Coronavirus, quei venti giorni di ritardo del Premier Conte che hanno cambiato il corso degli eventi

L’Italia, in queste settimane, sta pagando a caro prezzo gli errori commessi nel mese di gennaio ed a inizio febbraio. E l’immobilismo del Governo su certi temi non ha fatto altro che peggiorare la situazione. 

Le decisioni, e i tentennamenti, del Governo del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte pesano come un macigno nella gestione dell’emergenza sanitaria da Covid-19 nel nostro Paese. Da più parti arrivano critiche all’operato dell’Esecutivo, accusato di non aver avuto coraggio nelle prendere le decisioni più drastiche, come la chiusura totale della Lombardia, chiesta a gran voce dal Presidente della Regione Attilio Fontana e dal Sindaco della città più colpita dall’epidemia Giorgio Gori, di Bergamo. Il Premier, che rassicurava gli italiani sullo scarso impatto che avrebbe avuto l’epidemia nel nostro Paese, nei giorni in cui Wuhan in Cina veniva avvolta da una totale quarantena, sembra aver agito tardivamente in tanti aspetti cruciali, rivelatisi poi fondamentali per il contrasto all’epidemia. Ma andiamo con ordine.

Come ricorda Business Insider, il Governo ha dichiarato lo Stato di Emergenza il 31 gennaio scorso. Una dichiarazione quasi fine a se stessa, dal momento che, sino al 25 febbraio, nessuna azione di contenimento e gestione è stata effettuata. Ci sono voluti ben 20 giorni e il primo caso di Codogno, per spingere la Protezione Civile ad emanare un’ordinanza, che permetteva la priorità assoluta sugli ordini per l’acquisto dei materiali protettivi. Ma si deve attendere il 28 febbraio per l’ordinanza di acquisizione degli strumenti e dei dispositivi di ventilazione invasivi e non invasivi. Nella stessa ordinanza, si prevedeva che i materiali di protezione venissero affidati in primo luogo al personale medico. Un intervento tardivo, dal momento che molti medici erano già stati infettati, contribuendo al contagio su larga scala.

In quei 20 giorni si è visto di tutto: da una parte l’OMS, che dichiarava la pericolosità del Covid-19 e raccomandava gli Stati di prendere misure adeguate per proteggere la salute pubblica; dall’altro lato un’Italia che non aveva recepito il messaggio, che aveva lasciato giocare una partita di Champions League, Atalanta-Valencia, nonostante a Bergamo fosse già scoppiato un focolaio. Negli stessi giorni il Sindaco di Milano Beppe Sala invitava i suoi concittadini a non cambiare stili di vita, a riprendersi la città. Nei due weekend centrali di febbraio le piste da sci erano strapiene. Sembra un secolo, era l’Italia di un mese e mezzo fa.

In quei venti giorni di immobilismo si sarebbero potuti riempire i magazzini di materiale protettivo e di respiratori e ventilatori. Si sarebbero potuti ampliare i reparti di terapia intensiva e sub-intensiva. Evitare la circolazione massiccia, applicare le prime misure di contenimento. In tutto questo caos, e non prima che una bozza di un Decreto ministeriale pubblicata in anticipo dai quotidiani permettesse la grande fuga dei cittadini delle zone rosse del Nord al Sud, siamo arrivati alla quarantena per tutto il Paese. Ma in Lombardia, più che in altre zone dell’Italia, sono evidenti gli errori commessi. Spiega Elisabetta Strada, Consigliera Regionale lombarda: “Sicuramente non avremmo potuto risolvere ogni problema, ma in quei 20 giorni si sarebbero potuti dare maggiori strumenti di protezione a medici e infermieri”. E conclude: “L’allarme scattava solo per chi aveva avuto contatti stretti con cinesi o chi aveva viaggiato nelle zone a rischio. Abbiamo dibattuto più volte sull’importanza di avere un piano d’emergenza, ma ancora oggi i medici non sono tutelati”.

Tesi questa, già espressa settimane fa dal Consigliere Esecutivo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nonchè consulente del Ministro della Salute Roberto Speranza, Walter Ricciardi. Il Professore, come spiega Open, aveva già teorizzato l’impennata di contagi che sarebbe succeduta al primo focolaio di Codogno. La scelta di bloccare i voli da e per la Cina non ha sortito alcun effetto, se non quello, deleterio, di tranquillizzare la popolazione. Altri Paesi, come Germania, Francia e Regno Unito, decisero invece di procedere all’isolamento di tutti i passeggeri provenienti dalle zone del contagio. Spiegava Ricciardi: “Paghiamo il fatto di non aver messo in quarantena da subito gli sbarcati dalla Cina. Preoccupano i contagi dei sanitari. Significa che non si sono messe in campo le pratiche adatte”. Già allora, il Professore di Igiene all’Università Cattolica di Milano, aveva intravisto il pericolo del contagio tra il personale medico. Si era già realizzato che le risorse messe in campo erano insufficienti per affrontare un’epidemia di questa portata. E così è stato.

Errori questi, considerati gravi anche da Marco Antonellis che, intervistato da Radio Radio, ha accusato il Premier Conte di aver sottovalutato l’epidemia, specie nel mese di gennaio. La mancanza di misure atte alla prevenzione del contagio si sono poi manifestate in tutta la sua drammaticità nei mesi successivi. Spiega Antonellis: “Sarebbe stato opportuno far controllare dalle Asl tutti coloro i quali rientravano in Italia dalle zone a rischio, i vari focolai e quindi rilevare tutte le persone che venivano in Italia”. Anche le misure adottate negli aeroporti, racconta il giornalista, si sono rivelate assolutamente inefficaci. Come lo scanner, utilizzo per la misurazione della temperatura corporea: “Se il virus attecchisce qualche giorno dopo tu quella persona l’hai persa. Anche lì bisognava controllare le persone che arrivavano in maniera indiretta, fargli compilare un modulo ottenendo così i dati e l’Asl di competenza per i 15 giorni successivi avrebbe potuto monitorare la situazione”.

Attacchi che arrivano anche dalla Comunità Scientifica. Il Professor Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE, Gruppo Italiano per La Medicina Basata sulle Evidenze, che da anni si occupa di ricerca e progetti in ambito sanitario, ospite del programma “Omnibus”, su La7, ha criticato apertamente l’operato dell’Esecutivo. Analizzando i dati drammatici di questa settimana, il noto chirurgo ha dichiarato: “Noi oggi contiamo i numeri di delle decisioni politiche prese o non prese che risalgono a 15 giorni fa. Scontiamo le decisioni non prese tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo”. E continua: “Gli effetti delle misure arriveranno più tardi. Tutti i rallentamenti dei provvedimenti e le titubanze non hanno fatto altro che incrementare la circolazione del virus”. Il Professore ha poi criticato aspramente l’atteggiamento di certi amministratori locali che hanno con le loro azioni invitato addirittura i cittadini a tornare alla loro vita normale, a continuare ad assembrarsi. E ancora: “Chiediamo un lockdown totale da mesi, ma i provvedimenti sono sempre parziali e incompleti. Un errore è stato non effettuare i tamponi agli operatori sanitari, più di 5mila medici infetti hanno aumentato i numeri dei contagi”.

Fonte: Business Insider Italia, Open, Radio Radio, La7

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