Fase due: niente sostegno e troppe restrizioni. A Roma i commercianti non riaprono

Misure restrittive troppo rigide, scarsi aiuti economici da parte del Governo e rischio di essere accusati se un dipendente contrae il Coronavirus: molti commercianti romani hanno deciso di non riaprire l’attività.

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Pensavamo che i commercianti di tutta Italia il 18 maggio sarebbero corsi a riaprire la loro attività pieni di entusiasmo. Ma, purtroppo, non per tutti è stato così. Infatti, per quanto tutti vogliano rimettersi al lavoro, i problemi con cui fare i conti sono tanti. Le misure previste per la fase due prevedono ingressi contingentati, sanificazioni quotidiane e, talvolta, anche più volte al giorno. E le norme definitve per essere in regola sono giunte da Palazzo Chigi solo poche ore prima della data prevista per la riapertura. Cosicché molti commercianti non hanno neanche fatto in tempo ad adeguarsi alle disposizioni. Ma, soprattutto, mancanza di sussidi per rimettersi in careggiata e tornare almeno in pari con affitto del negozio e fornitori. Ultimo ma non ultimo il rischio, per i datori di lavoro, di venire accusati se un dipendente contrae il Coronavirus. Infatti – spiegava Il Messaggero qualche giorno fa – il Decreto Cura Italia ha esteso la tutela assicurativa Inail anche in caso di infezione da Covid 19. E dopo la diffusione della notizia sono arrivate all’Inail ben 28.381 denunce di infortunio da Covid 19. I datori di lavoro, in questo caso, possono essere accusati penalmente. Una responsabilità che a tremare tanti gestori di locali o negozi con dipendenti.Tutto questo diventa davvero troppo anche per il più volenteroso degli imprenditori. E così questa mattina a Roma molti commercianti hanno preferito tenere la saracinesca abbassata in segno di protesta. Giulio Anticoli,  proprietario del negozio di abbigliamento Kent e presidente dell’associazione Roma Produttiva – intervistato da RomaH24 – ha dichiarato: “Qui ci chiedono di riaprire le nostre attività con un debito alle stelle e fondi stanziati dal Governo ma solo sulla carta”. Anticoli si è fatto anche promotore dello sciopero “Io no apro” a cui hanno aderito ben 1800 commercianti e ristoratori della città. Si tratta del primo sciopero di questo settore nella capitale.

Anche Lorenzo Vanni, proprietario dello storico Bar Vanni in zona Prati – rierisce Huffington Post – ha deciso di non riaprire. Non ancora almeno. Forse – spiega – rialzerà la saracinesca a giugno. Ora non sussitono le condizioni. L’uomo spiega che i problemi sono davvero troppi: dalla mancanza di tempo per adeguare i locali alle nuove direttive alla mancanza di liquidità per pagare i dipendenti che non hanno nemmeno ancora ricevuto i soldi della cassa integrazione. E tutto questo rischiando anche un’accusa penale se un dipendente si ammala di Covid 19. “Assurdo. Potrei anche accettare il dolo se uno non rispetta le norme igienico-sanitarie. Ma  che si addossi la responsabilità per colpa no, non ci sto”. E se c’è chi ha deciso di non aprire “ancora” c’è anche chi, purtroppo, conti alla mano, ha dovuto decidere di non aprire più. Tra questi Alessandra Volante cha da quasi 20 anni era proprietaria di un negozio di hair stylist. Era il sogno della sua vita avere un negozio tutto suo. E ora che finalmente ce l’aveva fatta, ha visto tutto andare a rotoli nel giro di tre mesi. “Con i 600 euro del Governo io non ci ho pagato nemmeno le bollette del negozio. ma intanto, anche durante questi tre mesi di chiusura, le forniture dei prodotti ho dovuto pagarle. Avrei riaperto, non fosse stato per il Covid 19 non avrei chiuso”.

Ma anche i negozianti che hanno deciso di non aderire allo sciopero e di riaprire questa mattina devono hanno dovuto fare i conti con un altro dramma: la mancanza di clienti. Roma, come del resto moltissime altre città – quali Milano, Firenze, Napoli – vive, soprattutto, sul turismo. Ma se i turisti non ci sono e la maggior parte degli italiani, messi in ginocchio, non possono spendere, per chi riaprono i negozi?

Fonte: Il Messaggero, RomaH24, Huffington Post

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