Lampedusa, 5500 migranti sbarcati in meno di due settimane. E Malta resta a guardare

In poco meno di due settimane sono arrivati sull’isola di Lampedusa oltre 5500 migranti in 250 sbarchi. Gli occhi sono puntati su Malta.

Il Sindaco di Lampedusa Salvatore Martello ribadisce con allarme quella che ormai è una situazione critica e visibile agli occhi di tutti. In poco meno di due settimane sono arrivati sull’isola oltre 5.500 migranti in 250 sbarchi. “Ormai è una vera e propria emergenza”, ha riferito all’Adnkronos il Primo Cittadino. La situazione sulle coste è ormai priva di freni, con mini sbarchi che si susseguono ininterrottamente e fughe incontrollate dagli hotspot. Soltanto la notte scorsa, a titolo di esempio, ci sono stati tre diversi sbarchi per un totale di una quarantina di arrivi.  L’ultima imbarcazione, molto piccola, è arrivata poco dopo le nove di ieri mattina, con una dozzina di persone a bordo. Al momento, conferma il Sindaco, ci sono all’hotspot 678 persone, quasi tutti tunisini e uomini, ma ci sono anche famiglie. In poco meno di 24 ore sono state trasferite oltre 300 persone, mentre oltre cento sono stati trasferiti a bordo del traghetto per Porto Empedocle, Agrigento.

Una palla che scotta che, però, resta in mano all’Italia. E Malta, che secondo accordi dovrebbe prendersi una fetta del problema,  resta a guardare. In più occasioni, infatti, ha mandato in Italia i barchini presenti all’interno della propria area Sar con diverse modalità. Alcune volte, La Valletta ha lasciato l’onere dell’intervento all’Italia, altre è rimasta praticamente assente nonostante i migranti navigassero nelle sue acque. Inoltre, informa Il Giornale, Malta avrebbe messo in mare da tempo una serie di “pescherecci fantasma” incaricati di intercettare i barconi e ricondurli in Libia. Spesso però le Forze armate dell’isola equipaggiano i gommoni, anche con motori nuovi, affinché raggiungano le coste siciliane.

L’impegno di Malta

In questo quadro, il governo maltese ha concluso a fine maggio un memorandum d’intesa con l’esecutivo libico, guidato dal premier Fayez Al Sarraj. Secondo l’intesa con Tripoli, volta a creare le condizioni affinché i due Paesi collaborino sul fronte migratorio, Malta sosterrà finanziariamente la costruzione di centrali operative comuni sia nel porto di La Valletta che in quello della capitale libica. In questo modo, si avrà un coordinamento su pattugliamenti congiunti da parte della Guardia Costiera maltese e quella libica. Ancora, l’esecutivo maltese si è impegnato a fornire, anche tramite fondi UE, più soldi ed attrezzature alle autorità di Tripoli. Malta, insomma, vuole evitare di far avvicinare i barconi partiti dalla Libia verso il proprio territorio, regolamentando i respingimenti verso la Libia. Ma il diritto internazionale non lo prevede, visto che Tripoli non è dichiarata porto sicuro. La differenza è evidente: se l’Italia respinge è condannata a pagare un risarcimento danni – come accaduto nel giugno del 2009; se Malta respinge, tutto tace.

La Valletta e Tripoli, forti di questa intesa, potrebbero isolare l’Italia e lasciare il nostro Paese, solo, a gestire l’emergenza. Molti barconi potrebbero essere lasciati passare verso le acque di nostra competenza oppure semplicemente non soccorsi in attesa che da Lampedusa partano le nostre motovedette. Inoltre, oltre ad aver chiuso un memorandum con la Libia, Malta si è anche dichiarata contraria alla missione Irini, informa Agi,cioè all’operazione dell’Unione europea volta al pattugliamento delle coste libiche per impedire ulteriore afflusso di armi verso il Paese nordafricano. Una missione contro cui si è espresso in maniera negativa anche il governo di Tripoli. L’Italia, quindi, rischia di ritrovarsi isolato nella gestione di nuovi flussi di barconi e nuove ondate di sbarchi lungo le nostre coste. Il meccanismo di ricollocamento di quote di migranti in ambito comunitario è ormai ipotesi lontana.

I trascorsi

Guardando ai mesi precedenti, già nel corso di questa estate Malta ha tentennato nel garantire un porto sicuro ai migranti in difficoltà. Era lo scorso 8 luglio: più di 50 persone il 3 luglio erano state recuperate dalla nave Talia, imbarcazione battente bandiera libanese che opera per il trasporto di bestiame, in zona Sar maltese. Per cinque giorni, La Valletta, nonostante la nave fosse in area territoriale di propria competenza, non ha provveduto ad assumere le proprie responsabilità aspettando il via libera di Roma. La sera dell’8 luglio, alla fine, il centro di coordinamento di ricerca e soccorso di Malta ha autorizzato lo sbarco dei migranti.
Vale la pena ricordare, nell’elenco dei misfatti di Malta, anche la “Strage di pasquetta”. Era il 12 aprile scorso: 101 migranti arrivati a Pozzallo hanno raccontato di essere stati raggiunti in prossimità di Malta da un’ imbarcazione militare maltese che ha fornito loro tutto il materiale necessario e di essere stati scortati per un tratto in modo da raggiungere le coste siciliane. I militari avrebbero detto ai migranti che stavano soccorrendo di non poterli accogliere nel proprio Stato a causa dell’epidemia.

Inoltre, i sopravvissuti hanno raccontato che ci sarebbe stato un altro gommone per il quale La Valletta avrebbe omesso di prestare soccorso. A causa di questo, sarebbero morti 12 migranti e mentre 51 superstiti sarebbero ritornati nelle carceri libiche. L’inchiesta cerca di accertare le responsabilità del premier maltese Robert Abela e del capo delle Forze armate, ma il giudice Joe Misfud ha però archiviato tutte le imputazioni a carico delle parti, informa Repubblica. Secondo il magistrato, la responsabilità di quanto accaduto sarebbe da ricollegare a Frontex. Quest’ultima ha respinto ogni accusa al mittente. In una nota pubblicata su “Avvenire.it”, l’agenzia ha precisato che “è il centro di salvataggio appropriato, non Frontex, a decidere se chiedere assistenza a qualsiasi nave della zona. E Frontex non aveva navi vicino a quest’area”.

Fonte: Repubblica, Avvenire, Agi, Il Giornale

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