Show in Senato di Matteo Renzi: “Dove sono i soldi della Lega?”

Matteo Renzi è tornato a interpretare “Renzie” dopo che si era presentato al pubblico come Fonzie – sul settimanale “Chi” nel 2013 – il famoso personaggio di “Happy Days” portato alla fama dall’attore Henry Winkler, che proprio in questi giorni ha vinto l’Emmy a 73 anni.
Si sa che Fonzie è sempre stato sicuro di sé, con uno stuolo di ammiratori che avrebbero voluto avere il suo carisma: gli uomini infatti desideravano essere come lui e le donne volevano diventare la sua fidanzata.

L’ex leader del PD è felicemente sposato e padre di tre figli, ma sul fascino – almeno stando agli ultimi sondaggi sulle preferenze degli Italiani verso il suo partito – dovrebbe tornare a lavorarci. Ha comunque lanciato una frecciata nemmeno tanto velata, paragonando la pazienza di Henry Winkler-Fonzie – durata più o meno 40 anni nel ricevere un premio tanto importante – a quella che dovranno avere i creditori della Lega prima di rivedere i 49 milioni che secondo i giudici sono stati rubati dai rimborsi elettorali. Non è un caso infatti che Renzi risponda a qualche mugugno in aula con “Ci deve essere qualche Ralph Malph” – e chi ha visto “Happy Days”  sa che il Ralph in questione non brillasse certo per acume.

La Lega restituisca i soldi che ha rubato”  dice Matteo Renzi, che sembra però avere la memoria corta, visto che un fatto simile era già accaduto alla Margherita, partito di Rutelli e Gentiloni, in cui i magistrati si sono mossi in maniera diametralmente opposta a ciò che è stato fatto alla Lega. “Se avessero revocato tutti i finanziamenti al partito di Rutelli e Gentiloni avremmo avuto manifestazioni di protesta in strada, e probabilmente a ragione” scrive il giornalista Nicola Porro sul suo blog. Anche la Margherita non era in regola, anche la Margherita infatti è stata truffata dal suo tesoriere – Luigi Lusi, senatore del PD – che secondo i pm aveva sottratto 27 milioni di euro dai conti del suo partito. “Solo che in quel caso la sentenza ha considerato il partito “parte lesa”, mentre in questo caso lo considera di fatto “complice”. C’è una bella differenza” continua Porro.

Per capire però come mai si è giunti a questo punto, bisogna fare un passo indietro e cercare di ricostruire l’intera vicenda. Per farlo si deve tornare indietro a quel 23 gennaio 2012 quando un militante della Lega si è presentato in Procura con un esposto per investimenti anomali fatti dal Carroccio in diamanti in Tanzania e conti offshore a Cipro. Questo ha segnato la fine di Umberto Bossi come segretario del partito da lui fondato e l’ascesa di Matteo Salvini: Bossi si è dimesso il 5 aprile dello stesso anno, dovendo affrontare i procedimenti penali  divisi poi in 4 filoni tra Milano e Genova.

Il primo procedimento riguarda Umberto Bossi, l’ex tesoriere della Lega Francesco Belsito e Renzo il “trota”, figlio di Bossi. L’accusa è quella di appropriazione indebita: soldi entrati nelle casse del partito come rimborsi elettorali ed usciti senza giustificativi per spese personali della famiglia. Secondo l’accusa tra il 2009 e il 2011 Bossi avrebbe speso oltre 208mila euro con i fondi del partito, Bossi jr più di 145mila euro tra multe, assicurazione auto, 48mila euro per comprare un’auto (Audi A6) e 77mila euro per la “laurea albanese”. Nello stesso periodo, invece, l’ex tesoriere si sarebbe appropriato di circa mezzo milione di euro. La condanna è arrivata il 10 ottobre 2017: due anni e tre mesi a Bossi, un anno e mezzo al figlio Renzo e due anni e sei mesi a Belsito.

Il secondo procedimento riguarda il figlio di Bossi, che ha scelto sempre a Milano invece il rito abbreviato per l’accusa di appropriazione indebita: condanna a un anno e 8 mesi per appropriazione indebita aggravata, con sentenza il 14 marzo 2016.

