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Macron: la Francia non sopporta sua moglie, e neanche lui

Macron e sua moglie Brigitte non sarebbero molto graditi in Francia. Se da una parte il Presidente perde consensi in vista delle prossime europee, dall’altra neanche la dama riscuote molto successo nel suo Paese.

Brigitte Macron, la dama di Francia, non ha un grande seguito nel suo Paese. Non ce l’ha lei e neanche il Presidente Emmanuel Macron, suo consorte, che cala in quanto a consensi in vista delle prossime europee, come riportato dall’Agi. Se i cittadini non l’apprezzano, neanche a “corte” sarebbe ben gradita, tanto che alcuni fedelissimi del Presidente “sognano che muoia“, stando a quanto riporta la stampa francese. Ad odiare Brigitte Macron sarebbero i cosiddetti “Mormons“, ovvero i fedeli amici del capo dell’Eliseo, che poco sopportano la presenza della dama, colpevole di interessarsi troppo da vicino a questioni tecniche e politiche.

Di notte, sognano di vederla sparire“, avrebbe detto un amico della coppia secondo il quale i confidenti di Macron potrebbero gioire di avere a che fare con un vedovo addolorato, in quanto sono “innamorati di lui tanto da volerlo tutto per sé”. Insomma, in Francia Brigitte è considerata una nemica e Macron, tra i suoi concittadini, non è da meno. Del resto, quella del Presidente francese è una parabola discendente, minata specialmente dalle azioni rivoluzionare dei Gilet Gialli di questi mesi.

Il 7 maggio 2017, presentandosi al mondo ai piedi della piramide di vetro del Louvre, nella capitale francese, Emmanuel Macron, ex banchiere trentanovenne, conquistava l’Eliseo dopo una campagna elettorale travolgente, incentrata sulla promessa di “far entrare la Francia nel XXI secolo”, presentandosi ai francesi come un giovane capo alla guida di una nazione che cerca di mantenere alta, almeno in Europa, la sua posizione. Ma, presto a dirsi, dopo quasi due anni, il declino sembra essere annunciato specie in vista delle prossime europee.

Macron a rischio, colpa dei Gilet?

A centrare la questione, e a rivoltare da testa a piedi la sua figura nel panorama politico, ci ha pensato la rivolta dei Gilet Gialli, la “petit révolution”, come è stata definita, che ha messo in dubbio la figura del Presidente e le sue reali competenze alla guida di una Nazione, come riportato da HuffPost. A far scoppiare la bomba è stata la decisione di Macron di aumentare le accise sull’oro nero. La «transizione ecologica», uno degli obiettivi fissati in campagna, prevedeva alcune politiche verdi, per finanziare le quali il Presidente aveva indetto una serie di aumenti annuali delle tasse sul carburante.

Ma l’azione dei Gilet mira non solo a reagire alla sua azione di Governo ma anche a farlo fuori, completamente. Estrometterlo non solo dal suo ruolo politico – impedendone qualsiasi futura vittoria – ma screditarlo nel profondo, nella sua persona, rovesciandone l’immagine all’ “opinion publique“, – è lei che vota alla elezioni – per metterne in crisi l’autorevolezza, la fermezza, la sua immagine socialmente accettata ma che ora perde colpi. A giocare un ruolo negativo, per lui, è stata forse la giovane età, i suoi programmi politici,  le modalità con le quali si esprime e parla alla gente, troppo distanti, lontani dal popolo. La protesta ha fatto uscir fuori l’immagine di un Macron freddo, obbligato, privo di forza decisionale, sottoposto agli altri, poco convinto.

Macron cala nei sondaggi

Di fatto, anche se anche il Presidente ha ceduto, annunciando la sospensione del provvedimento, non ha avuto comunque la forza per bloccare le rivolte. Ma se il modo di gestire i Gilet non è piaciuto, moltissimi sono stati i suoi errori che ne hanno minato l’immagine poco dopo l’insediamento. Già un anno dopo le elezioni, secondo i sondaggi Ipsos, solo il 34% dei Francesi sosteneva il beniamino, e le cose non andavano meglio per il suo braccio destro, Edouard Philippe, sceso al 31%. Colpa, dicono, degli ideali europeisti che a molti non piacciono, visto che l’Europa non è più una certezza, ma vacilla nel buio, ad occhi bendati.

Ha contribuito a  sgretolare la credibilità del Presidente la ricerca di un rapporto con l’Usa di Donald Trump  – e ancora il tema immigrazione, con centri d’accoglienza in Europa ma non in Francia. Ci si è messo inoltre l’esame delle domande d’asilo – la Francia è ben sotto la quota media europea di richiedenti asilo riconosciuti – e l’allungamento del tempo di detenzione amministrativa per i non aventi diritto prima dell’espulsione. Ma il problema sugli immigrati – mai a dire il contrario – resta di Salvini. Ҁa va sans dire. E invece ci sarebbe da dire, o da chiedersi, perché l’Italia dovrebbe aprire i porti e la Francia può  confini. Insomma, tutto quello per cui era stato votato – e anche lì, ci sarebbe da chiedersi il perché – è tragicamente finito in un mare di parole, disastrosamente rovesciate in fatti opposti.

I dati, in vista delle europee, sono continuati a calare, già a Giugno scorso si arrivava, nei sondaggi, al 58% della popolazione insoddisfatta. E ora la situazione è questa: bilancio generale in rosso, un popolo che continua a manifestare a furia di round, e un malcontento che dura da mesi. Macron oggi è detestato, perde consensi. Pensare alle sue dimissioni non è poi così irrealistico: sarebbe la chiusura di un cerchio, dopotutto.

La catastrofe totale è alle porte, le elezioni sono vicine e la Le Pen è già lì con il suo scettro a prendersi tutto quello che le spettava. I dati del sondaggio Ifop attribuiscono a “La Republique en marche”, il movimento fondato da Macron, il 19% dei consensi, al contrario il “Rassemblement National” della Le Pen riscuote il 21%, in crescita di tre punti. I partiti di destra sono in continua crescita in Francia, raggiungendo il 30% dei favori, forse perché almeno, se anche sono più spietati, se anche appaiono i più cattivi, sono anche quelli che mantengono le promesse.

Chiara Feleppa

Fonti: Agi, HuffPost

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Chiara Feleppa

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