La Whirlpool di Napoli cancella l’accordo con Di Maio e annuncia la chiusura: interviene la Regione Campania

Annunciata la chiusura dello stabilimento Whirlpool a Napoli. Oltre 400 persone perderanno il posto di lavoro. La Regione Campania si dice pronta ad intervenire, il sindaco Luigi De Magistris chiede che il governo ascolti le richieste dei lavoratori.

La protesta degli operai Whirlpool Napoli

La sede Whirlpool di Napoli chiuderà il 1 novembre. Almeno così è stato annunciato dall’azienda statunitense. Lo stabilimento della multinazionale che produce lavatrici è attualmente fermo. Subito dopo l’annuncio dell’imminente chiusura, risalente al maggio scorso, è cominciato lo stato d’agitazione e il presidio dei lavoratori, che hanno chiesto aiuto alle istituzioni. Ma ricostruiamo insieme la vicenda, che ha inizio ad ottobre dello scorso anno.

Whirlpool risente della crisi di sovrapproduzione che investe il settore degli elettrodomestici e annuncia un taglio nell’area globale del gruppo in affanno con una redditività divenuta negativa, ovvero l’area Emea (l’Europa, il Medio Oriente e l’Africa). A farne le spese sarebbe stato lo stabilimento di Napoli.

L’allora Ministro del Lavoro e vicepremier, Luigi Di Maio, aveva rassicurato sul futuro dello stabilimento Whirlpool di Napoli dopo il primo incontro con l’azienda, le Regioni coinvolte e i rappresentanti sindacali, come riportato dall’Ansa: “Nessuna chiusura, nessun disimpegno e la piena occupazione dei lavoratori coinvolti: sono i capisaldi che abbiamo ottenuto e sui quali possiamo ricostruire“. Anche Luigi Morgia, l’amministratore delegato di Whirlpool per l’Italia, era parso positivo: “Abbiamo ribadito la strategicità dell’Italia e che investiremo 250 milioni. Abbiamo confermato come richiesto dal ministro Di Maio che non chiudiamo il sito di Napoli e che garantiremo l’occupazione“.

Le due parti avevano faticosamente raggiunto un accordo, l’Accordo quadro sul nuovo piano industriale 2019-2021 di Whirlpool, sottoscritto al Ministero dello Sviluppo Economico dal Ministro Luigi Di Maio, dall’Amministratore delegato di Whirlpool Italia Davide Castiglioni e dai rappresentanti dei sindacati nazionali e territoriali di Fiom-Cgil, Fim-Cisl, Uilm-Uil e Ugl. Questo piano, come riportato dal sito del Mise, prevedeva “un investimento di 250 milioni nei prossimi tre anni nei siti industriali presenti nel nostro Paese, con il trasferimento nello stabilimento di Comunanza della produzione di lavatrici e lavasciuga da incasso attualmente attiva in Polonia, e la salvaguardia dei lavoratori fino ad ora in esubero.” Da parte sua “il Governo si sarebbe impegnato ad accompagnare il piano la cassa integrazione straordinaria fino al 31 dicembre 2020″, mentre “il Ministero doveva procedere nei prossimi mesi a monitorare costantemente le fasi di attuazione del piano industriale“.

Whirlpool Napoli: salta l’accordo con il governo, 400 lavoratori a rischio

Qualcosa però è andato storto. Nonostante l’accordo la Whirlpool ha deciso di annunciare la chiusura dello stabilimento di Napoli per il 1 novembre, lasciando 400 dipendenti senza lavoro. Il Governo ha chiesto un nuovo incontro con i rappresentanti dell’azienda, accordo che non ha avuto esito positivo, come riportato dall’Ansa. Whirlpool Emea ha diffuso una nota in cui si “prende atto con grande rammarico della mancata disponibilità da parte del Governo a discutere il progetto di riconversione del sito“, ossia della cessione del sito di Napoli alla società Prs che produce container refrigeranti e non più lavatrici. Alla notizia, i lavoratori disperati hanno bloccato l’autostrada Napoli-Salerno.

Sulla vicenda, come riportato da Il Mattino, è intervenuto anche Luigi de Magistris, il sindaco di Napoli, che ha parlato così ai microfoni di Mattina 9, la trasmissione televisiva del mattino in onda su Canale 9.: «Il presidente del Consiglio deve ricevere la città rappresentata dal suo Sindaco che si fa portavoce delle istanze dei lavoratori di una fabbrica che chiude per scelta, non per necessità, tant’è che lasciano aperti gli stabilimenti del centro-Nord. Noi faremo sentire la nostra voce e in caso di chiusura faremo un centro produzione collettiva di lavatrici tutto italiano».

In particolare de Magistris accusa De Maio, colpevole di aver sottovalutato la situazione e di aver rassicurato i lavoratori solo per garantirsi l’appoggio dell’elettorato in campagna elettorale: «Il governo ha tutti gli strumenti per non far diventare ineluttabile questa partita: è molto grave che un anno fa venne firmato un accordo tra Whirlpool, governo e rappresentanze sindacali e ora questo accordo viene stracciato. Conta più il governo o una multinazionale? Ci sono gli strumenti per far capire che se si comportano così hanno chiuso con l’Italia».

La proposta di De Luca per salvare lo stabilimento Whirlpool

Mentre continua la protesta dei lavoratori, nelle ultime ore è emersa la possibilità di una soluzione, proposta dal presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, che ha inviato una lettera per chiedere un confronto con Invitalia, l’agenzia di proprietà del ministero dell’Economia. Secondo le indiscrezioni riportate da Il Corriere della Sera, potrebbe essere stipulato un contratto di sviluppo con la multinazionale in favore di un progetto strategico per la sede Whirlpool di Via Argine. Il contratto di sviluppo richiede un investimento complessivo minimo di 20 milioni di euro. Secondo il governatore c’è molto da fare, ovvero “capire se c’è ancora un mercato per i prodotti Whirlpool e se ci sono costi di produzione compatibili a livello internazionale. A me piacerebbe sfidare l’azienda offrendo un quadro di convenienze all’investimento unico in Italia: la Regione può garantire copertura fiscale, fiscalizzazione degli oneri sociali al 100%, contributi diretti nell’ambito di un contratto di programma. È evidente che lo strumento non può che essere Invitalia“.

Quella di De Luca è una proposta concreta: “La Regione Campania è pronta a mettere a disposizione fino a 20 milioni di euro per invitare l’azienda a restare a Napoli. La Regione Campania si mette a disposizione, ma è evidente che l’iniziativa è nelle mani del governo e del ministero dello Sviluppo economico.

Bisogna agire e agire in fretta, il tempo stringe e tra 20 giorni ci saranno 420 persone e le loro famiglie in condizioni disperate.

Alessandra Curcio

Fonti: Ansa, Mise, Il Corriere della Sera, Il Mattino

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