Coronavirus, caos riaperture. Ma i giudici amministrativi danno ragione a Conte

La fase due è tutt’altro che chiara sulle riaperture. Sindaci e governatori regionali chiedono maggiore autonomia in quanto ogni territorio presenta una situazione diversa. Anche gli imprenditori chiedono maggiore chiarezza.

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Il 4 maggio in Italia è finito il lockdown. Siamo entrati ufficialmente nella fase due dell’emergenza Coronavirus. Il virus non è certamente scomparso ma alcune filiere produttive hanno ricominciato a lavorare. Secondo l’ultimo Dpcm emanato dal premier Giuseppe Conte, sono ancora moltissime le attività commerciali e ristorative che devono restare chiuse. Ma la situazione non è omogenea. Non lo è mai stata fin da principio. sono in molti a lamentare che applicare le medesime misure in zone con situazioni diversissime, non ha molto senso. Lo stesso presidente del Consiglio aveva sostenuto che le riaperture sarebbero potute essere anticipate in base alla situazione dei contagi e diversificate su base regionale. Tuttavia nessuna novità, ad oggi. Anzi – riporta l’Ansa – il Tar di Catanzaro ha accolto il ricorso del Governo contro il Governatore della Calabria, Jole Santelli, che aveva autorizzato i bar ad effettuare il servizio al tavolo pur limitatamente ai tavolini all’aperto.

E, in assenza di linee guida chiare, ogni ente locale inizia a fare a modo proprio. Il sindaco si Sassari, Nanni Campus, preferisce che negozi di abbigliamento, calzature, centri estetici, parrucchieri e tatuatori restino con le saracinesche abbassate almeno fino al 17 maggio. Si affida in toto al giudizio dei tecnici il Governatore del lazio, Nicola Zingaretti: “Le ordinanze regionali saranno l’effetto delle valutazioni scientifiche”. Mentre il Governatore della Liguria, Giovanni Toti – intervistato da Repubblica – ha spiegato di ritenere opportuno trovare un compromesso tra scienza ed economia perché – a suo dire – se il Pil precipita il Paese non sarà comunque in grado di fronteggiare una seconda ipotetica ondata di contagi. Toti chiede maggiore autonomia per le Regioni le quali dovranno valutare le riaperture anche in base alla situazione economica del proprio territorio. Molto lanciato sulle riaperture il presidente della Puglia, Michele Emiliano, il quale ha già assicurato che il 18 maggio parrucchieri, stetisti e saloni di bellezza riapriranno. Emiliano ci ha tenuto a precisare che le riaperture sono state valutate insieme allla task force della sua Regione, capitanata dal professor Luigi Lopalco. E se Emiliano si mantiene su posizioni diplomatiche, non le manda, invece a dire, il leader del Veneto, il leghista Luca Zaia. Zaia invita il Governo a fornire indicazioni precise e in tempo in modo da dare a tutti un tempo idoneo per predisporre la riapertura dell’attività. E poi chiarische che la vita reale di un’attività commerciale non può essere condizionata in toto da studi scientifici: “Qualcuno vorrebbe mettere, nei ristoranti, un tavolo ogni 4 metri. Lo faccia a casa sua!Così li faremo chiudere tutti. Un conto è l’esercizio scientifico ma la vita reale è un’altra cosa”. 

La parola agli imprenditori

Qualche tempo fa il Ministro per gli Affari regionali e le autonomia, Francesco Boccia, ha sostenuto: “Le regole non si discutono, le regole si applicano”. Il problema è che in questa fase anche le regole sono poco chiare. E in questa situazione di poca chiarezza, a pagare le spese più alte sono proprio i piccoli imprenditori. Parrucchieri, ristoratori, baristi, gestori di locali. A Torino, ad esempio, il gestore di un bar – intervistato da STv – ha raccontato di aver ricevuto una multa per aver consegnato 3 caffé presso una banca. Alla richiesta di come lavorare per non incorrere in ulteriori sanzioni, l’uomo ha ricevuto risposte contrastanti. E, pertanto, al momento ha preferito chiudere l’attività anche per le consegne a domicilio. Il ragazzo, profondamente amareggiato, ha dichiarato: “Io voglio lavorare ma devo capire in che modo devo lavorare”.

Intervistato a L’Aria che Tira su La7, anche lo chef Fabio Picchi è intervenuto per spiegare la gravità della situazione in cui si trovano oggi milioni di italiani. Il famoso chef toscano ha fatto una riflessione più ampia collegando i soldi dei privati a quelli dei dipendenti statali. Infatti, se il privato resta senza lavoro e, quindi, senza soldi, prima o poi tutto salta.  “Dietro un pollo arrosto girano almeno 10 persone. Se si insiste a chiudere tutte le filiere produttive del Paese, ad un certo punto finiranno anche i soldi pubblici”. E, riguardo alle multe fatte agli imprenditori milanesi che, con le dovute distanze e muniti di mascherine, hanno protestato in piazza, ha aggiunto: “Io capisco che chi ha fatto le multe ha solo eseguito un ordine. Ma ad un certo punto interviene un ordine etico che deve farci ragionare“.

Fonte: Ansa, Repubblica, La7, La Stampa

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