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Economia

400 miliardi di garanzie statali promessi da Conte. Ma le banche hanno paura e l’Europa anche

Il Decreto rilancio, annunciato dal Governo nel mese di aprile per risollevare l’economia in seguito alla crisi innescata dal Coronavirus, potrebbe racchiudere più di qualche insidia per le imprese e il sistema bancario. 

La famosa “potenza di fuoco di 400 miliardi” che il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il Ministro delle Finanze Roberto Gualtieri annunciò in diretta nazionale è al vaglio dei tecnici delle Aule. Come spiega Fanpage, i fondi messi a disposizione – 200 miliardi per il mercato interno e altri 200 per l’export – garantiti dallo Stato, pur rappresentando una parte degli interventi, sono stati salutati positivamente dalle imprese. Ma il meccanismo non è andato in porto e il sistema bancario, nel tentativo di tutelare i propri interessi, ha preferito saldare i prestiti già avviati con le garanzie dello Stato. Le imprese si sono dunque trovate senza la liquidità necessaria per risolvere la crisi incombente. Come spiega Il Giornale le criticità del Decreto sono state messe in evidenza dai tecnici di Palazzo Madama. I primi dubbi sono stati sollevati dall’ex Sottosegretario all’Economia del Governo Monti, Enrico Zanetti, che ha avvertito l’Esecutivo del pericolo di un provvedimento non contabilizzato dallo Stato. Esaminato alla Camera lo scorso 27 maggio il decreto ha ricevuto un parere positivo, ed è stato dunque presentato al Senato. Dopo aver attentamente analizzato il documento, i tecnici hanno manifestato seri dubbi in merito alle garanzie Sace, che potrebbero avere un forte impatto sui conti. Il rischio è che questa forma di aiuto dello Stato possa trovare l’opposizione dell’Eurostat, ossia dell’Ufficio statistico dell’Unione europea.

Inoltre, le modifiche apportate al decreto per garantire prestiti alle aziende ora in crisi non determinano maggiori oneri per la finanza pubblica, ma comporteranno un più rapido utilizzo degli stessi prestiti e quindi la necessità di futuri rifinanziamenti. A ciò si aggiunge anche il fatto che, secondo il parere dei tecnici del Senato, le garanzie Sace sono considerate come “non standardizzate”. Possono essere pertanto contabilizzate in termini di saldo netto, ma non in termini di indebitamento netto: ovvero non verranno inserite nel deficit da presentare a Bruxelles, ma solo come saldo futuro. Secondo i tecnici del Senato: “Il saldo non sembrerebbe ispirato a criteri di sufficiente prudenzialità”. Le regole previste – o meglio le deroghe per la crisi da pandemia Covid – dalla Commissione Ue e Bce permettono tali stratagemmi, ma sta di fatto che, seppur in previsione del Recovery Fund ancora da approvare dai singoli Stati, i finanziamenti non ci sono. E nella migliore delle ipotesi arriveranno l’anno prossimo. Non ci sono dunque stime sugli effetti del provvedimento sui conti pubblici, quindi delle eventuali attivazioni delle garanzie da parte delle banche. Ma, in definitiva, la decisione di prevedere 400 miliardi di euro in medio termine, potrebbe non essere avallata nelle sedi di Bruxelles.

Ma quanti sono i fondi effettivamente messi a disposizione? Un miliardo, rispetto ad un tetto massimo di finanziamenti e garanzie concedibili, fissato appunto a 400. Sono poche risorse anche per i tempi di pace, ma la bomba dell’insolvenza potrebbe scoppiare nelle mani del Ministero dell’Economia. Come ha spiegato Bankitalia: “I tassi di insolvenza potrebbero anche superare quelli del biennio 2012-2013, quando si avvicinarono al 10 per cento”. Insomma il sistema bancario è preoccupato di ritrovarsi altri crediti non esigibili. Tutto questo mentre l’attenzione dell’Ue è tutta rivolta verso Roma. E lo ha detto chiaramente il Vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis: “Se non ci sono riforme, non ci saranno i soldi. Questa è una conseguenza logica ed è così in molti programmi dell’ Ue che sono già in corso”. 

 

Fonte: Fanpage, Il Giornale

Pubblicato da
Mario Cassese

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