alla fine abbiamo perso finora più di 35 mila persone per il COVID-19. Così la lunga lettera che il Ministro dell’Istruzione, Lucia Azzolina, ha scritto ai docenti e a tutto il personale scolastico in vista dell’avvio delle lezioni il 01 settembre, riecheggia, a tratti, quelle parole. “Ce la faremo”, scrive il ministro. Un misto di spauracchio, incoraggiamento e lettera di intenti. “Carissimi”, comincia il ministro, “siete ben consapevoli del fatto che stiamo per scrivere, insieme, un capitolo nuovo e determinante nella storia della nostra scuola”, afferma, e “abbiamo una responsabilità storica grande.

Azzolina, riporta Repubblica, ammette che “sarà un anno duro, e ricorda che non era “mai successo prima”. Parole che rischiano di cadere nell’ovvietà perché le difficoltà di questo anno – già di per sé entrato a gamba tesa nella Storia – si fanno strada non solo sul piano scolastico o sanitario ma anche, e ora più che mai, su quello economico. Ma il ministro sfoggia il suo ottimismo e fiducia nel Governo quando afferma, “senza alcun trionfalismo”, che malgrado la preoccupazione “comprensibile”, la garanzia del “gran lavoro fatto ci darà sostegno”. sebbene, sottolinea, sano “emerse narrazioni spesso semplificate, alcune volte allarmistiche, quasi sempre ingiuste sul personale scolastico”.

Difende il suo territorio e il suo operato il ministro, ma richiama anche alla importanza del lavoro fatto insieme alle istituzioni sanitarie, che ha permesso all’Italia di avere regole “tra le più rigorose in Europa”. E infatti bisognerà vedere se, anche nel caso della scuola, non si cadrà nel solito “fatta la legge, trovato l’inganno”. Perché ancora non si sa quanto queste regole saranno applicabili. In ballo ci sono la responsabilità dei genitori nel sorvegliare la salute dei figli prima di andare a scuola, del personale scolastico nel far rispettare le nuove determinazioni, e delle Asl nell’attuare le strategie sul piano sanitario, il tutto in pieno coordinamento con scuole, famiglie, e autorità locali e regionali.

Ma  c’è un problema di fondo: le condizioni – sul piano strutturale e su quello del personale – in cui versa il sistema scolastico italiano. Il ministro ne è consapevole, e ha voluto ricordare che sono state stanziate delle risorse per l’edilizia leggera,  per i dispositivi di protezione, per  la logistica che consentirà di evitare assembramenti, per acquistare dispositivi digitali, connettività, libri e kit didattici per i meno abbienti. “Fornirà tutto lo Stato”, festeggia il ministro, che ci tiene a ricordare che a breve saranno svolti i “concorsi per 78 mila posti che rafforzeranno il nostro organico”.

Concorsi che, come avvertono alcuni enti meno entusiasti, potrebbero andare in parte deserti a causa della mancanza di candidati adeguati. Ma la battaglia prioritaria per il ministro è quella di eliminare le classi sovraffollate, le cosiddette “classi pollaio”. Per questo, spiega, il ministero ha cominciato a intervenire sul provvedimento che “ha dato loro origine”: il DPR 81 del 2009, che “già oggi possiamo derogarvi, abbassando il numero di alunni per classe”. L’intenzione è proseguire questo percorso per poi “immaginare e realizzare un Piano pluriennale di investimenti sull’edilizia scolastica”.

Per realizzare il suo sogno di reinvenzione della scuola italiana, il ministro si prenota doverosamente i soldi che arriveranno dall’Europa e punta tutto sul recovery fund. Il pizzico di realismo ai piani del ministro lo aggiunge il sindacato. “Lettera piena di buone intenzioni, giudicheremo i fatti”, dicono senza molte illusioni al Gilda.

Il problema delle mascherine

Intanto con la ripartenza della scuola, il Governo ha trovato un’intesa con le Regioni sui mezzi di trasporto, mentre il Comitato tecnico scientifico ha fissato le direttive per garantire le lezioni in sicurezza. Per l’Esecutivo – riporta la Stampa – è un difficile lavoro di mediazione tra gli esperti che chiedono rigore e i governatori che vorrebbero riempire i mezzi pubblici. Per il momento, l’accordo trovato è quello di portare la capienza su treni e trasporto locale all’80%, fermo restando l’obbligo di indossare le mascherine e di rispettare il distanziamento di un metro. Le mascherine a scuola, invece, vanno indossate negli spazi comuni ma non durante le lezioni, per gli alunni delle elementari. Per i più grandi si valuterà in base alla situazione epidemiologica. Sulle mascherine il ministro non vuole cedere, e sta “insistendo personalmente perché i ragazzi non debbano portarle se il metro di distanza c’è”. Il dibattito sul dispositivo di protezione è ancora aperto. Il Comitato tecnico scientifico ha di recente chiarito che non potranno essere utilizzate quelle di stoffa, lavabili e riutilizzabili, ma saranno solo consentite quelle chirurgiche. Proprio per questo, non spetterà alle famiglie acquistarle: saranno  fornite gratuitamente dagli istituti. Sulla linea da adottare per il comportamento dei ragazzi, ovvero su come far rispettare le regole di sicurezza all’interno delle scuole, i presidi si dividono sulla linea da adottare. A riferirlo Fanpage. Molte scuole stanno rielaborando il Patto educativo di corresponsabilità e i regolamenti disciplinari.

 

E alcuni presidi starebbero pensando di imporre sanzioni disciplinari, ad esempio il 5 in condotta, per chi non si attiene alle misure anti-contagio e non indossa la mascherina. “Anche noi abbiamo aggiunto sanzioni, sino alla sospensione, per chi infrange le misure anti-Covid, le stesse previste per qualsiasi azione pericolosa che possono commettere gli studenti”, racconta il preside dell’istituto Salvemini (Bologna), Carlo Braga. Ma non tutti sono d’accordo su questo tipo di scelta. Per il preside del Volta di Milano, Domenico Squillace, “se imbocchiamo la strada delle punizioni non andremo da nessuna parte”.

Fonte: Repubblica, La Stampa, Fanpage

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