Bonus partite Iva, cinque deputati l’hanno chiesto e ottenuto. Ma era tutto legale

Un sussidio nato e pensato per aiutare chi era in difficoltà, senza lavoro, a causa del Covid-19. Ma il bonus partite Iva è stato richiesto e ottenuto anche da chi non ne aveva alcun bisogno.

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Sono finiti anche loro nella lista di chi ha intascato il bonus di 600 euro per le partite Iva. Percepiscono 12mila euro al mese, ma alcuni deputati avevano bisogno del sussidio. Così, stando a quanto rivela Repubblica, sono cinque i deputati che hanno chiesto all’Inps il bonus da 600 euro mensili, poi elevato a 1000 previsto dai decreti Cura Italia e Rilancio per sostenere il reddito di autonomi e partite Iva, in difficoltà durante la crisi del Coronavirus. I nomi ancora non si conoscono, ma appartengono a tre diversi partiti. Dalle prime indagini, è emerso che i cinque di Montecitorio sarebbero tre deputati della Lega, uno del Movimento 5 Stelle e uno di Italia Viva. Ma non è tutto, perché nella vicenda sarebbero coinvolte altre duemila persone tra assessori regionali, consiglieri regionali e comunali, governatori e sindaci. Dei leghisti, sarebbero un mantovano, uno del Sud e una donna. Non sono ancora noti i loro nomi, ma su Twitter si chiede che vengano fuori i nomi, tanto che l’hashtag #fuoriInomi continua a essere tra i primi in trending dal 9 agosto, riporta Open.

La segnalazione è arrivata direttamente dalla direzione centrale Antifrode, Anticorruzione e Trasparenza dell’Inps, una struttura creata ad hoc con l’obiettivo di individuare i truffatori. La Lega avrebbe inoltre inoltrato richiesta all’Inps per conoscere le identità dei deputati finiti nella lista dei furbetti. Ma la privacy impedisce di poter risalire all’identità, almeno per ora. Ma non è tutto, perché a richiedere e ottenere il bonus dei 600 euro ci sarebbero anche sindaci, consiglieri, assessori regionali e comunali. L’avrebbero richiesto anche altri professionisti come notai, ingegneri, commercialisti, volti noti della Tv. Ma nelle richieste, non ci sarebbe nulla di illegale. Per ottenere il bonus ad aprile e marzo era sufficiente mandare una mail all’Inps con il numero della partita Iva: non c’erano limiti di reddito o di fatturato. L’unico limite era che il richiedente non avesse ottenuto altri sussidi come il reddito di cittadinanza, di emergenza o il sussidio di disoccupazione.

L’operazione è costata al governo 6 miliardi di euro per pagare il sussidio ai 4,1 milioni di cittadini che ne hanno fatto richiesta.
A maggio poi è stato introdotto il tetto del calo del fatturato del 33% nel primo bimestre dell’anno rispetto al 2019. Il costo a carico dello Stato si è ridotto a 934 milioni.

Fonte: Repubblica, Open

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