Consip: dopo più di due anni finita l’inchiesta che ha visto come protagonista Tiziano Renzi, per cui è stata chiesta l’archiviazione.
Le indagini si sono concluse con la richiesta di archiviazione Tiziano Renzi, padre dell’ex presidente del Consiglio. Secondo i magistrati infatti non ci sono sufficienti elementi per provare che il padre dell’ex primo ministro abbia utilizzato le sue conoscenze per avere dei favori che non gli erano dovuti.
Nonostante però i pm di Roma – il capo Giuseppe Pignatone, l’aggiunto Paolo Ielo e il sostituto Mario Palazzi – abbiano appunto chiesto l’archiviazione, è altrettanto vero che le carte dicono che le ricostruzioni del padre di Renzi alla Procura di Roma nel momento del suo interrogatorio sono da considerarsi “largamente inattendibili“. Persino il figlio Matteo a marzo 2017 aveva dubitato della veridicità delle affermazioni del padre, tanto da chiedergli: “Non dire bugie non ti credo”.
Consip: il caso, cos’è e il coinvolgimento di Tiziano Renzi
Facciamo un passo indietro e cerchiamo di chiarire cosa sia il caso Consip e come si è arrivati alla decisione dei giudici.
L’inchiesta ha avuto due filoni principali, come riportato dall’Agi. Nel primo l’imprenditore napoletano Alfredo Romero è stato accusato di aver corrotto un funzionario di Consip e di aver promesso denaro a Tiziano Renzi. Nel secondo filone l’ex ministro dello sport Luca Lotti, assieme ad altri dirigenti e ufficiali delle forze dell’ordine, è stato accusato di aver avvertito alcuni dirigenti Consip di un’indagine nei loro confronti.
Il filone più importante è stato quello che riguarda Romeo e Tiziano Renzi. Il primo è un importante imprenditore che ha interessi in svariati ambiti, tra cui gli hotel di lusso e le imprese di pulizie, che spesso lavorano con appalti per la pubblica amministrazione. Secondo i magistrati negli ultimi anni Romeo avrebbe provato a ottenere una serie di appalti grazie alla Consip, non riuscendo però ad avere le competenze tecniche che richiedevano i bandi. Per questo avrebbe corrotto un dirigente Consip, Marco Gasparri, per riuscire a compilare correttamente i bandi.
Per i giudici Gasparri ha ricevuto 5mila euro in contanti nel 2012, mentre nei due anni successivi avrebbe ricevuto in tutto altri 100 mila euro. Un altro canale per avere trattamenti di favore da Consip sarebbe stato proprio il padre di Renzi. Romeo avrebbe promesso dei soldi all’imprenditore Carlo Russo per incontrare il padre dell’ex Premier affinché facesse delle pressioni sui bandi. Secondo i magistrati, Romeo avrebbe promesso del denaro anche a Tiziano Renzi in cambio di un favore presso Luca Lotti e Luca Marroni, l’allora ad di Consip. Questa in realtà è la parte più fragile dell’inchiesta perché si basa su alcune intercettazioni di Romeo che diceva di avere dei contatti “in alto”; la magistratura avrebbe poi trovato in una discarica dei pezzi di carta riconducibili allo studio di Romeo in cui sarebbero state appuntate le iniziali dei nomi T. L. e M. con accanto date e cifre, anche se in realtà non si è mai avuto un riscontro oggettivo. Nessuno di quei presunti incontri e pagamenti però infatti è mai avvenuto, per quel che ne sappiamo oggi, visto che Renzi senior ha sempre dichiarato di non aver mai partecipato a nessun incontro e soprattutto di non aver mai ricevuto denaro.
Il secondo filone dell’inchiesta ha riguardato l’ex ministro dello Sport Luca Lotti, sospettato di rivelazione di segreto e favoreggiamento. Secondo quanto ricostruito, l’ad di Consip, Luca Marroni, avrebbe detto ai magistrati di essere stato avvertito proprio da Lotti di indagini sulla Consip; oltre a Lotti ci sarebbero stati poi anche ufficiali – uno di questi sarebbe il generale Emanuele Saltalamacchia – che avrebbero invitato Marroni a prestare attenzione alle sue conversazioni telefoniche. L’ad ha così detto ai magistrati di aver fatto bonificare il suo ufficio da un’azienda specializzata, trovando poi due micro spie. Lotti non ha mai voluto spiegare pubblicamente le accuse e ha sempre detto di essere “tranquillo”.
