Silvia Romano, il presidente della Cei: “E’ una figlia per tutti noi”

Silvia Romano è rientrata a casa accolta dal calore degli abitanti del quartiere dove vive con la famiglia. Numerose le polemiche circa il riscatto pagato dallo Stato italiano al gruppo di terroristi jihadisti. Ma il presidente della Cei ha dichiarato che Silvia è come una “figlia” per la Chiesa.

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Riuscire a salvare una vita è sempre un gesto degno di lode e rispetto. La liberazione della cooperante 25enne Silvia Romano è sicuramente una vittoria dal punto di vista umano. La giovane, sabato 9 maggio, ha fatto rientro nella sua casa milanese di via Casoretto insieme alla madre e alla sorella. Ad accogliere Silvia – riporta Il Fatto Quotidiano – gli applausi, il sorriso e il calore degli abitanti del quartiere. Bigliettini affettuosi e di solidarietà lasciati attaccati alla porta della casa della madre. La ragazza, giustamente provata e stanca, dopo un ringraziamento con la mano sul cuore dalla finestra, si è chiusa le finestre alle spalle per ritirarsi nella propria abitazione alla ricerca di un po’ di tranquillità e intimità familiare. Mentre rientrava a casa, scortata da carabinieri e poliziotti, ai giornalisti che le ponevano domande su un suo eventuale ritorno in Africa, la giovane si è limitata a rispondere: “Rispettate questo momento“.

E se tutti siamo contenti che la ragazza sia stata liberata e sia tornata a casa sana e salva, tuttavia non sono mancate le polemiche circa il riscatto pagato dallo Stato italiano ai suoi rapitori. I suoi rapitori sono un gruppo jihadista somalo che si distingue per aver intrapreso la linea qaedista e per i numerosi attentati con ordigni ai danni dell’Occidente. Tra i più critici verso la decisione del Governo di pagare il riscatto c’è stato l’onorevole Vittorio Sgarbi. Sgarbi ha chiarito che, dal suo punto di vista, pagare un riscatto a terroristi nemici dell’Occidente significa, indirettamente, legittimare qualunque tipo di trattativa, anche con la mafia. Inoltre il famoso critico dell’Arte ha sostenuto che la ragazza, essendosi volontariamente convenrtita al credo dei suoi aguzzini, dovrebbe essere considerata loro complice e, dunque, venire arrestata.
Ma anche persone comuni non hanno preso bene la scelta del Governo di pagare 4 milioni di euro a un gruppo di terroristi mentre milioni di imprenditori italiani stanno fallendo a causa del lockdown. Infatti, oltre ai bigliettini di affetto, è stato appeso, sulla vetrata di un’edicola vicino casa di Silvia, anche un volantino con scritto: “Siamo stufi di pagare riscatti, specie di questi tempi”. Per questa ragione si sta valutando di predisporre una tutela per Silvia. Al momento, comunque, la casa della cooperante è sorvegliata da quattro auto della polizia e due dei carabinieri. E, comunque, Silvia non potrà uscire di casa per le prossime due settimane in base alle misure legate al contenimento del Covid 19.

Ma se Sgarbi e molti italiani hanno mostrato contrarietà verso il riscatto pagato ai terroristi, di tutt’altra opinione, invece, il presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti. Monsignor Bassetti – intervistato da Umbria24 – ha dichiarato: “Tutti, in questo momento, la sentiamo come una nostra figlia. Una figlia che ha corso pericoli enormi e che ha dimostrato un grandissimo coraggio”. E ha elogiato l’operato del nostro Governo per aver fatto di tutto per riportare a casa Silvia. Le esternazioni del cardinale potrebbero apparire sorprendenti vista la scelta di Silvia di convertirsi all’Islam. Infatti ora la ragazza, per sua scelta, si chiama Aisha, nome della seconda moglie del profeta Maometto, e indossa il tipico copricapo islamico. Inizialmente si era ipotizzato ad una conversione forzata e, nei mesi scorsi, era circolata anche la notizia che Silvia fosse stata obbligata a sposare uno dei suoi rapitori. Ma la giovane ha spiegato che non è stata in alcun modo costretta alla conversione ma che si è trattato di una sua scelta libera seguita alla lettura del Corano durante i mesi di prigionia.

Fonte: Il Fatto Quotidiano, Umbria24

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