Coronavirus, 482 morti in 24 ore. E c’è un’accusa pesantissima: “L’allarme ci fu un mese prima di Codogno”

L’accusa arriva della’Ordine dei Medici di Milano:  l’Assessore regionale Giulio Gallera, nonostante l’organizzazione delle misure di prevenzione fossero in atto già dal 31 gennaio, non comunicò ai medici dell’alto livello di contagiosità del virus. Siamo a 22 giorni prima dello scoppio del focolaio di Codogno.

 

Il bilancio Italia aggiornato ad oggi, secondo la Protezione Civile:

  • Casi attuali: 107.771 (+809)
  • Deceduti: 23.227 (+482)
  • Guariti: 44.927 (+2.200)
  • Totale casi: 175.925 (+3.491)
  • Totale tamponi: 61.725

 

 

Intanto continuano le accuse nei confronti del Presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana e dell’Assessore al Welfare Giulio Gallera, in merito alla gestione dell’emergenza sanitaria sul territorio regionale. Questa volta a puntare il dito contro la Giunta lombarda è Roberto Carlo Rossi, Presidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Milano e Provincia. Ma andiamo per tappe. Come spiega La Stampa, il 22 gennaio, il Ministero della Salute convoca, date le notizie sempre più allarmanti che arrivano da Wuhan, in Cina, un tavolo con la Direzione Generale per la Prevenzione, l’Istituto Superiore della Sanità, i vertici del reparto Nas dei Carabinieri e altri organi competenti in materia di prevenzione e organizzazione sanitaria. Alla fine della riunione il Dicastero della Salute invia una circolare a tutte le Regioni italiane chiedendo di predisporre un piano contro una possibile epidemia da Coronavirus. L’indomani, siamo al 23 gennaio, l’Assessore al Welfare della Lombardia Gallera organizza una task force della Sanità lombarda che ha il compito di elaborare un progetto di prevenzione.

Durante quella riunione, a cui partecipano anche i dirigenti responsabili dell’Ats e dei reparti di Malattie Infettive degli ospedali lombardi, si discute delle misure di prevenzione per il territorio e dell’organizzazione delle strutture ospedaliere in caso di aumento dei contagi. Dirà allora Gallera: “I medici di Asst, Irccs, case di cura accreditate, ospedali classificati e medici di famiglia, devono segnalare i casi sospetti all’Ats di competenza, attraverso procedure informatiche specifiche, gestendo il paziente in stretto raccordo con i referenti delle malattie infettive”. E ancora: “Abbiamo nelle scorse ore emanato alcune indicazioni procedurali importanti per i medici di base e per gli specialisti ospedalieri, in costante raccordo con il Ministero della Salute”. Il 31 gennaio, l’Assessore Gallera annuncia: “I lavori della task force sono al completo e la macchina è pronta. Attende indicazione dal Ministero”.

Queste indicazioni però non sono mai arrivate ai medici ed ai pediatri di base, denuncia Rossi, Presidente dell’Ordine di Milano: “Ai medici di base non sono mai arrivate. E non abbiamo mai avuto notizia del lavori della task force. Peccato, abbiamo perso un mese per prepararci all’emergenza”. Già, perchè il primo caso accertato da Codiv-19 in Lombardia, e nel Paese, il paziente uno di Codogno, nel Lodigiano, verrà annunciato il 21 febbraio, 28 giorni dopo la prima riunione negli uffici della Regione. Anche su tali disposizioni indaga la Procura di Milano, che vuole accertare eventuali ritardi nelle comunicazioni ai medici del territorio. Il sospetto è che, l’eventuale errore commesso dall’Assessorato al Welfare lombardo abbia causato un aumento esponenziale dei contagi, dal momento che i medici di base si sono ritrovati senza protezioni e sapendo poco e nulla dell’alta contagiosità del virus, a contatto con pazienti sospetti.

Dunque Gallera sostiene di aver lavorato di concerto con tutti gli Ordini e i dirigenti delle strutture, mentre l’Ordine di Milano lo accusa di non aver comunicato in tempo le disposizioni della task force. Per il momento nessun commento è giunto dalla Regione alle accuse di Rossi. Ci sono però alcuni dati: nelle prime settimane dell’epidemia il Sistema Sanitario lombardo arriva quasi al punto di saturazione, ed alcune città metropolitane come Bergamo e Brescia vengono travolte dal virus. Mancano, inoltre, materiali protettivi e posti letto di terapia intensiva, mentre i medici, specie quelli di base, vengono lasciati sul territorio a combattere senza misure di sicurezza. La Regione ha sottovalutato la potenza dell’epidemia? Oppure i protocolli previsti dalla task force non sono stati applicati?

La Regione avrebbe potuto evitare provvedimenti di emergenza come la delibera regionale dell’8 marzo, che chiedeva alle Rsa del territorio la possibilità di accogliere pazienti affetti da Covid-19 che accusavano lievi sintomi o fuori pericolo, in modo da alleggerire la pressione delle strutture sanitarie. Delibera, come riporta Andkronos, su cui indagano varie Procure – le Rsa in questione sono sparse su tutto il territorio –  che hanno inviato la Guardia di Finanza negli uffici della Regione per sequestrare tutto il materiale relativo a quel provvedimento. Ma, l’ultimo atto di questa vicenda, è una circolare inviata dalla Regione ai medici di base, datata 23 febbraio ovvero due giorni dopo il primo contagio di Codogno, che ad ogni modo non contiene indicazioni nè sui sintomi nè sulle modalità del contagio dell’infezione.

 

Fonte: La Stampa, Adnkronos

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