Sicurezza, i Sindaci non vogliono i prefetti

Si cerca di risolvere il problema della sicurezza e non c’è pace tra Salvini e Di Maio. La nuova normativa del Viminale si propone di controllare le aree rosse, nelle zone urbane, tirando in ballo i prefetti. Ma i Sindaci non sembrano voler condividere i loro poteri con altri.

Salvini direttiva Viminale - Leggilo

La sicurezza sempre e comunque come terrenodi scontro: dopo la nota del Viminale  – per meglio monitorare le Ong, anche in seguito al caos scoppiato in Libiatocca ora alla sicurezza interna.La nuova direttiva di Salvini che prevede la possibilità per i Prefetti di emanare ordinanze per proteggere le cosiddette zone rosse delle città – quelle che vengono stabilite essere più a rischio – da “persone dedite ad attività illegali”. Vero, infatti, che la sicurezza di una città è responsabilità dei Sindaci, scrive la nota del Viminale, ma “è stato localmente sperimentato con successo il ricorso a provvedimenti dei Prefetti di natura straordinaria, di necessità e urgente”, considerati “un prezioso ausilio alle politiche locali in atto”. In questo modo, spiega Salvini, si mira a ridurre il rischio di attività criminogene all’interno nelle aree urbane con un’elevata densità abitativa, specie dove sono presenti istituti scolastici, universitari, aree verdi, esercizi commerciali e, di conseguenza, maggior traffico di persone, come riportato da La Presse.

Per farlo, i Prefetti potranno ricorrere a mezzi ulteriori per ridurre il crescente allarme sociale e collaborare, in questo modo, con le misure urbane predisposte dai Primi Cittadini delle varie città. Il modello è stato già sperimentato a Bologna e Firenze, dove nelle zone rosse è stato vietato lo stazionamento a persone dedite ad attività illegali, disponendone l’allontanamento. I Prefetti possono dunque convocare riunioni del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica per analizzare i casi e le misure straordinarie  da adottare ed ogni tre mesi dovranno inviare al Viminale un report trimestrale sulle ricadute delle ordinanze adottate.

I Sindaci dicono no

Sembra di tornare ai tempi di podestà fascista”, dice il vicepremier Luigi Di Maio a cui l’iniziativa non è piaciuta. E qualche attrito era inevitabile, sopratutto in vista delle Elezioni Europee di maggio: la direttiva ministeriale di Salvini, infatti, non ha preso in considerazione né le idee al riguardo degli alleati di Governo; né ai Sindaci, che si sentono scalzati dal loro ruolo e messi da parte per favorire l’azione dei Prefetti. Non solo. I Primi Cittadini vedono il provvedimento come un implicito atto di accusa. In pratica è come se Salvini ascrivesse loro la responsabilità di una cattiva gestione delle città, tanto da ricorrere a misure che trasformano i Prefetti – sulla carta degli alleati – in figure concorrenti, capaci di minare l’autorevolezza dei Sindaci.

“I sindaci non sono distratti, affatto”, replica per tutti il presidente dell’Anci e primo cittadino di Bari, Antonio Decaro, che condanna al Vicepremier l’idea di non aver discusso, prima della direttiva, del degrado urbano nelle città, come riportato dall’Ansa. “Noi Sindaci amministriamo ogni giorno, non abbiamo bisogno di essere commissariati da nessuno. Salvini ha dimenticato che i prefetti hanno competenza esclusiva su ordine pubblico e sicurezza, e per occuparsi di questi temi non hanno bisogno di nessuna circolare ministeriale né di commissariare nessuno”, prosegue Decaro.

I rapporti tra i Sindaci di alcune città, specie quelli rossi, e Salvini, si inclinarono già con l’approvazione del Decreto Sicurezza, che vide alcuni Primi Cittadini schierati nettamente contro la direttiva. In prima fila Leoluca Orlando, Palermo; Luigi De Magistris, Napoli; e Dario Nardella, Firenze. Da sempre sostenitori delle battaglie per l’integrazione degli immigrati e per la difesa dei diritti degli stranieri, sostenevano che il decreto potesse intaccare i diritti fondamentali della persona, tanto che Orlando parlò di “provvedimento disumano e criminogeno che alimenta l’odio dei diversi”.

Anche Nardella seguì la linea di Orlando, e allora invitò Salvini a “non intimidire i Sindaci“, che vennero definiti traditori e incapaci dal Ministro dell’Interno. Luigi De Magistris commentò la legge considerandola “in contrasto con la Costituzione, con i diritti come l’uguaglianza, l’asilo, il fatto di avere tutti gli stessi diritti e doveri”. Non poteva mancare Beppe Sala, PD, Sindaco di Milano che andò a chiudere il cerchio dei capofila nell’azione di contrasto alle direttive di Salvini. Lo scontro tra il Ministro dell’Interno e i Sindaci all’opposizione è sempre stato forte e l’ultima direttiva del Viminale la rende ancora più forte. Eppure, dovranno fare dei passi indietro e riconoscere i propri limiti. Riconoscere che, laddove loro hanno fallito, rafforzando i disordini urbani, c’è necessità che qualcun altro intervenga, per salvare il salvabile.

Fonti: La Presse, Ansa

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