Coronavirus, Luca Fusco: “Non so dov’è il cadavere di mio padre”

Un uomo di Bergamo racconta lo strazio di aver perso il padre, infettato dal Coronavirus, e non sapere neppure dove hanno portato il cadavere.

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Oltre al dolore di chi muore da solo nei reparti di terapia intensiva, infettato dal Coronavirus, c’è anche il dolore dei tanti familiari che non possono dare un ultimo saluto ai loro affetti più cari. E a Bergamo, vista la mancanza di posti nei cimiteri cittadini a causa dei troppi decessi tutti assieme, i parenti delle vittime non sanno nemmeno dove vengono portati i cadaveri.

Infatti – abbiamo visto qualche giorno fa- nella cittadina orobica le salme vengono trasportate fuori dalla città dai camion militari. Luca Fusco, un 58enne che ha da poco perso il padre, ha deciso di raccontare il suo dramma al Corriere Adriatico. L’uomo racconta, in preda al più profondo strazio, di aver perso il genitore il 14 marzo e di non sapere dove sia stato portato il cadavere. “So solo che non lo hanno neppure vestito. Lo hanno semplicemente spostato dal letto alla bara e ora non so nemmeno dove sia. Chi non vive qui forse non può capire”. Luca conferma quanto già spiegato da diversi medici dell’ospedale bergamasco Papa Giovanni XXIII: in città, ormai, sono stati contagiati quasi tutti e quasi in ogni famiglia c’è qualcuno ricoverato o, addirittura, in terapia intensiva. Inoltre – come già sostenuto dall’infettivologo Marco Rizzi – oltre ai morti “ufficiali”, ci sono quelli non conteggiati perché muoiono in casa. E oltre agli ospedali ormai oltre il limite del collasso e i cimiteri senza più posto, anche i forni crematori sono al limite. Per cui i cadaveri vengono portati in altre città per essere cremati. Ma spesso i familiari non sanno di preciso in quale città vengano portati.
Ora – riferisce Bergamo News – Luca Fusco ha creato un gruppo su Facebook per chiedere giustizia. Lui e altri parenti di vittime del Coronavirus vogliono che chi non ha preso per tempo le misure contenitive adeguate, ne risponda davanti alla Legge. “Quando il virus ha cominciato a diffondersi, la Val Seriana non è stata chiusa come chiesto dai sindaci della zona Così il Covid 19 ha iniziato a girare diventando incontrollabile”. Luca ha spiegato che non si tratta di un gruppo politico ma di un gruppo che vuole dare voce alle testimonianze delle tante famiglie che hanno perso i loro cari e che chiedono giustizia. Un gruppo che vuole raccogliere testimonianze autentiche, non filtrate dai media e senza bandiere di partito.

Il sindaco di Bergamo Giorgio Gori ha recentemente fatto “mea culpa” e ha ammesso di non aver capito subito la gravità della situazione e di aver sbagliato a non chiudere subito tutto. Gori si è giustificato dicendo che, in principio, riteneva fosse possibile conciliare la precauzione con la vita normale e di aver agito con un lieve ritardo anche per la preoccupazione verso le attività commerciali della città. Tuttavia non ha mancato di puntare il dito contro la sanità lombarda, gestita dalla Regione a trazione leghista, che lui ha definito “inadeguata”.
Il Governatore della Regione Lombardia, Attilio Fontana, dal canto suo, anche in considerazione dei numeri impietosi delle ultime settimane, teme che qualcosa effettivamente sia sfuggito di mano. Tuttavia spiega di aver seguito alla lettera le disposizioni del ministero della Salute in merito ai tamponi e di essere pronto ad adeguarsi a nuove eventuali direttive.

Fonte: Corriere Adriatico, Bergamo News

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