Scuola, le Regioni mettono alle corde il Governo “Mancano solo quindici giorni”

Si rafforza il fronte delle regioni contrarie alla riapertura delle scuole: dopo il governatore del Veneto Luca Zaia, è il campano Vincenzo De Luca a mettere in dubbio la ripresa.

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L’inizio del nuovo anno scolastico si avvicina e, con l’approssimarsi del 14 settembre, aumentano le critiche e le polemiche sull’opportunità di far ripartire le attività scolastiche. Sono soprattutto le Regioni a sollevare dubbi. L’ultimo ad aggiungersi alla già corposa lista di contrari è il Presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca – riporta Open–  il quale  è convinto che gli amministratori e il Governo saranno “chiamati a decisioni importanti tra una o due settimane. Nelle condizioni attuali non è possibile aprire le scuole. Non so cosa saranno in grado di fare in due settimane, ma avremo scelte complicate da fare“. Con queste parole, De Luca si fa portavoce delle richieste pervenutegli nei giorni scorsi dai sindaci dei comuni campani, che in una lettera chiedevano alla Regione di posticipare la riapertura delle scuole al 24 settembre, una volta che saranno stati archiviate le votazioni per il Referendum sul taglio dei parlamentari e le elezioni regionali. Nella missiva, firmata dal presidente dell’Anci Campania Carlo Marino, e citata da Il Fatto Quotidiano, si legge: “Come è noto le problematiche del distanziamento e ancor più della sanificazione, della mancanza di banchi monoposto e dei test sierologici per i docenti e il personale scolastico, rappresentano alcune delle principali incertezze“.

Ma il fronte degli amministratori locali contrari alla riapertura delle scuole è trasversale: anche in Abruzzo, secondo l’Assessore regionale all’Istruzione Piero Fioretti, la riapertura potrebbe avvenire dopo l’appuntamento elettorale. Intanto dal Veneto, il Presidente Luca Zaia ha attaccato frontalmente il Governo, accusandolo di essere ostaggio del Comitato tecnico scientifico. Uno dei nodi principali – oltre alla questione del sovraffollamento delle aule – riguarda le modalità che gli studenti adotteranno per raggiungere il luogo di lavoro. I mezzi di trasporto, infatti, sono uno dei possibili luoghi di contagio, ed è facile immaginare che con la ripresa della scuola, questi rischino di diventare una pericolosa incognita. Il Cts ha spiegato che l’unica alternativa al distanziamento, non sempre possibile da rispettare sui mezzi pubblici, sarebbe l’installazione di divisori in plexiglass, con tutte le difficoltà del caso: autobus cittadini e metropolitane, ad esempio, presentano nelle ore di punta un affollamento che renderebbe quasi impossibile l’installazione dei pannelli. Per questo le Regioni insistono sulla necessità di aumentare, addirittura raddoppiare, il numero dei mezzi a disposizione. Proposta anche questa di difficile attuazione, vista la carenza di risorse economiche per acquistare nuovi bus e assumere nuovo personale. Anche per queste ragioni, Zaia spiega che non ritirerà “l’ordinanza sulla capienza da omologazione dei bus, anche perché non sono ancora aperte le scuole, ma aspettiamo una risposta del governo. Per noi l’80% è ancora poco. Ho l’allergia al plexiglas, assurdo metterlo nei bus o sui treni“.

A poco più di due settimane dalla data prevista per l’inizio dell’anno scolastico, quindi, la situazione continua ad apparire piuttosto caotica. Anche perché con i numeri dei contagi che crescono e le certezze che mancano, ora pure gli insegnanti cominciano a far presente la loro preoccupazione, soprattutto in considerazione del fatto che oltre il 40% del personale docente italiano ha un’età superiore ai 55 anni, e rientra quindi nella categoria di lavoratori considerati fragili. Intanto è previsto per oggi un incontro tra Governo e Regioni per cercare una mediazione che, date le premesse, potrebbe non essere facile da trovare.

 

Fonte: Open, Il Fatto Quotidiano

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