E’ accaduto il 26 luglio scorso – ma la notizia è stata resa nota solo oggi – La piccola Gaia Trimarchi, sette anni, bambina romana residente al Portuense, talento del nuoto e atleta del circolo sportivo Fitness Sporting Club 2016 stava partecipando a una gita. Mentre raccoglieva conchiglie sulla spiaggia si è messa a gridare disperata per il dolore.
Gaia è stata punta da una medusa, una cubomedusa, che le ha provocato uno choc anafilattico. Figlia di un italiano e di una filippina, la bimba si trovava nel paese natio della madre per una vacanza con i parenti sull’isola di Sabitang Laya.
«Mia figlia – ha detto la madre – amava raccogliere conchiglie nell’acqua bassa, per questo all’inizio ci siamo molto sorpresi che si fosse messa a gridare in quel modo». Con la bambina c’erano gli zii e anche il suo allenatore. La piccola si è rivolta proprio alla mamma dicendole: «Che mi è successo? Ti prego non mi portare più al mare, questa è l’ultima volta». All’improvviso sono comparse bolle viola su una gamba e anche su una mano . I soccorsi sono scattati subito, ma a bordo della barca utilizzata per la gita non c’era nè il kit di pronto soccorso e nemmeno l’aceto che può essere utilizzato in un primo momento per arrestare gli effetti delle punture da medusa. La bambina è stata trasferita con l’imbarcazione in 30 minuti dall’isola alla spiaggia più grande del posto, quella di Caramoan e da lì con una motocarrozzetta fino all’ospedale della località balneare. Ci sono voluti altri dieci minuti. Troppo tempo: gli effetti dello choc allergico erano devastanti. L’allenatore ha praticato la respirazione bocca a bocca durante la corsa verso la spiaggia ma è stato inutile.
«Mi è morta fra le braccia – dice la mamma – dobbiamo fare in modo che questa tragedia sia una lezione per tutti».
«Aveva le pupille dilatate ed era in fin di vita» spiega un medico, Minerva Aguirre. «Eravamo pronti a somministrarle alcuni farmaci, ma non abbiamo potuto farlo perché ormai era troppo tardi. Una settimana prima è morta un’altra bimba, di sei anni, sulla stessa spiaggia».
Se i turisti fossero stati avvertiti della presenza di in acqua di quella specie di meduse e ci fosse stato un kit di pronto soccorso Gaia sarebbe ancora viva. «Non c’erano segnali, l’accompagnatore non ci ha detto nulla» afferma la madre. Edcel Alarcon, che si trovava al timone della barca, si è giustificato dicendo di aver informato il gruppo di turisti della presenza di quelle meduse e di non trattenersi per più di 15 minuti. “Pensavo si sarebbero limitati a scattare foto e a non scendere in acqua” ha detto. Un collega del timoniere, Prospero Ortil, ha invece raccontato di aver «messo gasolio sulle ferite della bimba, perché era tutto quello che avevo sulla barca. Ho detto alla madre che sarebbe stato meglio portarla subito in ospedale. Non avevamo aceto perché non era previsto che i turisti pranzassero a bordo. Si erano portati dietro pietanze cucinate a Manlawi». Le autorità di Caramoan hanno ammesso che ci sono lacune nell’addestramento delle guide locali. «Le dovremo colmare presto, dopo quello che è successo abbiamo organizzato dei meeting per analizzare l’accaduto e fare in modo che non accada mai più»