854 morti in un giorno, 43.438 contagi: la Francia fa comprendere che il Natale sarà terribile

Mentre in Francia il numero di decessi da Covid torna ai livelli di aprile – ieri 854 morti – diversi studiosi e scienziati escludono che le misure restrittive adottate nelle ultime settimane possano essere sufficienti a salvare le feste di Natale.

Emmanuel Macron - chisure non salveranno il Natale
Cristophe Petit – Getty Images

Tornano ad essere drammatici i numeri relativi ai contagi ed ai nuovi decessi da coronavirus in Francia. Nella giornata di ieri, infatti, nel paese si sono registrati 854 morti, un dato che non si vedeva addirittura dal 15 aprile scorso. Nonostante i contagi risultino in lieve calo rispetto a lunedì – ieri 36.330 contro i 52.518 del giorno precedente – anche la media di nuovi positivi nell’ultima settimana segna un altro record positivo, attestandosi a quota 43.438.

Come diversi scienziati hanno osservato, l’andamento della curva dei contagi in Italia segue in maniera abbastanza fedele quanto accade, con un paio di settimane di anticipo, al di là delle Alpi. Anche in considerazione di questo si è ritenuto che fosse necessario un intervento urgente in termini di contenimento, in grado di raffreddare la curva prima che il sistema sanitario tornasse a vivere una situazione di emergenza come quella affrontata nella scorsa primavera.

In molti, in questo periodo, cercano di orientare il proprio ragionamento in vista delle prossime festività natalizie, periodo particolarmente sentito – oltre che dal punto di vista affettivo e relazionale – anche sul piano commerciale ed economico. Un Natale più sereno sarebbe l’obiettivo, recentemente rilanciato tra gli altri anche dal Ministro degli Esteri Luigi Di Maio, delle ulteriori restrizioni inserite nel nuovo Dpcm varato in nottata dal Premier Giuseppe Conte. L’invito, più o meno diretto, rivolto alla popolazione era quello ad ulteriori sacrifici, con la prospettiva – la speranza – di poter tornare ad una sorta di “normalità” in occasione delle festività natalizie: “Confidiamo di arrivare al Natale con predisposizione d’animo serena. Non è che a Natale, anche se arriveranno le prime dosi dei vaccini, potremo tutti abbracciarci e fare feste e festicciole“, aveva messo in guardia il Presidente del Consiglio. “L’importante è arrivarci sereni“. Una prospettiva che, tuttavia, appare ancora oggi di difficile realizzazione.

Dando infatti per scontato che, da qui ad un mese, nessun vaccino potrà essere messo in commercio, appare difficile che una situazione di contagi come quella italiana – che, ricordiamo, dovrebbe con ogni probabilità seguire l’andamento fatto registrare in Francia – possa portare ad un radicale cambiamento della situazione entro la fine di dicembre. Non è un caso che il Presidente francese Emmanuel Macron sia stato il primo, in Europa, ad imporre al proprio paese un secondo lockdown, pur se parzialmente diverso rispetto al confinamento assoluto adottato in primavera.

Riavvolgendo il nastro di qualche settimana, poi, torna alla mente un editoriale scritto per Le Monde alla fine di settembre da Esther Duflo e Anhijit Banerjee, vincitori del premio Nobel per l’economia nel 2019, nel quale i due studiosi ipotizzavano il ricorso ad un lockdown dal primo al 20 di dicembre, pensato proprio con lo scopo di salvaguardare il Natale. Nei fatti, allo stesso scopo, Macron ha addirittura anticipato il ritorno al confinamento, eppure i francesi non possono avere la certezza che il loro Natale sarà particolarmente sereno. Secondo Arnaud Fontanet, membro del Consiglio Scientifico Francese, da qui a due mesi la circolazione del virus all’interno del Paese sarà “ancora importante“, circostanza che esclude la possibilità di ipotizzare festeggiamenti tradizionali per la fine del 2020. A confermarlo è lo stesso Ministro della Salute Oliver Véran, che ancora pochi giorni fa sottolineava che quest’anno “il Natale non sarà una festa normale“.

Fontanet ritiene che, qualora le misure di confinamento varate dal Governo funzionassero bene, i contagi potrebbero ridursi nel giro di un mese di una percentuale compresa tra il 65 e l’80%, mentre per arrivare ad una riduzione delle infezioni compresa tra l’80 ed il 90% sarebbero necessari non meno di due mesi. Ancora più netto il giudizio di Vittoria Colizza, specialista in modelli di malattie infettive presso l’Inserm, che al quotidiano Le Figaro ha spiegato che gli studi effettuati dimostrano l’impossibilità di trascorrere un Natale “normale” dopo appena un mese di lockdown: “È illusorio pensare che un blocco di quattro settimane ci permetterà di trascorrere il Natale come se nulla fosse accaduto. La durata del confinamento dipenderà dalla sua efficacia, ma in ogni caso sarà necessario optare per un deconfinamento prudente“, ha detto la studiosa. In altre parole, la prospettiva di un Natale caratterizzato dai festeggiamenti cui tutti siamo abituati sarebbe da escludere sin da ora sia per la Francia, che – a maggior ragione – per il nostro paese.

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