Lockdown, il numero dei contagi e dei morti è ancora troppo altro per riaprire in sicurezza

Il noto fisico informatico dell’Università Northeastern di Boston, Alessandro Vespignani, ha analizzato i dati del nostro Paese: la curva epidemiologica al momento non permette una riapertura sicura. Non solo, non sembra esserci un’organizzazione adeguata in tema prevenzione.

Conte riaprire l'italia - Leggilo.org

 

Alessandro Vespignani, fisico informatico e di direttore del “Laboratory for the modeling of biological and Socio-technical Systems” presso la Northeastern University di Boston, in collegamento con il programma “Piazza Pulita”, condotto da Corrado Formigli, su La7, ha analizzato i dati dell’epidemia da Covid-19 che attanaglia il Paese. Questi dati però, come già constatato dalla Comunità Scientifica italiana, e dalla stessa Protezione Civile, non sono completi e rischiano di presentare una realtà ben diversa da quello che accade nelle zone più colpite del Paese. Spiega Vespignani: “I tamponi rilevano soltanto la punta degli iceberg dell’epidemia. Al Nord c’è stata una situazione di crisi, in cui molte persone non sono nemmeno arrivate in ospedale. Oppure sono state fatte scelte draconiane. Quindi anche i decessi sono molti di più di quelli accertati”. Questo avviene, ha spiegato il noto fisico informatico, sia per la scelte delle Regioni su come dovevano essere effettuati i test, sia per la natura stessa del virus, che può presentare pazienti paucisintomatici, ovvero con sintomi lievi, o addirittura asintomatici, con la totale assenza di sintomi.

Continua il Professore: “In Italia c’è un’incidenza cumulativa che va dal 5 al 10%, ovvero nel nostro Paese ci sono tra i 2 e 5 milioni di contagiati, che si trovano geograficamente in maggioranza nel Nord”. E avverte: “Importante capire che c’è un’Italia che ha due velocità in questo momento: al Nord, dove l’epidemia ha già fatto dei danni, ma ha anche creato una parte di immunità di massa; e c’è un Sud certamente molto più ‘vergine’ rispetto ad un’eventuale insorgenza dell’epidemia”. Questi dati, come detto, vengono calcolati non sulla base dei numeri riportati dalle Autorità, ma sul calcolo dei ricoveri, delle terapie intensive e in base al tasso di mortalità attribuito al Covid-19. Un’ulteriore aiuto per gli esperti, può arrivare dal lavoro dell’Istat che, insieme agli uffici dei Comuni italiani, sta comparando i decessi avvenuti dall’inizio dell’anno con quelli dei 5 anni precedenti negli stessi periodi, in particolar modo per quelli catalogati con particolari patologie, come polmoniti e bronchiti.

Ma stabilire, in base a questi numeri, una data certa per la riapertura, o l’inizio della fase due che dir si voglia, è davvero complicato. Le stime cambiano di giorno in giorno, anche perchè la curva epidemiologica non scende con la rapidità prevista. Ma la crisi economica sta diventando, per imprese e famiglie, una paura quasi eguale a quella sanitaria e pensare di prorogare di altre settimane potrebbe essere troppo difficile da digerire per un Paese sull’orlo del baratro economico. Come aggiunge Il Corriere della Sera, ha continuato Vespignani: “L’unico modo per garantire che non ci sia una crisi economica ancora più grave è evitare che ci siano ricadute serie per il Paese, cioè di riaprire e ritrovarsi nella stessa situazione tra un mese”. E ancora: “Il numero dei casi, e dei morti, è ancora molto alto, bisognerebbe avere la pazienza di numeri ancora più bassi, per essere sicuri che possiamo controllare tutto nella fase due. Non si prepara lo sbarco in Normandia se non si hanno strategie”. 

L’esperto ha spiegato che le eventuali strategie di cui sta discutendo la task force cerata dal Governo del Premier Giuseppe Conte, e guidata da Vittorio Colao, potrebbero essere valide, anche se andavano certamente progettate settimane fa, ma si basano tutte su un tasso di contagio bassissimo. E, ha spiegato Vespignani, prima di riaprire, bisognerà applicare le cosiddette “Tre T”: testing, tracciamento e trattamento. In primo luogo assicurare l’utilizzo dei tamponi su larga scala, parliamo di milioni di test da effettuare. A questi vanno aggiunti test sierologici, per testare l’eventuale immunità di una certa parte della popolazione, che ha sviluppato anticorpi al virus. Poi, essenziale, è il lavoro sulle persone positive: l’isolamento, anche dei loro contatti, così che non possano propagare l’infezione. Ma avverte Vespignani: “Questo significa realizzare un progetto enorme e assumere migliaia di persone per svolgere questo lavoro”.

 

Fonte: Il Corriere della Sera, La7

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