L’inchiesta Consip è partita da un’indagine della procura antimafia di Napoli sui presunti legami con la camorra di alcuni dipendenti di Romeo dipedenti dell’ospedale Cardarelli. L’indagine era condotta dal pubblico ministero Henry John Woodcock, il quale – usando soprattutto le intercettazioni telefoniche e ambientali . aveva esteso la sua inchiesta alla Consip e alle relazioni di Romeo con alcuni imprenditori come Tiziano Renzi. A quel punto, l’indagine si è divisa tra la procura di Roma, che si è occupata dei reati di Consip, mentre la procura antimafia di Napoli si è occupata degli appalti del Cardarelli.
Consip: archiviazione per Renzi padre, Lotti e Saltalamacchia a rischio
Il 3 marzo 2017 Tiziano Renzi infatti aveva dichiarato ai magistrati di “non aver mai preso soldi” e che si trattava di un “evidente abuso di nome e cognome” ; inoltre aveva dichiarato di non aver mai incontrato Alfredo Romeo, imprenditore napoletano nei guai per corruzione. I pm, chiudendo l’indagine, hanno poi modificato l’ipotesi di accusa per l’imprenditore di Scandicci Carlo Russo, che rischia ora un procedimento per millantato credito nei confronti dell’allora direttore generale del patrimonio Inps, Daniela Becchini, dell’allora ad di Grandi Stazioni, Silvio Gizzi, dell’ex sindaco di Sesto San Giovanni, Monica Chittò e di Luigi Marroni, ad di Consip “facendosi promettere da Romeo 100mila euro come prezzo della propria mediazione”. Inoltre avrebbe garantito a Romeo di fargli ottenere “anche per il tramite di Tiziano Renzi” “stabili vantaggi nell’aggiudicazione a favore della Romeo Gestioni spa delle procedure di evidenza pubblica indetta dalla Consip“. A questo proposito “Romeo prometteva ulteriori utilità a Russo nella misura di 5mila euro ogni due mesi per lo stesso e 30mila euro al mese asseritamente destinati a Renzi”.
I magistrati ritengono comunque che Renzi senior avrebbe messo in contatto proprio Russo con Marroni. Inoltre, gli inquirenti sono convinti che un incontro tra Renzi e Romeo ci si stato, anche se nel 2015, in un periodo precedente ai fatti contestati. Renzi aveva detto di essere legato a Russo per motivazioni religiose: avevano infatti partecipato ad alcuni pellegrinaggi a Medjugorje.
Se per Renzi senior i fatti sembrano concludersi qui – anche se bisognerà comunque aspettare che il giudice per le indagini preliminari si pronunci – chi rischia di andare avanti a processo sono invece l’ex ministro dello Sport Luca Lotti per favoreggiamento, l’ex comandante generale dei Carabinieri, Tullio Del Sette per rivelazione di segreto d’ufficio e il generale dell’Arma Emanuele Saltalamacchia anche lui per favoreggiamento. A fare i nomi di Saltalamacchia e Lotti era stato proprio l’ex amministratore delegato di Consip Marroni, che nel dicembre del 2016 aveva riferito ai magistrati di aver saputo da loro di un’indagine e di aver ricevuto il consiglio di bonificare l’ufficio. In particolare, secondo i Pm, “Lotti avrebbe rivelato all’epoca ad di Consip, Marroni, l’esistenza di una indagine penale che riguardava organi apicali passati e presenti di quella società e in particolare una attività di intercettazione elefonica su una utenza in suo uso”. Anche il generale Saltalamacchia, avrebbe invitato Marroni, secondo i magistrati, ad essere prudente nelle conversazioni telefoniche.
In una nota, il legame In una nota, il legale di Tiziano Renzi, l’avvocato Federico Bagattini ha scritto: “Il tempo è galantuomo, prima il riconoscimento del risarcimento nel danno a titolo di diffamazione ora la richiesta di archiviazione del procedimento così detto Consip. Alla soddisfazione professionale per l’esito, del resto ancora da confermare trattandosi solo di richiesta di archiviazione, si unisce quella personale da parte del dottor Tiziano Renzi, che risulta, tuttavia, menomata dalla considerazione che la campagna subita negli ultimi due anni abbia prodotto gravi e irreversibili danni sul piano personale, familiare ed economico”.
Fonte: Agi