“Silvia doveva pensarci prima di fare la Cappucetto Rosso in Africa”

Massimo Gramellini ha scritto nella sua rubrica “Il Caffè” de Il Corriere un’opinione che ha destato molte polemiche.

Quando si è un giornalista famoso ogni parola pesa. E probabilmente Massimo Gramellini non pensava che si sarebbe scatenato un putiferio quando ha scritto nella sua rubrica “Il Caffé” de Il Corriere della Sera un’opinione che – per sua stessa ammissione visto che stamattina è arrivata una rettifica – ha scatenato una “shit storm”, una “tempesta di cacca”.

Massimo Gramellini: “Non avete capito”

Gramellini nella sua rubrica quotidiana ha parlato della cooperante italiana Silvia Romano rapita in Kenya come di “Cappuccetto Rosso”: “Ha ragione chi pensa, dice o scrive che la giovane cooperante milanese rapita in Kenya da una banda di somali avrebbe potuto soddisfare le sue smanie d’altruismo in qualche mensa nostrana della Caritas, invece di andare a rischiare la pelle in un villaggio sperduto nel cuore della foresta. Ed è vero che la sua scelta avventata rischia di costare ai contribuenti italiani un corposo riscatto”. Questo incipit ha destato scandalo provocando una serie di commenti negativi: “Da ex cooperante sono schifato” ha detto qualcuno, oppure “No, massimo. 
Chi si scaglia contro questa ragazza che, coraggiosamente, ha scelto di impegnarsi e rischiare del suo per gli altri in Africa è un pezzo di merda. Nient’altro”. O ancora: “Gramellini sei un disturbato mentale anche tu. Questa ragazza non è una ingenua sognatrice a cui fare una ramanzina. È una volontaria che fa ciò che tutti dovremmo imparare a fare: esercizio di umanità. È vergognoso quello che hai scritto”.

Siccome spesso su internet ci si ferma alle prime due righe, sarebbe bastato andare oltre per capire che in realtà Gramellini la stava difendendo, dicendo che è proprio a 20 anni che hai l’energia per “abbracciare il mondo intero, a volerlo conoscere e, soprattutto, a illuderti ancora di poterlo cambiare” (…) Silvia Romano non ruba, non picchia, non spaccia. Non appartiene alla tribù dei lamentosi e tantomeno a quella degli sdraiati. La sua unica colpa è di essere entusiasta e sognatrice”. Sulla polemica è intervenuto anche Luca Sofri su Il Post dolendosi, come riportato dall’Agi, “del terrorismo ricattatorio costituito dalle reazioni critiche aggressive e violente a quello che scriverai: ed è la prova che il terrorismo ha vinto, costringendo chi scrive a dichiarare la propria obbedienza, una specie di cartello al collo, pur di poter esprimere un moderato dissenso sulle forme”.

Invece di spendersi in parole inutili, sarebbe bastata fare una cosa: leggere, un’attività che a molti risulta esotica quando mangiare un avocado. Bene, lo stesso Gramellini come dicevamo ha riscritto la sua rubrica per ribadire quello che in realtà era già chiaro: “In tanti anni di corsivi quotidiani ho scritto la mia quota di sciocchezze, ma non ho mai replicato a un attacco ingiusto. Se stavolta lo faccio, è solo per segnalare un pericolo che ci riguarda tutti. I social hanno instaurato la dittatura dell’impulso, che porta a linciare prima di sapere e a sostituire la voglia di capire con quella di colpire. Si tratta di una minoranza esigua, ma non trascurabile, perché determinata a usare uno strumento alla moda per condizionare, storpiandola, la realtà. Persone che, in nome del Bene, arrivano ad augurarti di morire. E hanno talmente fretta di fartelo sapere da non accorgersi nemmeno che su Silvia tu la pensi come loro”.

Fonti: Agi, Il Corriere della Sera

Impostazioni privacy