Coronavirus, due anziani non dicono tutto e sconvolgono un intero reparto

Una coppia di anziani presentatasi al Molinette non ha comunicato che il figlio lavora a Lodi, epicentro del focolaio. La Procura apre un fascicolo per eventuali responsabilità della struttura. 

Coronavirus, al Molinette di Torino non scattano i protocolli: infettato intero reparto - Leggilo.org

Un incredibile vicenda sta scuotendo l’Ospedale Molinette di Torino, il terzo più grande del Paese. Come racconta Repubblica, una coppia di anziani, di circa 70 anni, erano arrivati domenica sera al pronto soccorso dell’Ospedale con sintomi febbrili. I medici avevano pensato ad una banale influenza, dal momento che i due, non avevano raccontato del figlio che vive e lavora a Lodi, zona del focolaio lombardo, e che era passato giorni fa a fargli visita. Soltanto dopo essere stati trasferiti al reparto di Medicina il personale sanitario ha saputo della notizia: a quel punto sono scattate le misure e la coppia è risultata positiva al Coronavirus. L’effetto a catena è stato drammatico: i primi ad essere sottoposti a quarantena sono stati i medici, 6 in tutto, e gli infermieri, nell’unità di 25 persone, del reparto guidato dal Primario Luca Scaglione. Si valuta anche la possibilità di chiusura e quarantena per tutti coloro che si trovavano all’interno del pronto soccorso quella sera. Le condizioni dei due anziani si sono aggravate in questi giorni: l’uomo è considerato grave, mentre la moglie è stata trasferita all’Amadeo di Savoia.

Nel pomeriggio è stata organizzato un incontro tra i dirigenti della struttura e i sindacati e associazioni di categoria per fare il punto della situazione. Bisogna al più presto ricostruire tutto il percorso degli ultimi 15 giorni della coppia anziana e disporre il test non solo per i loro familiari e tutte le persone con cui sono venute in stretto contatto, ma anche per i familiari del personale ospedaliero e di tutte quelle persone che erano presenti al pronto soccorso e al reparto di Medicina. Ci vorrà tempo e vi è il serio rischio che la situazione possa sfuggire di mano. Intanto la Procura di Torino ha parto un’inchiesta sul caso. Il Procuratore aggiunto, Vincenzo Pacileo, ha parlato di: “Smagliatura grave nel sistema”. Gli inquirenti stanno cercando di capire se ci sono stati degli errori nell’applicazione dei protocolli previsti dall’Istituto Superiore della Sanità. Le Autorità Sanitarie del Molinette hanno fatto sapere di aver posto le domande necessarie alla coppia, che avrebbero omesso l’informazione sul figlio, non facendo scattare le dovute misure.

E  proprio dalla provincia di Lodi, epicentro del focolaio lombardo e nazionale, era stato lanciato un grido d’aiuto. Il Sindaco di Castiglione D’Adda, Costantino Pesatori, il paesino più colpito dal focolaio della provincia di Lodi, aveva registrato un video messaggio, pubblicato da Fanpage. Nella zona rossa la situazione, denunciava il primo cittadino, è ai limiti: mancano medici e specialisti non solo per far fronte all’emergenza Coronavirus, ma anche quelli di base per curare gli altri cittadini che soffrono di altre patologie. A Castiglione D’Adda, due dottoresse, medici di base, avevano raccontato delle strane polmoniti che avevano anticipato il primo caso, quello di Mattia, il 38enne di Codogno che qui si era recato proprio per una visita. Il giovane si trova ancora in terapia intensiva. Raccontava il Sindaco: “Purtroppo a Castiglione D’Adda stiamo registrando un numero elevato di decessi e ci sentiamo veramente soli. Tanta gente è ammalata e non riesce ad avere l’assistenza necessaria. Vi chiedo di aiutarci, di istituire presso l’Ospedale di Codogno e Casalpusterlengo dei presidi di emergenza”. E concludeva: “Si valuti l’utilizzo anche dei medici dell’esercito. Aiutataci per favore, abbiamo la necessità di avere un’assistenza sanitaria adeguata”. Un video-messaggio che ha lasciato increduli: pensare che proprio nella zona rossa manchino medici sembra surreale. Sia l’Istituto Superiore della Sanità che le Regioni sono concordi che la grande sfida sia, al momento, nel contenimento dei contagi nelle zone dei focolai. La quarantena domiciliare è utile, ma purtroppo non basta. Un infetto, pur mostrando sintomi lievi potrebbe aver in ogni caso bisogno di assistenza medica. Le misure adottate, se non unite all’intervento dei medici e degli specialisti sul luogo potrebbe non avere i risultati sperati.

 

Fonte: Fanpage

 

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