Il taglio dei parlamentari creerà il caos e per questo voterò no, dice Pietro Grasso

L’ex presidente del Senato Pietro Grasso spiega la sua scelta: i cosiddetti “correttivi” che dovevano accompagnare la riforma sono rimasti sulla carta.

 

L’ex presidente del Senato Pietro Grasso ufficializza la sua posizione in vista della consultazione referendaria prevista del 20 e 21 settembre, e si schiera per il No al taglio dei parlamentari. A riferirlo il Fatto Quotidiano. Per il leader di Leu, che giustifica la sua scelta in un post sul suo profilo Facebook, i cosiddetti “correttivi” che dovevano accompagnare la riforma sono rimasti “sulla carta”. La presa di posizione di Grasso arriva nello stesso giorno in cui alla Camera si sono sbloccati i lavori sulla riforma del sistema di voto e l’introduzione dei correttivi che bilancino la riduzione degli eletti, cioè degli stessi correttivi chiesti da Grasso. Che però sulle tempistiche con cui si sono presentate le misure, accusa: “non sarà certo una lettura in Commissione a tranquillizzarmi quando si incide sulla Costituzione”. È evidente che non ci saranno i tempi necessari per approvare i correttivi, e per questa ragione, il giudizio sul taglio dei parlamentari resta, per Grasso, negativo. “Quando un anno fa è nata l’attuale maggioranza – scrive Grasso in un post su Facebook -, l’impegno condiviso era di lavorare, sin da subito, anche alla legge elettorale, ai regolamenti parlamentari, a norme che equiparassero l’elettorato di Camera e Senato: tutte cose rimaste sulla carta e che solo ora sono tornate precipitosamente al centro del dibattito, ma senza alcuna speranza di essere approvate: non sarà certo una lettura in Commissione a tranquillizzarmi quando si incide sulla Costituzione. Non essendo cambiato nulla in questo anno, non cambia nemmeno il mio giudizio sul taglio: era e resta un no convinto”.

Quando si è discusso e votato in Senato il taglio dei parlamentari ho votato no sia alla prima che alla terza lettura. Pur non essendo in linea di principio contrario a una riduzione del numero dei parlamentari penso che questa misura da sola non basti. Anzi, che da sola non faccia che aggravare i problemi di funzionalità del Parlamento (che è fatto soprattutto di Commissioni, Bicamerali e Giunte, oltre che dell’Assemblea) e che incida negativamente sulla reale rappresentanza dei cittadini.
Non essendo cambiato nulla in questo anno, non cambia nemmeno il mio giudizio sul taglio: era e resta un no convinto.

Post di Pietro Grasso sulla sua pagina Facebook

Che il taglio dei parlamentari da solo non basti sembra chiaro anche al PD, ma non solo. E sono in tanti ora ad avanzare dubbi sul referendum dopo aver votato la riforma in Parlamento. La mancanza di correttivi è il vero scoglio, riporta il Corriere della Sera. La riduzione del numero dei parlamentari entrerebbe in vigore senza l’approvazione in Parlamento delle altre riforme che dovrebbero compensarne gli effetti. Riforme che sono ancora ferma, anche a causa della emergenza sanitaria, ma che ora tornano alla ribalta della scena politica. Il PD infatti chiede un intervento della maggioranza. E il presidente del partito Nicola Zingaretti ha evidenziato la necessità di attuare una riforma che “coincida anche con una difesa delle istituzioni democratiche”, chiedendo quelle “modifiche regolamentari” concordate a suo tempo con il M5S. Su queste richieste, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio assicura che il referendum del 21 settembre è solo “l’inizio di un percorso”.

Sono tre i punti principali di queste riforme, o i cosiddetti “correttivi”. In primis la legge elettorale, su cui si è più discusso, e in particolare l’accordo raggiunto a inizio anno da tutti i partiti della maggioranza e che aveva dato il via libera al cosiddetto Germanicum, un proporzionale con sbarramento al 5%. Il nuovo sistema, difendono i suoi promotori, darebbe equilibrio al peso territoriale di alcune regioni – come il Molise, la Basilicata l’Umbria e l’Abruzzo – che uscirebbero svantaggiate dal taglio dei parlamentari, soprattutto dei senatori. Ma sul tavolo delle negoziazioni ci sono anche tre riforme costituzionali. Le proposte, presentate da Leu, con il senatore Federico Fornaro, e il Movimento, con Brescia, propongono tra l’altro di cancellare le distinzioni anagrafiche tra le due Camere: abbassare a 25 anni l’età minima per essere eletti e a 18 anni quella per votare per il Senato, come è per la Camera. E infine, di superare l’elezione “su base regionale” del Senato, modificando così l’articolo 57 della Costituzione. Per i sostenitori, si tratta di misure che potrebbero correggere la rappresentanza tra i territori. Infine, l’ultimo correttivo per la riduzione dei parlamentari è quello che riguarda i regolamenti parlamentari e la loro revisione. In particolare, si parla di come affrontare il nodo delle commissioni. Attualmente, i parlamentari sono suddivisi in commissioni di competenza. Ma con il taglio si aprono tre possibilità, sulle quali le forze politiche non hanno ancora trovato un accordo: una riduzione del numero dei membri per commissione, una riduzione delle commissioni stesse o uno sdoppiamento dei parlamentari in diverse commissioni.

Anche se ripartiti in ritardo, i lavori alla Camera sulla riforma del sistema di voto e l’introduzione dei correttivi che bilancino la riduzione degli eletti potrebbero segnare una qualche intesa in maggioranza, dopo le tensioni dei mesi scorsi. Le riforme, che erano rimaste bloccate o rallentate, sono tra i motivi di resistenza del PD al voto per il Sì al referendum del 21 settembre.

Fonte: Pietro Grasso FB, il Fatto Quotidiano, Corriere della Sera

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