Coronavirus, 323 morti in un giorno, ospedali e terapie respirano. Era in Italia da mesi

Dati della Protezione Civile in calo. Ma cosa sarebbe successo se avessimo capito per tempo cosa ci stava travolgendo? Diversi studi hanno dimostrato come il virus circolava nel nostro Paese molto prima del paziente 1 di Codogno. I medici di base del lodigiano hanno parlato di strane polmoniti nell’inverno scorso. 

Coroanvirus in Italia da diversi mesi prima del pazienti 1: lo studio che lo conferma - Leggilo.org

I dati di oggi della Protezione Civile ci informano che i casi, in totale, sono 104.657 e segnano un bel – 548 rispetto a ieri. Continuano a calare anche i ricoveri  che scendono a 19.210, -513 di ieri e si alleggerisce ulteriormente la pressione sui reparti di terapia intensiva: – 68 nelle ultime ventiquattro ore. Mentre i pazienti positivi in isolamento domiciliare senza sintomi o con sintomi lievi salgono a 83.652, +33 rispetto a ieri. Aumentano, purtroppo, i deceduti: +323 per un totale di 27.682. Ma crescono anche i guariti che arrivano a quota 71.252, registrano un incremento di 2311 unità.

Ciò che ci stiamo chiedendo in molti è: si poteva fare di più? Si sarebbero potute salvare più vite? Forse. La risposta certa non l’avremo mai. Di sicuro medici e operatori sanitari stanno facendo ben oltre le loro possibilità. Tuttavia forse si sarebbe potuto prevenire meglio, applicare prima le misure contenitive. In Italia ci siamo attivati a partire dal 21 febbraio. Ma secondo recenti studi il virus, in quella data, era già nel nostro Paese e da circa un mese. A dirlo è un’accurata analisi svolta dalla task force sanitaria della Regione Lombardia. Lo studio – riporta il Corriere della Sera  presenta un quadro ben diverso da quello che ci è stato mostrato ufficialmente. Infatti, basandosi sull’andamento della curva dei contagi, emerge che il Covid, con ogni probabilità, era in Italia già a gennaio, ben prima del famoso “paziente 1” di Codogno. La data attorno a cui tutto può essere ricondotto è il 26 gennaio, una sorta di “giorno 0” in cui a Milano, si ipotizza, c’erano già almeno 46 persone infette e più di 500 in tutta la Lombardia. Si è giunti a queste conclusioni, non certe ma altamente probabili, chiedendo ai pazienti positivi ai test quando hanno iniziato ad accusare i primi sintomi. E, in base alle risposte, si è evinto che la maggior parte dei pazienti risultati positivi a partire dal 21 febbraio, avevano sintomi già da un mese circa. Dunque, mentre il Governo controllava gli aeroporti, il Covid 19 era già comodo in “casa” e ha continuato ad espandersi.

Questa ipotesi è avvallata anche da un recente studio condotto dall’Università Statale di Milano e dall’Ospedale Sacco. Come hanno spiegato i relatori della ricerca, il Professor Gianguglielmo Zehender Capo Dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche del Sacco, Claudia Ballotta infettivologa a capo del team che ha isolato il ceppo del virus al Sacco e Massimo Galli Responsabile del Reparto di Malattie Infettive dello stesso Ospedale meneghino, l’analisi filogenetica dei primi 3 genomi completi, ottenuti dagli isolati italiani di Sars-CoV-2, rivela: “‘L’origine cinese dell’infezione e che il tempo di origine del cluster analizzato corrisponde a un periodo che precede di diverse settimane il primo caso evidenziato in Italia”. Come spiega Il Sole 24 Ore, l’analisi ha rivelato che i genomi isolati in Lombardia corrispondono agli stessi isolati in altre parti del mondo, dalla Germania all’America meridionale. Questo spiegherebbe, tra le altre cose, il fallimento dell’indagine epidemiologica, che non ha permesso alle Autorità Sanitarie di scovare il cosiddetto paziente 0.

Il Professor Galli ha raccontato a Il Corriere della Sera, il virus è arrivato in Italia prima del blocco dei voli da e per la Cina deciso dal Governo del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Molto probabilmente, è arrivato attraverso persone che sono partite dalla Cina ancora in fase di incubazione e che hanno manifestato sintomi lievi, o forse anche nulli, nei giorni successivi. Spiega Galli: “Ciò ha consentito a queste persone di condurre la sua vita più o meno normalmente e ha così potuto infettare del tutto inconsapevolmente una serie di persone”. In più la scelta, nelle settimane successive, di effettuare il tampone soltanto alle persone arrivate dalla Cina nei 15 giorni precedenti all’arrivo non ha aiutato la ricerca epidemiologica. Ma si deve risalire ancora agli inizi del contagio, poichè, strane polmoniti, sono state denunciate da diversi medici di base in Lombardia già nei mesi di gennaio e dicembre, come confermato da Massimo Vajani, Presidente dell’Ordine dei Medici di Lodi: “È vero, quest’inverno c’è stata un’impennata di forme polmonari a lunghissima durata, già da dicembre”.

Una teoria questa, confermata anche da Giuseppe Remuzzi, Direttore Istituto Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” di Milano. Ospite di Massimo Giletti nel programma “Non è l’Arena”, su La7, il Dottor Remuzzi ha parlato di medici di base lombardi che denunciavano strane polmoniti: sia per il numero crescente rispetto all’anno precedenti, sia per le forme molto aggressive: “Mi dicevano: ‘Ci sono polmoniti gravi che non hanno a che fare con l’influenza’. Si trattava di polmoniti interstiziali, che necessitavano di Tac, di radiografie. Questo lo vedevano in ottobre, novembre, dicembre. Questo virus circola da tempo”. Ma, al tempo dei primi contagi, molti esperti dichiararono che il Covid-19 era soltanto una forma di un’influenza. Spiega Remuzzi: “Ci sono due motivi: non si conosceva questo virus, che è nuovo. E poi gli esperti non sono tutti uguali. Tanti hanno subito avvertito l’opinione pubblica della gravità della situazione“. Che ha concluso: “Vinceremo contro questo virus, perchè abbiamo tante armi da mettere in campo. Ma non è certo da prendere alla leggera questa epidemia”.

 

Fonte: Il Sole 24 Ore,  Corriere della Sera, La7

 

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