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Il Premier promette una legge per cambiare l’Italia ma il problema è dopo l’estate

Commissari e stazioni appaltanti gli argomenti che hanno acceso la discussione, mentre slitta la lista delle opere pubbliche da iniziare immediatamente. Scontro con Renzi sulle modifiche del reato di abuso d’ufficio. 

Circa 6 ore di Consiglio dei Ministri, dove si è lottato nella Maggioranza articolo per articolo – ne saranno poi 48 in più di 100 pagine – per arrivare al via libera del Decreto Semplificazioni, “salvo intese”. Il Premier Giuseppe Conte si dice soddisfatto e poche ore dopo partirà soddisfatto per Lisbona per un’altra tappa per la mission di Bruxelles. “È stata una gestazione sofferta. È una rivoluzione senza precedenti”, ha dichiarato – con entusiasmo un pò teatrale il Capo del Governo. Ma la data della pubblicazione ufficiale in Gazzetta non c’è, per quella che pochi giorni fa è stata denominata “la madre di tutte le riforme”. E non è certo finita, dal momento che tutti attendono il nemico al varco: il passaggio parlamentare rischia di diventare incandescente. La lista delle opere ha avuto un ok formale – da una parte Leu che vorrebbe ridurle, dall’altra Italia Viva che ne vorrebbe aggiungere altre – mentre i Dem, ad inizio riunione, hanno subito bloccato l’iniziativa Conte-M5S di dare più poteri al Mise (guidato da un grillino). E non è ancora chiusa la partita nemmeno sul fronte della modifica del reato di abuso d’ufficio: mentre Conte spiega che: “D’ora in avanti rischierà di più il funzionario pubblico che tiene ferme le opere, non chi le sblocca”, il Guardasigilli Alfonso Bonafede promette verifiche ministeriali sul provvedimento.

La lista delle opere pubbliche da portare a termine è stata inserita, come spiega Repubblica, nel piano “Italia Veloce” del Ministero delle Infrastrutture guidato da Paola De Micheli. Si tratta di opere la cui realizzazione seguirà il cosiddetto “Modello Genova” affidata a commissari nominati ad hoc dall’Esecutivo, che avrà ad ogni modo tempo sino alla fine dell’anno per le nomine, che comprende oltre 130 cantieri (dal valore di 200miliardi), alcuni dei quali già in funzione ma bloccati dalla burocrazia a causa di contenziosi. Scontro sulle deroghe per gli appalti anche alla stazioni appaltanti che, in base alla bozza dell’accordo, avranno la possibilità di avviare una gara d’appalto con gli stessi poteri dei commissari, salvo le norme che regolano la sfera penale, antimafia e sulla sicurezza sul lavoro. Il Decreto, che dovrebbe denominarsi “Programma Nazionale di Riforma”, e che include anche il Ddl di assestamento di bilancio e rendiconto dello Stato.

Le stazioni appaltanti, gli Enti che possono cioè indire una gara d’appalto, potranno avviare un affidamento diretto dei lavori sino a 150mila euro o con la procedura negoziata. Mentre resteranno ferme, come spiega Open, fino al 31 luglio del 2020 le opere pubbliche inferiori ai 5,3 milioni di euro. Obiettivo del Governo è tagliare di netto i costi ed i tempi della burocrazia: portare a 2 mesi le procedure per gli affidamenti diretti e a 6 mesi quelle per le grandi opere (ovvero le opere il cui costo supera i 5,3 milioni). Il Cdm segna un passaggio fondamentale: esso offre infatti le linee guida di quello che diventerà in autunno il Recovery Plan da presentare a Bruxelles per l’accesso al Next Generation Eu. Il Premier Conte ha avuto fretta di chiudere dal momento che vorrebbe portare, presso la riunione del prossimo Eurogruppo, quantomeno una bozza del programma.

La sensazione è che invece, sul fronte delle modifiche al reato di abuso d’ufficio, ci sarà spazio per un dibattito acceso in Parlamento. Questo perchè gli alleati della Maggioranza non sono riusciti a convincere Italia Viva di Matteo Renzi della buone intenzioni del provvedimento. I renziani, infatti, hanno apposto nero su bianco a verbale la loro riserva sulle modifiche. Ad oggi ricorre nel reato di abuso d’ufficio chiunque: “Si procuri un vantaggio violando le norme o i regolamenti”. Mentre, stando alla bozza, con il nuovo provvedimento, sarà punibile chi: “Viola specifiche regole di condotta previste dalla legge e dalle quali residuino margini di discrezionalità”. Approvato infine il Durc, ma al cui interno è stata stralciata, su richiesta del Ministro della Salute Roberto Speranza, la norma che aumentava le percentuali di subappalti.

Resta, dunque, la difficoltà dell’Esecutivo di stilare un cronoprogramma adatto alla fase emergenziale – resta sul livello arancione quella sanitaria – economica. Ci sono voluti infatti circa 60 giorni per approvare questo provvedimento, ennesima prova di come questo Governo miri più alla sopravvivenza, che alla sua effettiva riuscita amministrativa. E, di fatti, Conte e i suoi sono pronti a procrastinare, a dopo l’estate, anche gli altri tre grandi appuntamenti – e altrettante divisioni nella Maggioranza – per l’Esecutivo giallo-rosso. In primo luogo vietato parlare di Mes: sia per non compromettere per le trattative sul Recovery – il Mes potrebbe essere più digeribile a settembre con i fondi della Commissione confermati – sia per non indispettire i 5 Stelle. Secondo punto: lo scostamento di Bilancio. Il Governo chiederà altri 15 miliardi di deficit, ma per farlo dovrà passare indenne da Palazzo Madama e da Montecitorio. Pericoloso farlo ora, con una Maggioranza così risicata, meglio aspettare un eventuale patto per la tenuta del Governo (con Forza Italia?). In un ultimo la riforma elettorale, che vedremo slittare dal 27 luglio – data del voto delle Aule – a settembre. Prima c’è da superare l’ostruzionismo di Matteo Renzi che, valutazione dei sondaggi alla mano, non può accettare una soglia di sbarramento al 5%.

 

Fonte: Repubblica, Open

 

 

Pubblicato da
Mario Cassese

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