Krajewski, quando agire secondo morale porta alla disobbedienza

Chi è Konrad Krajewski? Spalla destra di Papa Francesco, il suo gesto pare aver creato stupore e imbarazzo tra le mura del Vaticano. Un passato a sostegno dei poveri, degli ultimi, di chi vive al margine della società. E una linea di confine, quella che lo divide dallo Stato e dalla legge, che ha oltrepassato senza passarci due volte. 

Krajewski, l'elemosiniere che aiuta gli ultimi - Leggilo

Un pugno all’Italia, un voltafaccia inaspettato. C’è chi lo paragona allo schiaffo di Anagni, giusto per restare in tema episcopale. E c’è chi parla invece di una rottura, uno squarcio, una crepa irrimediabile e insanabile tra quelli che per Dante erano i due soli: il papato e l’impero. In termini contemporanei, il Vaticano e il Viminale. Chiesa e Stato, due organi che non si trovano d’accordo, ma che invece dovrebbero andarsi incontro, senza ostacolarsi l’uno con l’altro. E invece, pur esistendo il criterio di laicità nel secondo, la Chiesa ancora una volta si intromette in competenze che dovrebbero spettare alle istituzioni. Così, i due ambiti si mischiano, si camuffano, e perdono d’autorità.

Questo, almeno, è quanto accaduto quando Konrad Krajewski, elemosiniere di Papa Francesco, ha deciso di riattaccare la luce ai 450 occupanti morosi del palazzo in via Santa Croce in Gerusalemme. Dallo scorso sei maggio, gli inquilini vivevano senza acqua calda e luce, dopo che la società dell’energia elettrica della Capitale aveva deciso di interrompere le forniture per via di un debito di quasi 300mila euro. Il cardinale si è allora recato nell’ex sede dell’Indpad occupata dal 2013, perfettamente consapevole delle conseguenze legali, e ha violato i sigilli. Il tutto, per rispondere al buon senso e alla buona morale. Ma se il caos migranti ci insegna che non sembra l’etica va di pari passo con la legge, il gesto di Konrad ne è stata un’ennesima prova. Il cardinale ha oltrepassato i confini, ha fatto di testa sua, facendo ciò che non aveva diritto di fare, solo perché quella condizione disumana non era giusta ed eticamente accettabile. E invece di spingere verso l’azione legale, Konrad ha dato esempio di illegalità. Come a dire che è così che si risolvono i problemi. 

E intanto il Vaticano resta chiuso, le porte non si aprono, e la posizione di Bergoglio resta oscura al riguardo. Imbarazzo e rabbia, ma anche indecisione ci sarebbe tra le mura leonine. Staranno forse pensando, dai piani alti, se sia più giusto lasciare da solo il cardinale a rispondere delle proprie azioni oppure se rendersi complici e dividere le pene. Potrebbe comunque, Bergoglio, almeno in nome di una coerenza, appoggiare quanto fatto dal suo prescelto. Dopo di che, calarsi in mare a prendere i migranti. Che se Dio può tutto e allora il Papà può tutto, tanto vale farci tutti da parte ed entrare in una dittatura episcopale. E c’è chi, in questo clima teso, prova a tirare in mezzo la Lega per saldare il debito di 300.000 euro a carico degli inquilini. Come se fosse responsabilità di Salvini il pasticcio creato da Konrad.

Invece, del vescovo di Roma non si sente  neanche un sibilio, questa volta. Tutto tace. E Konrad resta solo, cosciente, a fare i conti con il presente. Lui si è preso la piena responsabilità del gesto, definendolo “disperato” e “umanitario”. Si sentiva forte, forse, dell’appoggio consacratogli dal Santo Padre. Ma stando ad altre tesi, invece, il suo gesto sarebbe proprio una ripicca nei confronti dei piani alti, forse per una promozione che non c’è stata. Ma non c’è, attualmente, neanche una punizione. A scavare nel passato di Konrad, comunque, tutto sembra in linea con il gesto illegale e disobbediente. Ma pensare che non ci sia stata una spinta ad agire, in realtà, sembra ipotesi improbabile.

Chi è Konrad Krajewski?

Papa Francesco scelse Krajewski, monsignore polacco di Lodz, come suo elemosiniere nell’agosto del 2013, come riportato dall’Agi. Sapeva infatti che nelle aspirazioni del cardinale c’era la vita di strada e in povertà. E infatti, Konrad era solito ospitare nel suo appartamento a Borgo Pio migranti e rifugiati – nel giugno di quell’anno ospitò due siriani – e mettere a disposizione per i senzatetto di via della Conciliazione bagni, docce, barbiere e una lavanderia gratuita. Nel gennaio del 2017 aveva messo a disposizione le auto di servizio del Vaticano per offrire ai clochard un rifugio contro il gelo.

Prima del gesto che lo ha reso noto alle cronache, si era recato a Lesbo per donare un assegno da centomila dollari alla Caritas locale per sostenere le iniziative di accoglienza. Insomma, notti romane in furgone, giorni in vespa, il suo appartamento diventato una casa d’accoglienza. Questo è il passato e la vita che caratterizza l’agire di Krajewski in nome dell’altruismo. Un agire bellissimo, giustissimo, utopico quanto basta. Fa ridere, in fondo, pensare che il mondo possa essere un posto migliore se c’è chi compie gesti così. Pensare che il cambiamento derivi dalle piccole cose quando il cambiamento non viene dal basso, ma da chi è in alto. Si vuole credere, però, che le piccole azioni ribelli possano portare a qualcosa. In realtà, ciò che si alzano sono soli grandi polveroni e fiumi di chiacchiere. Tutto scompare, alla fine. Resta un grande impegno e grandi pensieri.  E se c’è chi,  tornando al caso di Konrad, non abbandona l’idea che il Papa fosse il mandante diretto dell’allacciamento elettrico di cui il cardinale è stato l’esecutore materiale, è perché ciò che appare insolito il più delle volte lo è davvero. L’aver disobbedito, insomma, non ha appoggi, o almeno non ha nulla che porti lontano dalle critiche senza che si alimenti un minimo di sospetto.

Chiara Feleppa

Fonte: Agi

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