Coronavirus, donna incinta guarita con il plasma. Ma la cura non convince gli esperti

Una giovane donna incinta è guarita dal Coronavirus grazie a infusioni di plasma. Questa terapia sta, tuttavia, incontrando diverse resistenze.

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Pamela Vincenzi è una giovane donna che a inizio aprile, come molti altri italiani, ha scoperto di aver contratto il Coronavirus. Aveva febbre alta e una situazione polmonare abbastanza grave. Sarebbe potuta essere un caso come tanti, purtroppo. Ma il caso di Pamela era diverso perché lei, al momento in cui ha contratto l’infezione virale, era incinta di 6 mesi. Vista la sua situazione non era possibile effettuare la respirazione meccanica perché – ha spiegato Pamela a Radio Radio – avrebbe potuto compromettere la salute del feto. Una situazione doppiamente complicata. “Avevo la febbre a 39.9 e la mia situazione peggiorava di giorno in giorno. Era grave soprattutto la situazione del polmone destro”. Ma la donna ha avuto la fortuna d’incontrare il professor Giuseppe De Donno, primario di Pneumologia presso l’ospedale Carlo Poma di Mantova, che lei definisce il suo “angelo custode”, il quale le ha consigliato la cura al plasma. Pamela, in quel momento, sebbene presa dall’angoscia e da mille paure e dubbi, ha deciso di fare un “salto nel vuoto” e si è fidata. Oggi a distanza di un mese, sa di aver fatto la scelta giusta e dice: “Il professor De Donno ha salvato me e la mia bambina”. Pamela spiega che già dopo la prima infusione di plasma la febbre ha iniziato a scendere. Dopo la seconda sacca, a distanza di solo 1 ora, la febbre è sparita come tutti gli altri sintomi del Covid 19. Dopo una settimana le sono stati fatti i due tamponi di controllo che sono risultati entrambi negativi. Ora Pamela è a casa, con suo marito e la prima figlia di 20 mesi e sta portando avanti con serenità la seconda gravidanza. In onore della sua “vittoria” sul virus ha deciso di chiamare la nascitura Beatrice Vittoria.

La terapia al plasma è stata sperimentata, nelle scorse settimane, in due centri ospedalieri: il San Matteo a Pavia e il Carlo Poma a Mantova, dove lavora il professor De Donno. Al momento i risultati di questa cura hanno dato ottimi risultati sui pazienti, specialmente se le infusioni avvengono al primo stadio. Non quando, cioè, la malattia è già troppo oltre. Tuttavia in questi giorni sono nate diverse polemiche riguardo questa cura. La terapia al plasma, infatti – spiega TGCom 24 – è finita nell’occhio del mirino proprio per le infusioni fatte a Pamela. Il protocollo, in effetti, non prevede che si possa iniettare plasma a donne in stato di gravidanza. Ma – ha puntualizzato Raffaello Stradoni, direttore generale dell’Asst di Mantova – la situazione di Pamela era troppo grave. Dunque, anche se il protocollo non lo prevede, i medici hanno deciso di procedere ugualmente per salvare lei e la bimba che porta in grembo. Per questa ragione i Nas hanno fatto una telefonata all’istituto ospedaliero mantovano per raccogliere informazioni su quanto stava avvenendo.  Tuttavia, dopo quella prima e unica telefonata non si sono più fatti sentire.

I dubbi sulla terapia al plasma

Tuttavia alcuni tra i massimi esperti non sembrano troppo convinti di questa terapia . Il noto virologo Roberto Burioni qualche giorno fa – sul suo blog Medical Facts – pur senza sminuire i risultati ottenuti dalle infusioni al plasma, ha, tuttavia, voluto ridimensionare la portata di questa cura. Ha spiegato – come del resto avevano già spiegato i medici del Carlo Poma di Mantova – che non si tratta di una cura nuova ma che è già stata utilizzata in Italia in passato per curare altri tipi di malattie. Ha, inoltre, puntualizzato che si tratta di una cura di emergenza e che non può essere – a suo dire – impiegata ad ampio spettro. E che si tratta di un procedimento che richiede tempo e denaro: “Bisogna selezionare accuratamente i pazienti, preparare il plasma, sincerarsi che non trasmetta altre malattie infettive. Inoltre la quantità di anticorpi sarà diversa da una preparazione all’altra e questo potrebbe diminuire, in alcuni casi, l’efficacia. E l’elemento più limitante è il numero di donatori. Inoltre non è una pratica priva di controindicazioni perché può alterare i processi di coagulazione”. Ma, aggiunto, questa terapia potrebbe essere, invece, molto interessante per produrre un siero artificiale in laboratorio. A queste parole il dottor De Donno – riporta Fanpage – ha risposto: “Burioni va in tv. Noi lavoriamo 18 ore al giorno a fianco dei nostri pazienti”.

Non solo il virologo Burioni ha mostrato dubbi. Anche il professor Walter Ricciardi, consgliere del Ministro della Salute Roberto Speranza – riferisce Fanpage – ha mostrato qualche perplessità. Non sull’efficacia della cura ma sulla sua effettiva possibilità di impiego su larga scala. “Questo approccio terapeutico è molto promettente ma è difficile, costoso e complesso. Se questi anticorpi naturali funzionano, la grande sfida sarà produrli artificialmente. Altrimenti si potranno curare solo poche persone”. Dubbi anche da parte del professor Fabrizio Pregliasco, virologo presso l’Università degli Studi di Milano. Pregliasco ha spiegato che, essendo le donazioni al plasma su base volontaria, è ancora difficile poter disporre di quantità sufficienti per poter curare tutti. Inoltre, pur essendoci ottimi metodi di purificazione, non è del tutto escluso il rischio di poter trasmettere malattie infettive con le trasfusioni. E, non da ultimo, le immunoglobuline del plasma si degradano dopo l’infusione, a differenza di quanto potrebbe avvenire con un vaccino, dove l’immunoprofilassi sarebbe attiva a lungo termine. Scettico anche il professor Pierluigi Viale, direttore dell’unità operativa di Malattie Infettive al Sant’Orsola di Bologna. Le perplessità di Viale riguardano, soprattutto, la durata dell’efficacia degli anticorpi infusi attraverso il plasma. Lo scienziato ha spiegato – a Il Resto del Carlino – che, ad oggi, non si sa ancora se gli anticorpi prodotti da persone guarite dal Coronavirus siano effettivamente protettivi e per quanto tempo perdurino.

Decisamente meno scettica la voce, d’oltreoceano, del virologo Guido Silvestri, docente alla Emory University di Atlanta. Lo scienziato – riporta il Messaggero – pur restando cauto, si è complimentato con i colleghi di Mantova e Pavia che hanno condotto la ricerca sulla plasma terapia. Inoltre ha ribaltato quanto sostenuto dai colleghi italiani sopra citati. Infatti il professor Silvestri ha sottolineato che la plasma terapia è economica e non ha fatto alcun cenno a carenza di donatori, tutt’altro. “In America il trattamento al plasma è stato approvato dalla Fda da marzo 2020. Sono già stati praticati gratuitamente oltre 5200 trattamenti con il plasma di oltre 8000 soggetti convalescenti. Oltre alla grande efficacia si tratta di un trattamento sicuro e a basso costo. E mi piace molto l’idea di un trattamento basato sulla solidarietà di persone che vogliono aiutare altre persone”.

Fonte: TGCom 24, Radio Radio, Medical Facts, Fanpage, Il Resto del Carlino, Il Messaggero

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