“Bergoglio si è guardato intorno e ha dovuto accettare le unioni omosessuali come inevitabili”

Le parole di Papa Francesco hanno scosso parte del mondo cattolico, che vedono nell’apertura alle coppie gay la fine della chiesa e dell’occidente. Ma sono state accolte con entusiasmo da chi intravede una rivoluzione dell’amore e della ragione

Il re è nudo! Chi non conosce la famosa frase tratta dalla fiaba di Hans Christian Andersen per denunciare una situazione in cui una maggioranza di osservatori sceglie volontariamente di non far parola di un fatto ovvio a tutti, fingendo di non vederlo, oppure elogiando una virtù inesistente. Ma ora al posto della bambina, a gridare all’ovvietà è stato Papa Francesco. È evidente che la sua apertura alle coppie gay non sarebbe passata inosservata, e che anzi avrebbe causato un piccolo terremoto, colpendo nel cuore una cospicua parte del clero e dei fedeli.

Marcello Pera, già presidente del Senato, ha commentato così le frasi di Bergoglio contenute nel documentario presentato alla Festa del Cinema di Roma: “se la Genesi è emendata e anche san Paolo è superato, quali letture si fanno più nella chiesa? Se la sopravvivenza dell’occidente è legata alla salute della chiesa cristiana, allora Papa Bergoglio ci manda tutti a fondo”. Di certo per una religione, che esiste su base dogmatica, è difficile, sennò blasfemo, reinterpretare le sue Sacre Scritture. Si chiude un occhio al fatto che nessuno potrà mai assicurare che sia stato Dio a scrivere quelle righe, che magari in tempi remoti sono già state viste e riviste per venir incontro alle situazioni ed esigenze di allora, e via. Tutto quello che è inspiegabilmente vecchio diventa eterno. La paura di Pera sulla sopravvivenza dell’occidente cela anche un timore di altro ordine. Ormai sentiamo che l’Occidente, e soprattutto l’Europa, la “culla della civiltà”, è roba d’altri tempi. Gli equilibri geopolitici sono cambiati, e l’Oriente si affaccia potente con in mano il foglio delle nuove regole del mondo. Niente più l’Europa fatta da cristiani biondi. Saremo tutti miscelati, multirazziali, multi identitari, multigender.

Tanto vale che Pera si metta l’anima in pace. E con lui tutte le persone che non riescono ad accettare il cambiamento d’epoca. E in questo cambiamento, ci sta anche che chi ama una persona dello stesso sesso abbia il diritto di proteggerla – e di proteggersi – con le stesse misure di cui si avvalgono le persone eterosessuali. Non accettare questo cambiamento è come condannare al rogo le erboriste di oggi, che alcuni secoli fa con ogni probabilità sarebbero state bruciate. È una provocazione spinta, ma in prospettiva è coerente. “Chi sono io per giudicare?”, aveva detto il Papa tempo fa parlando di una coppia omosessuale. Nessuno, infatti, perché nessuno è mai abbastanza qualcosa per giudicare. “Chi non ha mai peccato, che scagli la prima pietra”. Il cambiamento che propone Papa Francesco, di prevedere una legge che protegga le coppie omosessuali – non fa altro che prendere atto di come vanno le cose. E le cose vanno così, che fortunatamente l’omosessualità non è più tabu in sempre più parti del mondo.

Si tratta, per dirla con Vito Mancuso, di una vittoria dell’amore, ma anche della ragione. Dell’amore perché così si riconosce il diritto di ogni essere umano all’amore integrale. Ovvero che possa esplicitare tutte le dimensioni che una vera storia d’amore comporta, cioè sentimenti, unione fisica e riconoscimento pubblico, anche da parte delle istituzioni. Essendo quest’ultimo, per Mancuso, il principale motivo che porta le persone a sposarsi ancora. E Papa Francesco, con le sue dichiarazioni, non vuole più escludere le persone omosessuali da questa pienezza dell’amore, ma neanche dal suo riconoscimento da parte delle istituzioni. Ed è qui che Mancuso parla anche di una “vittoria della ragione”, perché quella del Papa è una presa d’atto di un processo inarrestabile che è quello di riconoscere la pari dignità delle coppie omosessuali. Si tratta di leggere i “segni dei tempi”, e il segno inequivocabile del nostro tempo è il bisogno di superare le chiusure dottrinali del passato per fare in modo che l’amore, da mero enunciato, diventi vita concreta per tutti. Citando ancora Mancuso, si sta mettendo in atto quanto annunciava Gesù: “Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato“. Vale a dire che le leggi, o la dottrina, sono fatte per gli esseri umani, e non gli esseri umani per venire schiacciati da vecchie regole diventate moralmente inapplicabili.

Un futuro dove la vocazione subentrerà alla repressione?

