Il M5S si nasconde dietro la vittoria al Referendum, ma le regionali sono una Caporetto

La larga vittoria del “Sì” al Referendum, sostenuto da gran parte dei partiti, non può bastare a coprire il crollo di consensi registrato dal Movimento 5 Stelle alle elezioni regionali. 

 

Una vera e propria crisi di identità, con la fiducia dell’elettorato che sembra essere sempre meno consistente. E’ questa, numeri alla mano, la situazione in cui parrebbe trovarsi il Movimento 5 Stelle. E se, come riporta Open, la larga vittoria del “” al Referendum sul taglio dei parlamentari porta il capo politico Vito Crimi a sostenere che “ad ogni tornata elettorale si parla sempre di canto funebre per il M5S, ma noi siamo ancora qui e abbiamo dimostrato di essere trainanti, il motore del cambiamento“, non ci sono tuttavia dubbi sui numeri molto negativi ottenuti dal Movimento nelle elezioni regionali.

Va detto che le elezioni amministrative non sono mai state il campo di battaglia preferito dei 5 Stelle, ma il calo di preferenze fatto registrare in questa tornata è sotto gli occhi di tutti. Confrontando i dati di ieri con quelli delle precedenti elezioni regionali, colpisce la perdita di voti registrata in Campania – terra del Presidente della Camera Roberto Fico – dove il Movimento si ferma all’11%, ben 6 punti in meno al 17% ottenuto cinque anni fa, mentre in Liguria il crollo è verticale: dal 22,29% del 2015 al 7,83% ottenuto ieri, con un calo del 14,46%. Non particolarmente confortanti anche i dati che arrivano dalla Toscana, dove si registra un calo di quasi 9 punti percentuali: dal 15% al 6,4%.

L’impressione è che l’elettorato grillino, passata l’onda lunga che ha portato i 5 stelle a ottenere grandi risultati alle elezioni politiche prima nel 2013 e poi nel 2018, sia rimasto un po’ spiazzato di fronte al cambio di identità in parte messo in atto dal Movimento. Un cambiamento forse indispensabile per arrivare al Governo, ma che ha portato la forza politica nata dall’intuizione di Beppe Grillo a stringere alleanze con partiti che erano stati, fino a pochi giorni prima, avversari se non addirittura nemici. Un calo che era stato pronosticato da più parti – ad esempio dal giudice emerito della Corte Costituzionale Sabino Cassese– ma che probabilmente non ci si poteva aspettare già in queste proporzioni.

D’altra parte può essere solo una parziale consolazione la larga vittoria del “ al Referendum sul taglio dei parlamentari. Se è vero che i 5 Stelle ne sono stati i principali promotori, è altrettanto indubbio che in favore della riforma si siano espressi anche tutti gli altri maggiori partiti nazionali, sia nel corso delle votazioni parlamentari che in occasione dell’appuntamento referendario di ieri.

Non stupisce, quindi, che tutti all’interno del Movimento si riservi tutta l’attenzione alla conferma della riforma costituzionale. Eppure sembra indiscutibile, sostiene L’Espresso, la sostanziale ininfluenza grillina nel voto regionale. Lontanissimo da qualsiasi proprio risultato importante, il Movimento non è neanche riuscito ad essere decisivo influenzando i risultati altrui: in Puglia e in Toscana, dove i 5 Stelle avevano voluto ad ogni costo presentare un proprio candidato rifiutando l’alleanza con gli alleati di Governo del Partito Democratico, i risultati sono stati deludenti, così come nel caso della Liguria, unica regione in cui le due principali forze della Maggioranza hanno deciso di presentarsi in coalizione. Eppure, Crimi minimizza, attribuendo il cattivo risultato ad una “polarizzazione creata ad arte in diversi territori” che ha “sicuramente reso più difficile il percorso dei nostri candidati“. Un risultato inferiore alle aspettative, spiega ancora il reggente del Movimento, “ma che non mi induce allo scoraggiamento“.

Lorenzo Palmisciano

Fonte: Open, L’Espresso

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