Papa Francesco corregge il Padre Nostro: “La traduzione è sbagliata”

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(Websource / archivio)

La preghiera più nota e diffusa, simbolo stesso del Cristianesimo, è “sbagliata”. Secondo Papa Francesco, infatti, la traduzione del Padre Nostro contiene alcune inesattezze che devono essere corrette. Il riferimento è al passaggio nel quale si invoca Dio perché “non ci induca in tentazione”. Sbagliato: a indurre in tentazione non è Dio, ma Satana. Bergoglio ne ha parlato nel corso della settima puntata di “Padre nostro”, il programma in cui il Pontefice si lascia intervistare da un prete delle periferie, don Marco Pozza, in onda questa sera su Tv2000.

E così il Padre Nostro, l’orazione che secondo il Vangelo di Luca fu insegnata da Gesù stesso ai suoi discepoli che gli chiedevano come pregare, dopo duemila anni è ancora al centro di una controversia su cui, ora, adesso ha deciso di intervenire direttamente il Pontefice. Anche i francesi hanno cambiato il passaggio “incriminato” con una traduzione che recita: “non lasciarci cadere nella tentazione”: “Sono io a cadere, non è lui che mi butta nella tentazione per poi vedere come sono caduto – sottolinea Francesco, come riportato da Il Corriere della Sera – . Un padre non fa questo, un padre aiuta ad alzarsi subito”. E “quello che ti induce in tentazione – chiarisce ancora il Papa – è Satana, quello è l’ufficio di Satana”.

Bergoglio allude alla traduzione francese andata ufficialmente in uso con l’inizio del nuovo anno liturgico. In realtà, anche la Cei nella nuova traduzione della Bibbia, ufficializzata nel 2008, aveva già modificato l’ambiguo passaggio con la traduzione “Non abbandonarci alla tentazione”, una formula ritenuta più coerente con “l’azione globale di Dio nei confronti dell’uomo”. In termini analoghi si era già pronunciato Benedetto XVI nel suo volume “Gesù di Nazaret”, in cui aveva spiegato che la traduzione corretta è proprio “non abbandonarci nella tentazione”. Resta da vedere se e quanto la comunità dei fedeli recepirà questo cambiamento…

EDS

Fonti: Tv2000, Il Corriere della Sera

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