Ma se ci spingiamo un po’ più in là rispetto alle divergenze filosofiche e teologiche che collocano Pera e Mancuso in posizioni così contrapposte, e proviamo a immaginare, per un momento, il domani fatto da una Chiesa aperta alle coppie omosessuali. Immaginiamo non un futuro immediato, in cui fedeli e clero sarebbero ancora alle prese con giudizi e controgiudizi di una decisione ‘rivoluzionaria’, ma un futuro dove coppie di gay e lesbiche, con o senza figli, frequentano la parrocchia come i ‘normali’ figli di Dio. Cosa potrebbe comportare questa apertura, al di là delle paure di soccombere alla barbarie o al credo dell’anticristo, già manifestate in posizioni come quelle di Pera ma dello stesso Joseph Ratzinger? Forse l’immagine di questo futuro non è appocalittica come dipingono conservatori e reazionari. O potrebbe esserlo. E forse sarebbe un bene.

Nel libro inchiesta “Sodoma“, uscito nel febbraio 2019, il giornalista francese Frédéric Martel scrive che “neanche a Castro (il quartiere gay di San Francisco, ndr) ci sono così tanti gay“. Si riferisce al Vaticano, e sostiene che circa l’80% dei membri del clero cattolico romano che lavorano in Vaticano, attorno al papa, sono gay. Il libro, che si basa su circa 1.500 interviste e sui contributi di decine di ricercatori e altri assistenti raccolti in quattro anni, afferma anche che più un funzionario vaticano è vistosamente omofobo, più è probabile che sia gay, e che “più in alto nella catena di comando vai, più gay trovi”. I numeri non sono certo scientifici. Secondo diverse stime condivise con il New York Times dagli stessi preti gay e dai ricercatori, gli omosessuali costituiscono almeno il 30-40% del clero cattolico statunitense. Per alcuni sacerdoti, il numero supera il 70 per cento, mentre studi indipendenti stimano la percentuale di uomini gay tra i sacerdoti cattolici negli Stati Uniti tra il 15 e il 60%. “Uno dei problemi è che i vescovi cattolici non hanno mai consentito alcun tipo di ricerca in questo settore. Non vogliono sapere quanti preti gay ci sono“, ha affermato il reverendo Thomas Reese, analista senior del Religion News Service.

Il libro di Martel parla dell’immensa contraddizione di una chiesa che diffama ed emargina i gay e un sacerdozio pieno di omosessuali. Un fatto, sostiene lo scrittore britannico, Andrew Sullivan, “sospeso nell’aria come un gigantesco paradosso insostenibile“. Per Sullivan, cattolico e gay, tanti uomini gay sono entrati nel sacerdozio, specialmente decenni fa, perchè non si sentivano al sicuro o a proprio agio in una società che li ostracizzava. “La loro sensazione di essere estranei dava loro un’inclinazione più spirituale e un maggiore desiderio di aiutare gli altri bisognosi“, afferma. “Non stavano tirando fuori qualche stratagemma elaborato o cercando l’equivalente clericale di uno stabilimento balneare, dice, ma cercavano, psicologicamente ed emotivamente, di sopravvivere“. Un prete intervistato dal New York Times che non ha voluto svelare la sua identità ha raccontato: “Quando ero in terza media, avrei potuto fare tre cose: diventare un camionista, come mio padre; diventare un dottore, ma non ero abbastanza intelligente. Ed ero gay, quindi l’unica cosa che mi restava era farmi prete“.

Ma nel cercare di smascherare l’ipocrisia esistente nei corridoi del Vaticano e nelle parrocchie di tutto il mondo, il libro di Martel cammina sul filo del rasoio. Perchè il rischio di venire strumentalizzato come arma da parte degli omofobi che usano i gay come capri espiatori per gli abusi sessuali commessi all’interno della Chiesa è molto alto. David Clohessy, sostenitore di lunga data delle vittime di abusi sessuali da parte di sacerdoti, sostiene che molti di loro hanno paura a denunciare gli abusi sessuali dei colleghi, perchè sanno di essere vulnerabili a ritorsioni. “È il celibato e l’antica gerarchia segreta, rigida, tutta maschile che contribuisce alla copertura e, quindi, a più abusi“. E anche se “l’abuso non ha orientamento sessuale“, come è stato chiarito da molti casi di preti che hanno violentato ragazze e donne adulte, comprese le suore, l’accostamento tra violenza sessuale, pedofilia e omosessualità è sempre in agguato, e deve essere combattuto.

Per tornare all’invito iniziale di immaginare una Chiesa accogliente nei confronti dei fedeli omosessuali, l’immagine è proprio questa: parrocchie piene di gay e lesbiche felici, accolti nella loro fede, non giudicati. Sagrestie svuotate da tutti i gay repressi e, in quanto repressi, tormentati da peccati e sensi di colpa, vittime – ma talvolta carnefici – di un mondo di bugie, violenze – psicologiche e non, – e soprusi, in nome di un Dio a cui farebbe orrore essere la causa di tante sofferenze.

 

Impostazioni privacy