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Cronaca

40 mila persone hanno chiesto aiuto e sono state lasciate morire in mare, dice Òscar Camps di Open Arms

Oscar Camps parla della sua esperienza con Open Arms nell’intervista a Fanpage.

Oscar Camps / Facebook I Ragazzi del Cinema Ameica

Oscar Camps, classe 1963, fondatore della Ong Open Arms che negli ultimi anni è stata protagonista di innumerevoli salvataggi e anche alcune controversie con le leggi europee sull’immigrazione, è stato intervistato da Fanpage a seguito della presentazione del film ‘Open Arms’ al Festival del cinema di Roma. Un progetto durato circa 4 anni che ripercorre la vita e le missioni dell’organizzazione, fondata nel 2015, e che per le sale italiane verrà distribuito da Adler Entertainment. Oscar Camps, interpretato nel film da Eduard Fernandez ha commentato questa esperienza sottolineando la motivazione che lo ha spinto ad accettare la proposta del regista Marcel Barrega, ossia la voglia di raccontare non la propria storia personale ma quella di migliaia di vite che hanno attraversato il mare per cercare un domani migliore e che sono state salvate da Open Arms; anche per questa ragione nella pellicola recitano dei veri profughi “Non volevamo trattare i migranti come esseri anonimi e disumanizzati, ma come esseri umani, compagni di strada e non forestieri” ha spiegato il regista.

Nell’intervista viene chiesto quanto sia cambiata la situazione in Europa per quanto riguarda il flusso migratorio del Mediterraneo dal 2015, anno in cui ha deciso di fondare la sua Ong, e l’attivista risponde mestamente che purtroppo non è cambiato molto a livello di cooperazione e di azione politica, ma rispetto a 6 anni fa il tema è molto più sentito ed è chiara a molte più persone la grande crisi umanitaria che stiamo vivendo; nonostante i salvataggi in mare continuino nella totale immobilità dell’Unione Europea, Camps afferma che quello che succede in mare “ha smesso di essere un segreto” molto tempo fa, e che i governi europei continuano da 5 anni a declinare la responsabilità di tutto ciò facendo scarica barile gli uni con gli altri, piuttosto che mostrare più solidarietà, soprattutto i paesi che si affacciano direttamente sul Mediterraneo come Italia, Spagna e Grecia. Infine aggiunge “speriamo che questo film aiuti a mettere a nudo il tema politico ed evidenziare quanto sia importante salvare vite in mare”.

Il film inizia nell’autunno del 2015 quando Oscar, dopo aver visto le immagini di Alan Kurdi il bambino annegato in mare, decide di partire per Lesbo insieme all’amico e collega Gerard per dare una mano, mettendo a disposizione la propria conoscenza e capacità professionale accumulata dopo anni di lavoro in una società specializzata in salvataggi in mare. Il film “parla del salvare le vite in mare, qualcosa che in questi anni è diventato un reato” ha spiegato Oscar “purtroppo la classe politica attuale è decisamente mediocre e non ha intenzione di trovare una soluzione al problema” e aggiunge ” quando lasciamo le persone che abbiamo recuperato in mare proviamo vergogna, vergogna perché sappiamo quello che succederà”.

Prima o poi la storia ci metterà di fronte a questo momento così oscuro. Ci metterà di fronte ai nostri nipoti e pronipoti. E allora ci vergogneremo tutti. Tutto il mondo si chiederà che cosa stavamo facendo in quel periodo, in quella epoca, quando abbiamo lasciato morire nel Mediterraneo oltre 40 mila persone senza prestare aiuto e criminalizzando chi stava provando a farlo

Pubblicato da
Chiara Cipolloni

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