M5S, Di Maio è pronto a cacciare chi non lo segue: il 7 gennaio si deciderà tutto

Una riunione fondamentale, l’indomani dell’Epifania. Sul tavolo il destino stesso del Movimento 5 Stelle. Mentre Fioramonti porta via deputati preziosi, l’asse Paragone-Di Battista non lascia tranquillo Luigi Di Maio.

Di Maio parte al contrattacco: il 7 gennaio riunione per decidere le sorti dei parlamentari dissidenti - Leggilo.org

La guerra nel Movimento è appena cominciata. Ma Luigi Di Maio e i suoi iniziano già a perdere i primi pezzi. Dopo il passaggio dei Senatori Urraro, Grassi e Lucidi alla Lega, le dimissioni del Ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti e l’espulsione di Gianluigi Paragone, altri due deputati hanno abbandonato il gruppo parlamentare grillino a Montecitorio. Si tratta di Gianluca Rospi e Nunzio Angiola, che sono approdati al Gruppo Misto, ma aspettando il nuovo gruppo parlamentare che dovrebbe fondare Fioramonti, “Eco”. E la motivazione è sempre la stessa, dalle politiche del 2018, come spiega lo stesso Angiola in una nota pubblicata da Repubblica: “ho dato il mio voto di fiducia al Governo di Giuseppe Conte, ma non ho votato la Legge di Bilancio. Ho manifestato vivo disappunto per la compressione delle prerogative parlamentari e ho più volte denunciato scarsa collegialità e attenzione verso i parlamentari, come persone e come professionisti”. Neanche questo, però, ha scosso la coscienza del capo politico Di Maio, sempre più deciso a salvare la sua di posizione. I numeri in Parlamento sono allarmanti. Tanto che il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, sotto la pressione del Partito Democratico e Italia Viva, ha chiesto chiarimenti al partito più grande che compone la sua Maggioranza. I vertici del Movimento hanno rassicurato che non ci saranno ripercussioni sull’Esecutivo. Ma se l’insubordinazione è l’arma dei parlamentari contro Di Maio, quanto vale questa rassicurazione? Non moltissimo.

Come racconta Il Corriere della Sera è stato convocato un vertice dai dirigenti del Movimento per il 7 gennaio a Roma. Ma niente ramoscello d’ulivo: si risponderà a tono ai parlamentari fuoriusciti. Al tavolo siederanno Davide Crippa e Gianluca Perilli, rispettivamente capogruppo alla Camera e al Senato, i tre componenti del collegio dei probiviri, ovvero Raffaella Andreola, Jacopo Berti e Fabiana Dadone, e i tre membri del comitato di garanzia, Giancarlo Cancelleri, Vito Crimi e Roberta Lombardi. Si parlerà delle famose rendicontazioni, ovvero di quella parte di stipendio pubblico che i parlamentari devono riversare nelle casse del M5S, ovvero 2mila euro al mese, e in quelle della Casaleggio Associati, poco più di 300 euro al mese per l’utilizzo della piattaforma Rousseau. Nel mirino, come racconta il quotidiano milanese, ci sono ben 33 parlamentari, finiti sotto la lente di ingrandimento a vario titolo. Sono otto, sei deputati e due senatori, i parlamentari grillini che nel 2019 non hanno versato alcun contributo. Se non si metteranno in regola al più presto, la scadenza verrà decisa proprio nella riunione del 7 gennaio, contro di loro il Movimento potrà avviare azioni legali. Gli altri, invece, devono alcune mensilità e rischiano dei “richiami” ufficiali, oltre al fatto che chi non è in regola non può candidarsi per il ruolo di “facilitatore”, una posizione creata ad hoc da Di Maio per applicare le direttive volute dai vertici. Il messaggio deve essere chiaro: siete liberi di andare, ma prima dovete passare dalla cassa. E a ribadirlo è lo stesso Ministro della Giustizia M5S Alfonso Bonafede, che ha risposto a Gianluigi Paragone: “Non si può pensare di alzare il dito medio al Movimento e farne parte. Con Gianluigi ci siamo confrontati tante volte perché non ero d’accordo col suo modo di fare, di andare ogni giorno in tv per parlare contro il Movimento, gliel’ho detto in faccia. Ha ragione Di Maio, questa è anarchia, non pluralismo. Ognuno può esprimere la sua opinione, ma la maggioranza va rispettata. Stiamo lavorando per cambiare il Paese, una missione da compiere per tutti gli italiani che credono e hanno creduto in noi”.  Un’epifania tutt’altro che tranquilla, insomma, ma chi potrà impedire l’implosione di un partito ormai allo stremo?

Paragone: “Il vero problema del M5S non so nè io nè Di Battista”

Intanto il Senatore Paragone smentisce le voci circa una scissione nel Movimento da orchestrare insieme all’ex deputato Alessandro Di Battista. Ma, come racconta Tgcom24, che riprende un intervento dell’ex direttore di Radio Padania su Rete4 a “Stasera Italia”, è chiaro quale battaglia stia preparando: “Io e Di Battista, non passiamo il tempo a organizzare scissioni o a fare divisioni nel Movimento. Non lo so se ora c’è un effetto valanga, io non sono capo cordata di niente. Sono stato eletto con il M5s e sono orgoglioso del programma con cui ho fatto campagna elettorale. Di Maio non è riuscito a rendere forte la trama del tessuto del Movimento 5 stelle e così tutto diventava sfilacciato. A Beppe Grillo direi che non sono io il problema del M5S e non lo è neanche Alessandro”. In altre parole, è Di Maio che deve andarsene, per ripetuta incapacità di tenere unito il Movimento. E proprio quel passaggio, in cui cita il fondatore dei 5 Stelle, è cruciale: se si portasse all’attenzione di Beppe Grillo che il Movimento è spaccato per le posizioni del capo politico, potrebbe davvero avvenire l’incredibile. Di Maio rischia grosso.

 

Fonte: Repubblica, Corriere della Sera, Tgcom24

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