“Medici e sanitari italiani hanno rinunciato al proprio turno per venire in Serbia e scegliere il vaccino”

Nei giorni scorsi la Serbia ha annunciato la somministrazione del vaccino anti-Covid ai turisti che la scelgano come meta per le vacanze: un’iniziativa che sta già richiamando l’attenzione di migliaia di persone nel nostro Paese. 

La Serbia offre il vaccino ai turisti e diventa la meta più ambita
Antonio Masiello/Getty Images/Archivio

La decisione della Serbia di offrire il vaccino anti-Covid –  con la possibilità di scegliere tra 5 diversi trattamenti – a tutti i turisti stranieri che la scelgano come meta per le proprie vacanze pare funzionare: sono già migliaia i cittadini italiani che hanno deciso di approfittare della situazione e concedersi qualche giorno di vacanza con vaccino incluso. Lo testimoniano le centinaia di telefonate e mail arrivate agli uffici del consolato serbo a Milano e all’ambasciata a Roma.

Scrivono persino medici o sanitari italiani che hanno saltato il primo giro riservato in Italia e che si informano, perché se costretti a vaccinarsi preferirebbero l’opzione Sputnik, emigrando nei Balcani“, racconta Radmila Selakovic Console della Repubblica Serba. E’ evidente che il boom di rischieste si è avuto soltanto in questi giorni, quando è stata diffusa la notizia della somministrazione del vaccino anti-Covid. Una circostanza che obbliga i dipendenti diplomatici serbi a contattare in continuazione, in Patria, il Ministero della Salute, per ragionare sulle capacità di Belgrado di gestire afflussi straordinari di turisti.

Chi scrive ci chiede la procedura, le tempistiche. L’iscrizione online non equivale a un appuntamento vero e proprio, ma è solo una richiesta di adesione che poi verrà gestita in base alla lista di attesa“, spiega ancora Selakovic. “Per ora i vaccini ci sono e sono gratuiti anche per gli stranieri con o senza permesso di soggiorno“. A favorire questa opportunità anche il fatto che in Serbia vivano 7 milioni di persone: numeri che permettono al Paese balcanico di avviare con rapidità la campagna vaccinale interna e mantenere scorte per attirare turisti dall’estero. Per accedere al programma è sufficiente iscriversi sul portale del Governo che – data la grande quantità di richieste arrivate in pochi giorni – dovrebbe presto essere tradotto in inglese, per semplificare il compito agli interessati. In fase di iscrizione non è neanche richiesta la provenienza di chi si iscrive.

La decisione del Governo ha trovato forti contestatori interni, anche se l’età media della popolazione – piuttosto bassa – permette di immaginare che la messa in sicurezza delle persone più a rischio possa avvenire in tempi relativamente brevi. E così è venuta l’idea di ottenere, dalla vaccinazione per turisti, un ritorno in termini economici e di immagine a livello internazionale. Alla base di questa scelta, chiaramente, c’è una grande disponibilità di dosi di vaccino, che la Serbia ha ottenuto grazie a un’ottima “diplomazia vaccinale” mantenuta soprattutto con la Cina, che rappresenta il principale fornitore di trattamenti anti-Covid.

In poche settimane, la Serbia è diventata uno dei modelli per l’ottimo andamento della campagna vaccinale, cosa che non si può dire per il nostro Paese, alle prese ormai da mesi con promesse ed obiettivi che continuano ad apparire irraggiungibili.

Le speranze di alcuni si erano accese nelle scorse settimane, quando San Marino aveva annunciato l’imminente inizio della somministrazione di Sputnik V: “Invano ci hanno tempestato di domande, non solo dall’Italia, ma anche da Francia, Svizzera e dal resto d’Europa“, spiegano dall’Istituto per la sicurezza sociale del micro-stato. Discorso simile per il Vaticano, dove la vaccinazione viene garantita non soltanto ai residenti e ai loro parenti, ma anche a chi entri per ragioni di lavoro. Ora tocca alla Serbia, chiamata a dimostrare di saper gestire un afflusso di visitatori senza precedenti.

Raggiungere il Paese balcanico dall’Italia però non è scontato come sembrerebbe: almeno fino al 30 aprile non sono previsti sono voli diretti: l’itinerario richiederebbe, attualmente, uno scalo a Vienna, Zurigo o Budapest. Rimane l’opzione del viaggio on the road, con la propria auto o con i pullman che collegano diverse città italiane con i Balcani.

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