“Prima i migranti, dopo i rom, ora me”. Saviano denunciato dal Ministro si difende

Roberto Saviano querelato dal Ministro dell’interno Matteo Salvini, come riportato dall’Ansa. Sembrava inevitabile, del resto. Forse il solo Saviano si cullava nell’idea dell’impunibilità, convinto il solo atteggiarsi a Maître à penser accreditarsi come la sola persona onesta in un mondo di stupidi o collusi poteva proteggerlo dalla giustizia ordinaria. Ha ritenuto di poter continuare con le sue provocazioni da guappo di cartone, Saviano, tentando di alimentare il proprio falso mito. Oggi Repubblica lo intervista. Le risposte dello scrittore chiariscono ancora una volta “l’equivoco Saviano”: uno scrittore di inchiesta e denuncia che ha rinunciato ad esserlo per trasformarsi in qualsiasi haters che basa le proprie accuse su rumors e sentito dire, sui luoghi comuni della contrapposizione. E pretende l’immunità, in ragione del proprio ruolo. Perchè lui è Saviano, non un cittadino, non un hater qualsiasi. Così da poter vivere pigramente di rendita, dai sicuri proventi dell’essere “lo scrittore contro“. Un inganno, neanche ben pensato. Repubblica soccorre lo scrittore con domande facili facili, a cui Saviano risponde secondo copione- Lo scrittore, a cui non manca l’inventiva l’inventiva dell’uomo messo spalle a muro da sè stesso, ha trovato in poche ore un nuovo alibi, il nemico di comodo per il gioco del martirio: Putin, nientemeno. Una strategia bambinesca, con la consueta faccia tosta.

Saviano, denunciato, parla di PutinSalvini dice che la querela da ministro perché le sue affermazioni sui legami tra la Lega e ‘ndrangheta danneggiano l’istituzione. È un motivo accettabile?” Domanda Repubblica e Saviano risponde citando fonti giornalistiche – l’Espresso – e nessun atto giudiziario o sentenza. Ma tanto è bastato allo scrittore per insultare il Ministro e, ora, per rispondere come un adolescente: «Dei rapporti Lega-‘ndrangheta non parlo io ma la magistratura che ha dimostrato la presenza di `ndranghetisti ai comizi di Salvini; che Vincenzo Giuffrè, l’uomo come ha raccontato l’Espresso che ha determinato l’exploit di Salvini a Rosarno, è stato in società con nomi dei clan Pesce e Bellocco. Ma di cosa stiamo parlando? Il tentativo di Salvini è uno solo: affermare con forza “il governo sono io“».

II livello dello scontro si è alzato dopo la battuttacia del ministro sulla sua scorta – chiede ancora Repubblica  – Lei l’ha definito ministro della malavita. Siete andati troppo sul personale? «Ho sempre criticato e criticherò sempre le idee politiche di Salvini Chi ha interesse a metterla sul piano personale è lui. Sennò che senso avrebbe mettere baci, faccine, carezze, riferimenti all’essere padre come se stesse in una chat di whatsapp. Fa gesti autoritari poi cerca di condirli con il sorriso. Un modo di fare mellifluo che diventa ancora più violento e tenta di linciare sulla pubblica piazza dei social chi non la pensa come lui».

L’uso della carta intestata del ministero è una mossa autoritaria? «Serve a dire che il governo del cambiamento non tollera il dissenso e il dissenso sarà oggetto di persecuzione».

I toni si sono alzati un po’ troppo da tutte e due le parti? «Il linguaggio di Salvini è di per sé una discesa agli inferi. Quando dice parlo da padre, ad esempio, lo fa con spietatezza e crudeltà cercando di lavare la coscienza a tutti i suoi elettori e anche agli elettori 5S».

“Continuerà a definirlo Ministro della malavita?«Assolutamente sì».

“Crede ci sia bisogno di una reazione collettiva contro il governo, contro la Lega? «Una reazione collettiva non serve per difendere me. Saviano è la persona da colpire per educare tutti gli altri. Questo è un messaggio a tutti gli intellettuali che non stanno tra l’altro prendendo posizione con poche eccezioni. Se artisti, scrittori, intellettuali tacciono è perché hanno paura dei picchetti social, delle allusioni sui loro beni, sulle loro proprietà. Ma oggi è sotto attacco lo stato di diritto. Prima i migranti, poi i rom, poi verrà il turno della libertà di. espressione. Le libertà sono cose che interessano solo le élite: questo è il messaggio che si vuol far passare. Al popolo che gliene importa? È quello che sta accadendo in Turchia con Erdogan. Può capitare anche da noi».

Saviano ribadisce il pensiero in un post, in cui chiede di non essere lasciato solo  «Non l’ho mai fatto, ma vi chiedo di essere oggi con me in questa battaglia: dietro l’angolo c’è la Russia di Vladimir Putin, modello del ministro della malavita che, come è noto, ha spesso portato alle estreme conseguenze il contrasto al dissenso. “Tocca agli uomini di buona volontà prendersi per mano e resistere all’avanzata dell’autoritarismo. Anche di quello che, per fare più paura, usa la carta intestata di un ministero, impegnando l’intero governo contro uno scrittore. E sono sicuro che in questo ‘governo del non cambiamento’ nessuno fiaterà, aggrappati come sono tutti al potere. Io non ho paura».

Vede un’opposizione che reagisce o come dicono i sondaggi si avverte solo la sua assenza? «Se è vero che il Pd ha invitato Luigi Di Maio, l’inventore della formula “taxi del mare”, penso che di sinistra riformista in questo paese possiamo parlare tranquillamente al passato. Bisogna ricostruire tempo e orgoglio, non battere in ritirata, boicottare le loro menzogne senza paura di essere accusati odi vedere la propria vita messa nelle mani degli haters. È un lavoro da fare lentamente senza scorciatoie. II passato si è polverizzato ma non i valori per cui battersi. Ci vuole l’orgoglio non di vincere ma di convincere, recuperando tutte le forze che sono state messe ai margini dalla sinistra italiana. Chi non ne può più delle menzogne perenni deve smentirle dappertutto: a tavola, sui social, in ufficio, in autobus, in palestra. Si può ancora ricostruire qualcosa oltre il livore, contro il governo del risentimento che ha solo bisogno di bersagli».

Come si spiega la sottomissione dei 5stelle alle politiche della Lega? C’è un tratto razzista anche in loro? «I 5 stelle si sono piazzati al potere, lo hanno fatto le loro classi dirigenti, e non hanno alcuna intenzione di mollarlo. Anni per mostrarsi diversi dagli albi, giorni per diventare identici. Alleati di un’organizzazione politica che ha rubato, come dimostra l’inchiesta sui 49 milioni. Eppoi quando ascolto Toninelli tutta questa differenza con la Lega non la colgo».

Fonti: Ansa, Repubblica

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