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E’ morto da uomo libero: mangiò una ragazza olandese. I giudici non lo condannarono

Un uomo che certamente passerà alla storia. Issei Sagawa, meglio conosciuto come il cannibale di Kobe, è morto. Aveva 73 anni.

I fatti risalgono al 1981. In oltre 40 anni mai un segno di pentimento. Anzi. Quando venne catturato, disse che nutrirsi della sua vittima era per lui un atto di amore supremo.

Issei Sagawa (foto web) Leggilo

Oltre a tutta questa tremenda vicenda nella quale una donna è stata violentata, uccisa e mangiata ciò che fa specie è che Sagawa sia morto da uomo libero. Il 73enne negli ultimi anni viveva in una casa alla periferia di Tokyo dove nei giorni scorsi è deceduto a causa di una polmonite, come ha spiegato il fratello minore. Nel 1981, quando studiava in Francia,  invitò a cena in casa sua una compagna di studi, l’olandese Rene’e Hartevelt. La violentò la uccise sparandole al collo con un fucile, e infine ne smembrò il corpo per mangiarsela. Quando venne scoperto, nei giorni successivi, aveva già mangiato alcuni pezzi del corpo della vittima mentre altri vennero trovati nel congelatore di casa. Venne arrestato nel tentativo di seppellire alcuni resti nel parco Bois de Boulogne. “Mangiarla è stata un gesto supremo d’amore” -disse agli agenti.

Il cannibale di Kobe morto da uomo libero

Morto il cannibale di Kobe (foto web) Leggilo

Parole scioccanti che, però, gli fecero ottenere una perizia psichiatria di infermità mentale. Sagawa venne rinchiuso in un psichiatrico dove però restò solo qualche anno. Nel 1985 infatti fu estradato in Giappone dove però fu rimesso in libertà. Le autorità del suo Paese decretarono che l’uomo era in grado di intendere e volere, ma le accuse a suo carico erano decadute in Francia e quindi Sagawa tornò libero. Non solo: grazie alle numerose interviste e ai documentari su di lui ha ottenuto popolarità e denaro. Mai un cenno di pentimento. In una delle ultime interviste prima di morire aveva dichiarato: “Sono ossessionato dal cannibalismo. Il mio desiderio di mangiare una donna è diventato imperativo”. E sembra non mostrare segni di pentimento nemmeno Alessia Pifferi, la mamma della piccola Diana, morta di fame e di stenti in un appartamento nella periferia di Milano. La madre aveva lasciato la piccola sola in casa per una settimana. Al suo ritorno l’ha trovata morta.

 

Pubblicato da
Samanta Airoldi

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