Il terzo procedimento è invece quello più importante ed è di fatto il motivo del contendere, ovvero la truffa sui rimborsi elettorali tra il 2008 e il 2010 con l’accusa di aver sottratto quasi 50 milioni di euro. Il caso passa per competenza da Milano a Genova, dove Belsito aveva fatto accreditare l’ultima tranche dei rimborsi elettorali. Gli imputati sono, oltre a Belsito, Bossi e tre ex componenti minori del comitato di controllo. Camera e Senato si sono costituiti parte civile: la sentenza di primo grado è arrivata il 24 luglio 2017 con la condanna di tutti gli imputati: Bossi a a 2 anni e sei mesi; 4 anni e dieci mesi per Belsito e a 5 anni ciascuno gli ex componenti del comitato di controllo. Ed è proprio una parte della sentenza che è diventata l’oggetto del dibattito politico di primo piano: il sequestro dei fondi.
Il Tribunale di Genova ha infatti disposto il sequestro a tappeto dei conti correnti presenti e futuri della Lega fino a che non si raggiungerà la cifra dei 49 milioni. Il 6 settembre 2018 il Tribunale del Riesame ha condannato la Lega al pignoramento dei conti, come riportato da Il Sole 24 Ore: “Si dispone il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta anche delle somme di denaro che sono state depositate o verranno depositate sui conti correnti e depositi bancari intestati o comunque riferibili alla Lega Nord, fino a concorrenza dell’importo di euro 48.969.617“. Per il momento ne sono stati bloccati circa 3.

Se alcuni, come appunto Renzi, si appellano a ciò che dice la magistratura, in tanti si oppongono a questa decisione visto che di fatto potrebbe comportare l’estinzione del Partito. Lo dice l’ex Pm di Venezia Carlo Nordio: “Io capisco punire Belsito, anzi sono d’accordo, ma cosa c’entra ora Matteo Salvini e la nuova Lega? Un conto sono i soldi frutto della truffa, un altro sono le donazioni degli imprenditori, dei politici e dei 2 per mille. In questo modo si crea sconcerto nell’opinione pubblica che crede nella democrazia”. Matteo Salvini però durante un’intervista a Radio 24 lo scorso luglio ha smentito la creazione di una nuova forza politica, una “exit strategy” ipotizzata per evitare di vedersi sottratti anche i fondi futuri.

Il punto fondamentale è anche un altro: non è detto che 49 milioni siano la cifra corretta, visto che i giudici non sono riusciti a stabilirlo con esattezza. E’ sempre Nicola Porro che lo fa notare: “Bossi e Belsito sono condannati per aver sottratto dei soldi che la Procura (pare incredibile ma è così) non è riuscita a quantificare con esattezza (nelle sentenze si stima una cifra tra uno e tre milioni di euro, ma è solo una ipotesi perché non tutti i movimenti sono stati ricostruiti). Quindi 49 milioni di euro non è il totale dei soldi “sottratti” ma piuttosto il totale dei rimborsi percepiti negli anni per le elezioni politiche e regionali. I magistrati comprendono in questo totale tutti i fondi: sia quelli lecitamente percepiti che gli altri, sottratti dalla truffa. C’è una bella differenza” sottolinea Porro, che aggiunge: “Come mai nel caso di Lusi i fondi sottratti sono stati dieci volte di più (27 milioni invece di un massimo di 3), ma il finanziamento non è stato revocato? Anzi: come abbiamo visto i magistrati hanno restituito alla Margherita i soldi sequestrati a Lusi”. Un parlamentare della Lega, come riporta agi.it, parla addirittura di irregolarità per 300mila euro. La stessa cifra nominata da Salvini durante la puntata di “Porta a Porta” dell’11 settembre 2018: “Venne contestato a Bossi e Belsito, quindi persone che c’erano 10 anni fa, di aver mal utilizzato una cifra tra i 300/400 mila euro. E io dissi fin da subito che il resto erano contributi dati dallo Stato perché gli Italiani votavano la Lega”, ribadendo anche che il denaro che entra nelle casse del partito è un contributo. “E’ una follia che nel 2018 sequestrino un contributo di 10 euro dato da un pensionato di Milano, di Roma o di Torino perché nel 2008 qualcuno ha usato male 300mila euro”.

Rimane poi un ultimo punto, quello del riciclaggio a carico di ignoti: l’ipotesi, secondo la Procura di Genova, è  che i soldi chiesti e incassati illecitamente dalla Lega ai tempi di Bossi e Belsito, non siano stati ancora spesi ma nascosti, forse in fondi all’estero tra Bolzano e un fondo fiduciario in Lussemburgo. “Quello che esce è tutto certificato, non da una ma da due società di revisione dei conti esterne” – ha detto Salvini da Bruno Vespa – “non so come possano andare a cercare i soldi in Lussemburgo, in Svizzera, in Liechtenstein. Quello che avevano ce l’hanno sequestrato. Non sono preoccupato, siamo nati senza una lira, anche se, come dice Nordio, si tratta di un’operazione strana, particolare. L’unico precedente è in Turchia: io credevo di vivere in un Paese dove fino a prova contraria, fino ai 3 gradi di giudizio, tu fossi innocente. Detto questo: i giudici facciano il loro mestiere. Finché gli Italiani ci sostengono, io vado avanti, non ho tempo come fa il PD di fare correnti, di fare congressi, di fare cambio di simboli”.

Fonti: Porta a Porta, blog Nicola Porro, Il Sole 24 Ore

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