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Cronaca

“Se leggi queste parole vuol dire che sono morto” 17enne va a trovare il padre e decide che sarà l’ultima volta

Una lettera trovata quando ormai era troppo tardi. Un ragazzino di 17 anni la vittima: orse si sarebbe potuto salvare.

Il suicidio è sempre l’estrema richiesta di aiuto di una persona che si sente sola, abbandonata, con le spalle al muro. orse, se si arriva in tempo a tendere una mano, si può anche salvare una vita. Non è stato così per il ragazzino di 17 anni che si tolto la vita nella serata di giovedì 9 settembre, intorno alle ore 21. Il giovane si è gettato  sotto un treno alla stazione di Querceta, comune di Seravezza, in provincia di Lucca. Il ragazzo, figlio di genitori separati, viveva con la mamma a Padova. Si trovava in Versilia perché era andato a trovare il padre che vive ed era  Pietrasanta.  A scuola, il 17enne era stato rimandato e proprio quel giovedì avrebbe dovuto sostenere l’esame per recuperare i crediti formativi. Forse la paura di non farcela, il timore – che talvolta diventa terrore e ansia paralizzante – di deludere i genitori. Le ipotesi sono mille, la realtà una: un ragazzino ha scelto di morire piuttosto che vivere.

Pochi giorni  prima di partire per andare dal papà, il ragazzo aveva lasciato ad un amico una scatolina chiusa con un lucchetto e un codice numerico dicendogli che giovedì gli avrebbe inviato i numeri mancanti per aprire la scatolina. Promessa mantenuta:  giovedì 9 settembre, alle ore 19 spaccate, il 17enne ha inviato il codice all’amico chiedendogli però di aprire l’involucro alle 21 e non prima. L’amico, senza sospettare nulla ha – purtroppo – rispettato le indicazioni del 17enne e  ha aspettato fino alle nove di sera. Quando poi si è deciso ad aprire il “pacchetto” era troppo tardi e si è trovato a fare i conti con una sorpresa agghiacciante: “Se leggi queste parole, vuol dire che sarò morto” – questo l’incipit di una straziante lettera d’addio. Purtroppo tra gli adolescenti girano anche chat in cui i ragazzini si scambiano consigli su come togliersi la vita. L’isolamento dovuto alla didattica a distanza ha peggiorato la situazione e amplificato questo tipo di problemi.

Pubblicato da
Samanta Airoldi

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