Conte ha promesso di no, ma è ad un passo dalla resa sul Mes: “Non possiamo farne a meno”

La tregua degli ultimi giorni potrebbe saltare per il Mes. Conte si smarca, ma il PD pressa per l’attivazione. In Aula il Premier incassa l’uscita Dem. 

Conte cerca di mediare nella Maggioranza sul Mes: ombre sul Governo -Leggilo.org

Il cambio in corsa dell’intervento del Premier Giuseppe Conte di stamane alla Camera – trasformato da “comunicazione” ad “informativa” – eludendo quindi il voto finale, ed evitando anche la mina piazzata da +Europa sul Mes, non è bastato al Capo del Governo per evitare che lo scontro nella Maggioranza si trasferisse in Parlamento. Nelle scorse ore sembra essere stata siglata una pax momentanea tra il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle, grazie alla mediazione di Conte, e l’intervento anche del fondatore M5S Beppe Grillo. Ma se, come appare ormai evidente, le posizioni sono inconciliabili – è questo il pensiero che arriva da Via del Nazareno – è giusto che si vada alla conta in Aula, costringendo i grillini a scegliere tra Mes o la tenuta del Governo, tenendo d’occhio i parlamentari di Forza Italia pronti a intervenire in caso di forfait M5S. Davanti ad una Camera semi-vuota, Conte parla del prossimo Consiglio Europeo, fondamentale su tanti fronti, a cominciare dal Recovery Fund. Ma sarà necesario arrivare anche un programma chiaro e ampie prospettive e, soprattutto, con le spese da effettuare già calcolate e sui cui, potrebbe, pesare il pacchetto Mes.

Mancano i Deputati di Fratelli d’Italia, non entrati in Aula in segno di protesta contro il Governo, a cui si aggiungono in secondo momento quelli della Lega. Ma è il numero dei grillini a far preoccupare il Capo del Governo: 54 su 202. Certo, come detto, non si andrà al voto, ma snobbare in tal modo l’intervento di Conte appare quantomeno inopportuno. O forse, il M5S sapeva o sentiva l’odore della sortita dei Democratici. Perchè quando si alza l’Onorevole Piero Fassino si intuisce che per Conte sarà una lunghissima giornata. Come spiega La Stampa, l’ex Sindaco di Torino affonda, spazientito sugli alleati di Governo: “Io non voglio eludere il nodo del Mes. Dire che è inutile o che se ne può fare a meno mi pare francamente una caricatura. Ma non è la verità”. Il partito di Nicola Zingaretti ha deciso di dare un’importante accelerazione sulla questione, in modo da poter utilizzare il Mes già da metà luglio.

Per i Dem, l’utilizzo dei 37miliardi previsti dal Meccanismo di Stabilità potrebbe far spostare fondi importanti su altri programmi. Per la Sanità, attualmente, sono previsti 3,25miliardi di euro, più 1,4 previsti da Decreto Cura Italia. Ma dietro la mossa del PD si celerebbe la pressioni delle Regioni – che gestiscono la Sanità sul territorio – che vorrebbero quei fondi per tappare le falle di un sistema che molto spesso si ritrova in deficit. In più i fondi del Recovery non saranno disponibili prima di gennaio 2021 e, sino ad allora, ipotizzando anche una seconda ondata in autunno, spiegano i Dem, l’Italia non ha molta scelta se non accettare. Conte, di certo spiazzato dall’uscita Dem, cerca di procrastinare la decisone: “In queste settimane sono in gioco la reputazione, un miglior futuro dell’Europa. E’ il momento di agire con spirito di piena coesione anche sul piano nazionale”. 

I Dem provano alla prova di forza nella Maggioranza

I calcoli dei Democratici sono minuziosi. Andare alle urne in questo momento non conviene, specie se l’alleato di Governo è in difficoltà e si può facilmente scavalcare in Maggioranza. Ma a preoccupare il PD è Conte: il Premier gode di un’ampia fiducia ed è al momento l’unico che potrebbe affrontare – nell’ambito di una grande coalizione – il centrodestra di Matteo Salvini e Giorgia Meloni alle elezioni. Provocare una sua caduta anticipata potrebbe spingere clamorosamente l’avvocato tra le braccia del M5S o peggio convincerlo ad una corsa solitaria. In più, molto importante negli ambienti Dem, ci sono le lezioni nel 2022 per il successore alla Presidenza della Repubblica di Sergio Mattarella. Un dietrofront si registra anche nelle file grilline: il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio teme per la sua posizione, in bilico dopo gli attacchi di Alessandro Di Battista e lavora sul fronte della restaurazione della dirigenza grillina pre-dimissioni da capo politico.

Come spiega Il Messaggero, nel M5S sono diversi i parlamentari sotto la lente di ingrandimento che potrebbero offrire un brutto tiromancino a Di Maio e Beppe Grillo. E tornano – in vecchio stile – i dossier sui parlamentari: 5 Senatori grillini sono stati catalogati come “altamente a rischio” (ovvero è più probabile che votino contro il Mes), mentre altri 5 come “potenzialmente a rischio”. Inoltre, altri 10 parlamentari sono stati individuati come “critici”. Sono considerazioni importanti, dal momento che il Governo al Senato si mantiene su una Maggioranza tutt’altro che ampia. Di Maio spinge per l’attivazione del Mes a settembre – sperando di prendere tempo e riorganizzare il M5S – mentre il Presidente della Commissione Economia Ue Paolo Gentiloni e il Ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini hanno fatto sapere che non ci saranno dietrofront sulle risorse per la sanità. Ecco perchè si va alla conta:Barbara Lezzi, Gianluca Ferrara, Matteo Mantero, Mattia Crucioli e Cataldo Mininno a Palazzo Madama sono altamente indiziati per uno sgambetto all’Esecutivo. Mentre a Montecitorio Pino Cabras, Giuliana Reduzzi e Alvise Maniero avrebbero già confermato la loro contrarietà. L’allarme è stato lanciato anche dal Sottosegretario all’Economia Alessio Villarosa: “Serve uno strumento diverso dal Mes. Se passasse, mi dimetterei? Sicuramente ci andrei molto vicino”.

 

 

Mario Cassese

 

Fonte: Il Messaggero, Repubblica, La Stampa

 

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