Scandalo del CSM, il giudice Palamara: “Non mi dimetto, amo la Magistratura”

Il giudice romano sospeso e accusato dalla Procura di Perugia di corruzione, ha parlato negli studi di “Porta a Porta” del processo che lo vede coinvolto ma anche del sistema correntizio del Consiglio Superiore della Magistratura.

Caso Procure, Palamara non indietreggia: "Non mi dimetto, amo la Magistratura" - Leggilo.org

Luca Palamara, ex Presidente di Anm e attualmente sospeso a causa dell’inchiesta della Procura di Perugia che lo accusa di corruzione – ospite di Bruno Vespa negli studi di “Porta a Porta” – è tornato sul sistema delle correnti che domina il CSM. Le intercettazioni – pubblicate in questi giorni – hanno fatto venire a galla l’influenza esercitata da Palamara all’interno della Procura di Roma. Già nel 2019 era stata denunciata l’influenza del magistrato – leader della corrente Unicost – e di altri giudici per le nomine a capo delle più importanti Procure del Paese. Come spiega Il Giornale, Palamara ribadisce che la deriva funzionale correntizia del CSM è un male che arriva da lontano: “Esistono dagli anni ’70 e nascono come fenomeno di pluralismo culturale ma nel corso del tempo sono diventate strumenti di potere. Si va al CSM e all’Anm solo se indicati dalle correnti”. In tale veste – da leader di una delle maggiori correnti – Palamara ha parlato della spinosa vicenda della richiesta di archiviazione della pratica aperta al CSM sull’ex Procuratore Capo di Arezzo, Roberto Rossi. Rossi, che era titolare dell’inchiesta su Banca Etruria, aveva ricoperto un incarico presso il Dipartimento degli affari giuridici e legislativi durante il Governo Letta, ed era stato accusato di aver omesso diverse posizioni degli indagati dell’epoca, tra cui Pierluigi Boschi. L’archiviazione venne, all’epoca, ritenuta un favore del CSM all’attuale leader di Italia Viva Matteo Renzi. Ma spiega Palamara: “Io favori non ne ho mai fatti. Ritenevo che il lavoro di Rossi, autonomamente svincolato dal rapporto con Renzi e dal discorso di Banca Etruria, andasse tutelato”. Come aggiunge Adnkronos, il giudice romano non ha alcuna intenzione di dimettersi, anzi. In risposta alla domanda sollevata da Vespa sulle sue possibili dimissioni, Palamara è stato chiaro: “Assolutamente no. Amo la magistratura, la porto nel cuore. Conto di chiarire tutte le vicende che mi riguardano nella competente sede disciplinare. Sono stato sempre al servizio dei magistrati e intendo continuare a farlo”.

L’ex Presidente dell’Anm sembra dunque voler passare al contrattacco, citando anche l’indagine che lo vede coinvolto, anche se in questi mesi è sempre stato molto restio a pronunciarsi sul tema. A Vespa il giudice ha illustrato un punto importante della sua linea difensiva in tribunale. Il trojan – il file corrotto inserito nella sua sim dagli inquirenti per le intercettazioni – non avrebbe funzionato come di dovere. Non solo: tale stratagemma non sarebbe stato adottato per i corruttori Palamara secondo l’accusa sarebbe stato corrotto dall’imprenditore Fabrizio Centofanti, anomalia questa da verificare, secondo i legali del giudice. Il processo che si profila sarà duro e prevedibilmente ricco di sorprese, dal momento che Palmara non vuole certo assurgere a male assoluto del Csm. E andare a picco da solo.
Fonte: Il Giornale, Adnkronos

 

 

 

 

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