La Corte Costituzionale :”Ricorso del PD inammissibile”

Era atteso per il 9 Gennaio l’esame del ricorso presentato da Andrea Marcucci, capogruppo del PD, e altri 37 senatori democratici, contro la Manovra economica del Governo Conte,  ormai approvata senza più titubanze. Non c’è più posto per le repliche, specie ora che la Corte Costituzionale ha giudicato “inammissibile” il ricorso. Ricorso che, lo ricordiamo, era stato annunciato durante l’iter di discussione e approvazione della legge di bilancio al Senato.

Ricorso Manovra

Secondo i ricorrenti il testo della manovra sarebbe stato inviato in Aula senza discutere né votare i circa 350 emendamenti che erano stati presentati: un «unicum nella storia della Repubblica», lo definì Matteo Orfini, presidente PD. Il governo, secondo i Dem, avrebbe scavalcato le prerogative dei parlamentari, violando l’articolo 72 della Costituzione, secondo il quale ogni testo legislativo deve essere esaminato dalla Commissione di merito e votato articolo per articolo dall’Aula. Era il 28 Dicembre, quando, tutti in Aula per il terzultimo atto dell’approvazione, Ceccanti invitò ogni “singolo cittadino danneggiato dalle misure della Legge di Bilancio a fare ricorso incidentale alla Corte riferendosi alla violazione dell’articolo 72 della Costituzione”.

Ma niente è stato violato, e anzi, La Corte ha ritenuto che i singoli parlamentari sono legittimati a sollevare un conflitto di attribuzioni davanti alla Corte solo in caso di violazioni gravi e manifeste delle prerogative che la Costituzione attribuisce loro. Non è questo il caso, perché, spiega la Corte nel rigettare il ricorso, come riportato da La Stampa, “La contrazione dei lavori per l’approvazione del bilancio 2019″ – cioè un’accelerazione all’iter burocratico – “è stata determinata da un insieme di fattori derivanti sia da specifiche esigenze di contesto sia da consolidate prassi parlamentari ultradecennali sia da nuove regole procedimentali”. Tutti questi fattori hanno concorso all’insolita celerità dei lavori del Senato, anche per rispettare le scadenze di fine anno imposte dalla Costituzione e dalle relative norme di attuazione, oltre che dai vincoli europei. “In queste circostanze, la Corte non riscontra nelle violazioni denunciate quel livello di manifesta gravità che, solo, potrebbe giustificare il suo intervento”, chiosa la nota della Consulta, ribadendo l’assenza delle circostanze che sostengono il ricorso, dichiarato perciò, “inammissibile”.

«Massima fiducia e rispetto profondamente convinti della fondatezza del nostro ricorso. Nella giornata del 22 dicembre è evidentemente avvenuta una umiliazione senza precedenti del Parlamento e una violazione mai vista prima dell’articolo 72 della Costituzione», aveva detto fiducioso Dario Parrini, senatore PD, in attesa della decisione della Consulta. «Abbiamo ritenuto nostro dovere attivare ogni possibile strumento per tutelare il diritto dei parlamentari a conoscere i testi su cui sono chiamati a votare», ha spiegato all’Adnkronos. Il gruppo DEM parlava, fino a qualche giorno fa, di «ragionevoli speranze sull’ammissibilità», ovvero questioni tutte scientifiche alla base del ricorso. “La premessa rendeva  il ricorso inattaccabile”, diceva Stefano Ceccanti, giurista e deputato PD.

 

Anche Emma Bonino aveva accusato la maggioranza “di calpestare le istituzioni”. In un conferenza stampa alla Camera per discutere della manovra economica e dell’iter che si stava seguendo per approvarla, la Bonino ne criticava entrambi. “Non possiamo subire passivamente. E’ ora di reagire”. Aveva poi annunciato una riunione del 3 Gennaio di +Europaper esaminare le varie iniziative possibili da mettere in campo, in Parlamento e fuori, “per reagire e non subire passivamente questa deriva sempre più grave di giorno in giorno e senza precedenti”. La Bonino auspicava, come riportato anche da Repubblica, anche ad un incontro con Mattarella, a “Un insieme di misure di metodo e di merito, un coordinamento sul tema che nessuno ha proposto”.

Ma, respingendo il Ricorso, la Corte ha bloccato tutte le spinte oppositive. Nulla più da discutere e si chiude finalmente il cerchio sulla Manovra. Dovranno tutti fare marcia indietro e riguardare la definizione di “scientificità”, visto che, tutte le ragioni, da loro definite “per legge inattaccabili”, sono state tutte respinte.

Ricorso sulla Manovra

Lo dovrà fare anche Roberto Fico, Pesidente della Camera, che in una lettera al Sole 24 Ore aveva ribadito l’importanza che vorrebbe avesse l’Aula nel processo legislativo. “Ho profondamente a cuore il senso di un’assemblea, e per me è stata dolorosa la compressione dei tempi di esame della legge di bilancio. Ma era necessario tenendo conto dello scarso tempo disponibile e dell’obiettivo primario di non pervenire all’esercizio provvisorio, che avrebbe prodotto serie conseguenze sul sistema economico”. Fico ha anche annunciato una riforma del regolamento di Montecitorio per migliorare l’ “organizzazione dei lavori, procedure e qualità legislativa”, scatenando la reazione di Forza Italia che lo ha invitato a far sì che le istituzioni non vengano più umiliate. “Il Parlamento deve riformarsi”, ha scritto ancora Fico “in una lettera che sembra di un fidanzato tradito” – come fa notare Francesco Paolo Sisto, di FI. “A gennaio proporrò alla Giunta per il Regolamento una serie di possibili interventi di riforma che incidono su organizzazione dei lavori, procedure, qualità legislativa”, ha chiosato l’arbitro dei lavori. Da rivedere, comunque, il suo ruolo in Aula.

Chiara Feleppa

Fonti: Il Sole 24 Ore, La Stampa, Repubblica, Twitter Dario Parrini

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