Famiglie medici di base non saranno risarcite, le assicurazioni: “Covid non è infortunio sul lavoro”

Liberi professionisti che durante la pandemia si sono ammalati di Covid, stipulando un’assicurazione privata, non saranno risarciti. Chiesto l’intervento del Ministro del Lavoro Catalfo. 

La beffa per medici e operatori sanitari delle assicurazioni private: "Covid non coperto come infortunio sul lavoro" - Leggilo.org

Medici di base (anche i pediatri di libera scelta), dentisti, tecnici sanitari (infermieri, radiologi ecc…), farmacisti e operatori vari che si sono ammalati sul posto di lavoro a causa dell’infezione da Covid-19, e hanno sottoscritto un’assicurazione privata, non saranno indennizzati o, nel caso della loro dipartita, le loro famiglie. Questo perché le compagnie assicurative non riconoscono la malattia causata dal Coronavirus come infortunio sul lavoro. Una storia incredibile, portata a galla da un’inchiesta de Il Corriere della Sera, che mette sotto i riflettori le differenze di trattamento infortunistico-previdenziale di queste categorie con coloro che sono stati assunti in strutture ospedaliere pubbliche e private. L’Inail, infatti, a differenza delle compagnie assicurative, considera l’infezione da Covid-19 come infortunio sul lavoro, prevedendo il trattamento economico adeguato in caso di invalidità. Come nasce questa disparità? Lo ha spiegato al Corsera Patrizio Rossi, Sovrintendente Sanitario Nazionale dell’Inail, che ha precisato che la classificazione nelle possibilità di un infortunio sul lavoro di una infezione era differente tra pubblico e compagnie private ben prima della pandemia.

Da un punto di vista giuridico, non c’è differenza di interpretazione di un infezione, ma le assicurazioni private: “Hanno sempre escluso tutte le malattie infettive dall’indennizzo, a meno che non siano collegate direttamente a una lesione subita in precedenza”. Ma questa visione è obsoleta non certo adatta per una malattia – il Covid – che di per sé costituisce a tutti gli effetti un evento lesivo, causato da una conseguente esposizione esterna (il contatto con i pazienti infetti visitati, appunto).  E, conclude Rossi: “Quello è tecnicamente è considerato un infortunio dalla medicina-legale”. Il Sovrintendente ha annunciato che l’Inail ha costituito un gruppo di lavoro in seno all’Ente per varare la possibilità di estensione della tutela prevista per i medici assunti nelle aziende e strutture ospedaliere a tutti gli altri liberi professionisti. La questione è estremamente delicata – sia da un punto di vista umano –  sia da un punto di vista professionale-giuridico.

I medici di medicina generale svolgono un servizio pubblico in convenzione con il Servizio Sanitario Locale. Questo è un passaggio fondamentale dal momento che i medici di base – pagati dal SSN per le visite a domicilio – non possono rifiutarsi di recarsi a casa dei pazienti. Stiamo parlando, chiaramente, in merito alla pandemia deii primissimi periodi dell’infezione. Non erano ancora attivi i protocolli e numerosi medici di base, recandosi in visita domiciliare, vennero a contatto con pazienti infetti (che non sapevano di esserlo) e risulta inverosimile che ciò non costituisca un infortunio sul lavoro. Lo stesso dicasi per i farmacisti ( tra le pochissime attività aperte a contatto con il pubblico durante la pandemia) e tutti gli altri liberi professionisti che hanno continuato, pur nel rispetto delle norme, il loro prezioso lavoro.

Questi professionisti hanno stipulato una polizza assicurativa che copre i danni da infortuni, pagando in media tra i mille e i duemila euro l’anno. C’è una sezione apposita che copre anche le malattie (oltre agli infortuni) ma di norma non viene conteggiata, dal momento che il SSN avrebbe coperto le cure. Come aggiunge Fanpage, i numeri sono allarmanti: dall’inizio della pandemia l’Inail ha ricevuto 49.021 denunce per infortunio sul lavoro, 236 decessi nel settore della sanità. Tra questi la categoria più colpita è quella dei tecnici della salute (40,9%), seguiti dagli operatori socio-sanitari (21,3%), dai medici (10,7%) e dagli operatori socio-assistenziali (8,5%). Anche il maggiore numero di decessi è stato registrato tra i tecnici della salute (12%, di cui il 60% infermieri) seguiti dai medici (9,9%) e dagli operatori socio-sanitari (7,8%). Bene tra questi, soltanto coloro che godono della tutela Inail saranno risarciti.

Dall’inizio dell’infezione Covid sono deceduti 171 medici di base e 17 infermieri. Il Segretario Generale del Sindacato Medici Italiani, Pina Onotri, ha lanciato un appello al Parlamento, al Ministro del Lavoro (competente sul caso) Nunzia Catalfo ed anche al Ministro della Salute Roberto Speranza, affinchè tutti questi lavoratori – che hanno contribuito all’abbattimento della diffusione del virus, in alcuni casi anche a costo della vita – possano essere tutelati. Spiega Onotri: “Restiamo basiti, occorre uno strumento normativo adeguato che riconosca ai medici convenzionati le tutele previste per tutti gli altri lavoratori”. E conclude: “Si tratta di un riconoscimento di un diritto dovuto a chi ha sacrificato la propria vita a difesa della salute dei cittadini”.

 

Fonte: Il Corriere della Sera, Fanpage

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