Il primario di Codogno e Lodi: “Prossime ore decisive, siamo con il fiato sospeso”

Mentre si fa strada l’ipotesi di allargare la “zona rossa”, Stefano Paglia – a capo del Pronto soccorso di Codogno e Lodi – ha parlato delle prossime ore come decisive per stabilire l’andamento del Coronavirus.

Il Decreto varato dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte per far fronte all’emergenza sanitaria in seguito alla diffusione del Coronavirus ha diviso l’Italia in tre zone: quella rossa, a maggior rischio, comprendente prettamente i comuni lombardi; quella gialla, a rischio minore, che include diverse aree del Nord; e la restante parte del territorio nazionale, dove sono state adottate misure di emergenza straordinarie. Ma ci sarebbe la possibilità che vengano istituite nuove zone rosse. “Questa infezione si sta propagando in tutta la regione“. E’ l’appello ai cittadini lanciato su Facebook dall’assessore lombardo al Welfare Giulio Gallera, raccomandando massima prudenza, riporta l’Adnkronos.

Secondo indiscrezioni riportate da Repubblica il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana avrebbe convocato nel pomeriggio di ieri i capigruppo di maggioranza e di opposizione nel suo ufficio, e descrivendo la situazione come “molto grave“, Fontana si è detto disposto a chiedere al Governo anche misure drastiche come la “chiusura” di tutto il territorio per un mese

Di nuove zone rosse ha ha parlato in Conferenza stampa il dottor Silvio Brusaferro, dell’Istituto superiore della Sanità, come riportato anche da Tgcom24. “Siamo valutando l’opportunità di estendere la zona rossa sulla base di alcuni criteri epidemiologici, geografici e di fattibilità. Stiamo analizzando l’evoluzione di nuovi casi nei comuni della cintura bergamasca, in base ai dati d’incidenza e in base ai tassi di riproduzione del virus”, ha affermato. La frontiera del Coronavirus in Italia si è infatti ormai allargata agli ospedali di Seriate, Cremona, Crema, Bergamo e Piacenza. Ma è a Codogno, nella Lombardia, che è stato individuato il “paziente uno” del Covid-19.

Inizialmente, questo aveva i sintomi classici di un’influenza e ha negato relazioni sospette con la Cina. Non rispondeva alle terapie ed era stato invitato invano a rimanere in ospedale sotto osservazione. Dopo essersi ripresentato la notte del 19 febbraio, la sua situazione si era aggravata. Così, nel primo pomeriggio di giovedì 20, è stato trasferito al reparto di Terapia intensiva e si è fatta strada, nei medici, l’ipotesi di un primo caso di Coronavirus. Al paziente è stato quindi fatto fare il tampone. Ma, prima ancora di avere conferme, personale e reparti sono stati messi in sicurezza. Dopo il primo caso, per tre giorni i medici sono rimasti senza tamponi. I laboratori del Sacco di Milano e del San Matteo di Pavia si sono intasati e i medici hanno rinunciato ai controlli su loro stessi per dare spazio ai pazienti. Tuttavia, la generosità per un errore e il personale è stato accusato di negligenza e disattenzione.

“Prossime ore decisive”

A raccontarlo è Stefano Paglia, 49 anni, a capo del pronto soccorso dell’ospedale di Codogno e di Lodi. In un’intervista a Repubblica, il dottore dice di avere la coscienza a posto e si dice soddisfatto dell’operato dei medici e degli infermieri che ormai da giorni lavorano senza sosta. L’ospedale di Codogno si è di fatto rivelato focolaio del Covid-19. La ragione è semplice. Nell’area il Coronavirus, senza poter essere individuato, girava almeno da gennaio. “A fine dicembre, anticipando il piano di sovraffollamento invernale, avevo aumentato a 18 i letti dell’osservazione breve intensiva. I medici di base registravano un boom di polmoniti: ci siamo preparati senza aspettare i finanziamenti”, ha spiegato Paglia. Oggi, la priorità è quella di rallentare il contagio. A questo proposito, le prossime ore saranno decisive.

Se a Milano, Bergamo e Brescia la percentuale di positivi nei prossimi giorni raggiungerà quella del Basso Lodigiano e ora della Bergamasca, l’organizzazione sanitaria finirebbe sotto forte stress. “Aspettiamo di capire se l’ondata dell’epidemia è passata o se l’emergenza è ancora all’inizio. Stiamo facendo il conto alla rovescia. Monitoriamo minuto per minuto i nuovi contagi nella zona rossa e nelle aree confinanti”, afferma Paglia. “Ci aspettano altri due giorni con il fiato sospeso per capire se qui la grande ondata dell’epidemia è passata e quando arriverà nel resto della Lombardia”, ha proseguito.

Tra domani e venerdì nella zona rossa scadono infatti le due settimane di quarantena. E’ un termine cruciale per capire il comportamento del Coronavirus e soprattutto per capire se quanto stato fatto fino ad ora ha avuto un senso. Dal punto di vista organizzativo, c’è però bisogno di personale, di apparecchiature, e di completare la riorganizzazione di strutture e reparti per non intasare le terapie intensive. I colpiti da Covid-19 non devono entrare a contatto con gli altri pazienti. Tra medici e infermieri, però, resta l’emergenza.

Fino alle 17 di ogni giorno non sappiamo chi tra noi potrà lavorare il giorno dopo, chi finirà in quarantena, chi ricoverato. Forse all’esterno sfugge l’eccezionalità della situazione. Per ora, grazie ai sostituti, meglio concentrare le forze a Lodi“, afferma Paglia, che si dice scettico su possibili previsioni future. “Dobbiamo assolutamente rallentare il contagio e continuare a riorganizzarci per aumentare gli spazi riservati, a vari livelli, al Covid-19. La fase più assurda forse è passata, ma davanti potremmo misurarci con quella più drammatica. Lavorando con la testa però dimostreremo che la scienza guarisce”, conclude.

Fonte: Tgcom24, Repubblica, Adnkronos

 

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