Una settimana persa nel decidere cosa fare, così i verbali spiegano i giorni cruciali del Lockdown

Se da una parte il Governo guarda in avanti e approva il nuovo Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri contenente le nuove regole anti-Covid, dall’altra i verbali desecretati del Comitato Tecnico Scientifico ci obbligano a guardare indietro per capire tutte le contraddizioni nella gestione della pandemia, rivelatasi tragica, specie in Lombardia. Intanto, torna a salire il numero di contagi in Italia, con 522 nuovi casi, il dato più alto dal 28 maggio.

Uno degli elementi principali emersi negli ultimi giorni sulla gestione della pandemia in Italia è il verbale della riunione del 3 marzo del Comitato tecnico scientifico (CTS). Un documento, come ricorda il Corriere della Sera, diventato chiave nell’inchiesta aperta successivamente dai magistrati di Bergamo. In quel periodo, i contatti tra CTS e i vertici di Regione Lombardia, in particolare con il governatore Attilio Fontana e con l’assessore alla Sanità Giulio Gallera, erano continui. E la costanza di questa comunicazione era più che giustificata: a fine febbraio, i 36 casi totali di Nembro e Alzano sono bastati per fare propagare velocemente il virus. In proporzione ai residenti, è come un contagio improvviso di 2028 persone a Milano, in meno di una settimana. All’inizio di marzo la situazione nella Bergamasca era già fuori controllo, con ospedali e pronto soccorso presi d’assalto.

Il verbale disecretato del 3 marzo ha finalmente chiarito la posizione della Regione Lombardia in quel fine febbraio. La versione di Gallera, che oggi afferma che “la zona rossa a Nembro e Alzano noi la volevamo”, è stata completamente smontata dal documento degli esperti. Infatti, come si è potuto apprendere, una richiesta formale da parte della Regione più colpita d’Europa non è mai arrivata al Governo, malgrado le raccomandazioni degli esperti in senso contrario. Si legge nel verbale: “Nel tardo pomeriggio sono giunti all’Istituto superiore di sanità i dati relativi ai comuni di Alzano Lombardo e Nembro. Al proposito è stato sentito per via telefonica l’assessore Gallera e il direttore generale Cajazzo che confermano i dati relativi all’aumento. I due comuni si trovano in stretta prossimità di Bergamo e hanno una popolazione rispettivamente di 13.639 e 11.522 abitanti. Ciascuno dei due paesi ha fatto registrare attualmente oltre 20 casi, con molte probabilità ascrivibili a un’unica catena di trasmissione. Il comitato propone di adottare le opportune misure restrittive già adottate nei comuni della zona rossa al fine di limitare la diffusione dell’infezione nelle aree contigue

Ma se il Comitato aveva proposto l’attuazione di misure restrittive già da allora, perché il Governo non le ha comunque approvate, anche senza la richiesta della Lombardia? Stando alle dichiarazioni rese a giugno dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte alla procuratrice di Bergamo Maria Cristina Rota, quel verbale non sarebbe mai stato visto dal Premier.
Certo è che il verbale viene subito trasmesso a Palazzo Chigi e risulta che lo abbiano ricevuto gli uffici della presidenza.

Il 4 marzo avviene la riunione tra Fontana, Gallera e il Ministro della Salute Roberto Speranza in cui viene discussa l’ipotesi di istituire una zona rossa a Nembro e Alzano. Speranza dice agli interlocutori di farsi portavoce dell’istanza a Roma. Due giorni l’esercito sembra su punto di blindare la Val Seriana. Il 6 marzo, ad Alzano e Nembro si arriva a 108 casi che, come diffusione tra la popolazione, valgono 6.760 casi a Milano, raggiunti nel capoluogo solo intorno al 20 aprile. L’indice di diffusione in Val Seriana è ormai a 2,3. Il Ministro Speranza, riferisce ancora il Corriere, torna a Roma e il 7 marzo c’è una nuova riunione, presente anche il premier Conte, nella sede della Protezione civile. Si valuta la chiusura dell’intera Lombardia, e non solo. Nel verbale reso noto all’opinione pubblica il Comitato tecnico raccomandava di “definire due livelli di misure di contenimento: uno nei territori in cui è maggiore la diffusione del virus, l’altro, sull’intero territorio nazionale”. Tra le zone da sottoporre a chiusura c’era l’intera Regione Lombardia. L’8 marzo i contagi continuano a salire ovunque, così come il timore di una catastrofe sanitaria. II 9 marzo il premier  Conte decide il lockdown generale.

La sovrapposizione di contraddizioni, che possono essere lette nell’ottica della cattiva gestione, della negligenza o dell’incompetenza, è costata carissima alla Lombardia e soprattutto ai piccoli centri del Bergamasco, che ha visto morire un percentuale altissimo della sua popolazione. Nuovamente l’Italia dovrà attendere le decisioni del potere giudiziario per poter accertare le responsabilità di una tragedia che si sarebbe potuta evitare se solo il potere esecutivo, nei suoi differenti livelli, avesse fatto il suo dovere.

Fonte: Corriere della Sera

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