Coronavirus: il farmaco sperimentale sta funzionando nel 70% dei casi

A Latina alcuni dei pazienti infettati dal Coronavirus vengono trattati con il farmaco anti-artrite Tocilizumab. La cura sta funzionando nel 70% dei casi. Tuttavia non tutti i pazienti rispondono. Dunque si inizia a pensare di valutare su chi puntare.

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Gia la scorsa settimana si era iniziato a parlare di farmaci che potrebbero essere impiegati nel trattamento del Coronavirus. Tra questi compariva il tocilizumab, usato, solitamente, per curare l’artrite. Esso viene impiegato, talvolta, anche nei bambini e, a quanto dicono gli esperti, possiede la capacità di  bloccare l’infiammazione responsabile dell’insufficienza respiratoria. Da sabato 14 marzo – riporta Adnkronos – il tocilizumab viene utilizzato su 16 pazienti a Latina. E – secondo quanto riferito dall’Asl della città laziale – nel giro di sole 48 ore, ben il 70% dei casi ha registrato un netto miglioramento.

Lo stesso farmaco è già stato utilizzato presso due ospedali partenopei: il Cotugno e il Pascale. Da martedì 16marzo – riporta La Stampa – l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha reso noto di avere autorizzato lo studio Tocivid-19 che valuterà l’efficacia e la sicurezza del tocilizumab. Il dottor Paolo Ascierto, presidente della Fondazione Melanoma e direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto tumori Pascale di Napoli, ha dichiarato: “I dati che provengono fin’ora dai pazienti trattati, sono incoraggianti ma, è anche vero che non tutti i pazienti rispondono. La sperimentazione chiarirà quali sono i pazienti che non rispondono e su chi, duque, bisogna puntare”.

Il medico spiega che in tutta Italia, ora, sono centinaia le persone trattate con il tocilizumab. All’ospedale Cotugno di Napoli, ad esempio, da lunedì, sono stati trattati 11 pazienti, tutti tra i cinquanta e i sessant’anni. Di questi  7 erano in rianimazione e 4 in reparto. Dei 7 in rianimazione, 5 hanno mostrato un miglioramento importante mentre uno è stazionario e un altro, invece, è deceduto. Quest’ultimo, però, aveva già patologie importanti a carico. Dei 4 che sono stati trattati in reparto con una grave insufficienza respiratoria, a distanza di 48 ore dall’ infusione del farmaco tutti hanno dato visibili segni di miglioramento.

Il farmaco, certo, non è il vaccino. Ma, nel frattempo, è una strada da portare avanti. E ci sono buone possibilità che possa salvare diverse vite.

Fonte: Adnkronos, La Stampa.

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