Lockdown in 15 giorni se le misure del Governo non funzionano

Il Coordinatore del CTS è chiaro: abbiamo quindici giorni per capire se le attuali misure prese dal Governo sono sufficienti a frenare l’impennata dei contagi. Trascorso questo periodo, forse dovremo tornare al lockdown.

 

Abbiamo quindici giorni, non più di due settimane, per capire se le attuali misure prese dal Governo sono sufficienti a frenare l’impennata dei contagi. Trascorso questo periodo, se avremo raggiunto il “limite non compatibile”, dovremo tornare alla dolorosa esperienza del Lockdown. Sono le parole di Agostino Miozzo, coordinatore del Comitato tecnico scientifico che fornisce il supporto al governo nelle decisioni relative alla emergenza sanitaria, e che in questi giorni è stato accusato di aver coperto le scelte sbagliate del governo. Miozzo, che non fornisce ulteriori dettagli sul “limite non compatibile” oltre il quale bisognerebbe chiudere l’interno Paese, si difende dalle accuse, puntando il dito contro gli “pseudo esperti che hanno evidentemente la sfera di cristallo e la bacchetta del mago Merlino”, e propongono “soluzioni magiche” a problemi estremamente complessi. L’esperto inoltre non condivide la posizione di chi imputa al Cts la responsabilità di una situazione che è “figlia delle sofferenze imposte al sistema sanitario italiano nei decenni passati”. Un problema quello di oggi che è quindi strutturale e alimentato nei decenni che hanno visto un crescente disinvestimento nella sanità pubblica. Miozzo si chiede dove fossero gli “esperti di gestione delle emergenze dell’ultima ora”, quando venivano tagliati ospedali pubblici e letti di terapia intensiva, e quando “la politica penalizzava il sistema di sanità pubblica”.

Sulle dichiarazioni del consulente del ministro della Salute Walter Ricciardi che, non appena firmato il nuovo DPCM dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha chiesto il lockdown parziale, ritenendo insufficienti le misure contenute nel decreto, Miozzo è più conciliante. “Stimo molto Walter Ricciardi, di cui sono amico, prosegue il capo del Comitato, ma lui è esperto di sanità pubblica”. Per Miozzo invece, in questa situazione di emergenza, le decisioni di giungere al lockdown devono includere anche valutazioni di carattere generale, relative “alla sicurezza, all’erogazione dei servizi essenziali, all’economia”. È stata una lezione appresa per l’esperto, che dice, con fare provocatorio, di provare “invidia per i colleghi capaci di fare valutazioni così complesse dal chiuso del reparto dove dovrebbero assistere i loro malati”.

E se il Dpcm attuale “risponde alla situazione attuale del Paese, che è in rapidissimo peggioramento” – come in altri Paesi europei come la Germania che ha adottato “le stesse misure”, l’unico modo per alleggerire l’immensa pressione, e insostenibile nel lungo periodo, degli ospedali è coinvolgere i medici di famiglia e i pediatri di libera scelta, sostiene, “fornendo loro tutti i mezzi per operare, i materiali di protezione, gli strumenti diagnostici”. Un primo obiettivo in questo senso potrebbe essere raggiunto a partire dall’accordo appena siglato che consentiranno a “tutti i cittadini di fare i tamponi rapidi con il loro medico”.

Restano alcuni nodi come quello dei trasporti e del tracciamento. Miozzo sostiene, a questo proposito, che la app Immuni dovrebbe essere obbligatoria. “Se vuoi entrare in Università devi avere l’applicazione. So di andare contro la libertà dei singoli e i diritti costituzionali, ma dobbiamo convincerci che il bene dell’intera comunità passa anche dalla riduzione di alcuni aspetti delle nostre libertà”. Sul problema dei trasporti pubblici, l’esperto di certo non si prende la responsabilità per la mancata organizzazione del settore: “Dal 18 aprile chiediamo di attuare ogni misura per ridurre i picchi di utilizzo del trasporto pubblico”. Se non è stato fatto abbastanza, non è certo per colpa del Cts, fa sapere. Lo dimostrano i verbali: “Lo abbiamo scritto per ben 20 volte sollecitando, a più riprese, un nuovo concetto di mobilità”, ha concluso.

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