Coronavirus, l’America in ginocchio come mai prima: si pensa a fosse comuni al Central Park

Per far fronte all’emergenza delle sepolture dovuta all’aumentare delle vittime del Coronavirus, New York potrebbe fare ricorso a fosse comuni realizzate in alcuni parchi pubblici. L’estrema misura potrebbe scattare se gli obitori non fossero più in grado di accogliere cadaveri.

“The Coronavirus Outbreak”. Così, il New York Times, apre la sezione sul giornale interamente dedicata al Coronavirus, un virus che sembrava lontano dall’America e da tutto il mondo. Eppure, partendo dalla Cina e passando per l’Italia, è arrivata fino all’America di Donald Trump. Il Paese conta ad oggi 10.252 vittime, di cui 4.758 a New York, informa l’Ansa. I casi di contagio sfiorano invece quota 350.000, un numero triplo rispetto a quello dell’Italia. Secondo il governatore Andrew Cuomo, tuttavia, malgrado non si tratti di buone notizie, si starebbe assistendo ad un appiattimento della curva. Positivo sembra essere anche il Presidente Trump che, la mattina del 6 aprile, twitta: “Luce in fondo al tunnel!”. Terrorizza, però, l’idea di sepolture comuni realizzati in parchi pubblici. Una misura estrema, contemplata in uno dei piani di emergenza messi a punto negli ultimi giorni, ma che potrebbe scattare se gli obitori cittadini non fossero più in grado di accogliere cadaveri.

Come sappiamo, l’America sembra divisa in due. Da una parte c’è Trump, diffidente dall’ascoltare i pareri degli esperti, e che ha stanziato già a fine febbraio 8,5 miliardi di dollari per affrontare l’emergenza, salvo poi seguire la via italiana. Dall’altra, ci sono gli scienziati dei Centers for Disease Control and Prevenetion oltre che la task force anti-coronavirus, un team di esperti da cui il Presidente, però, prende più volte le distanze. Come ricorda La Stampa, l’icona del Covid-19 in America sembra essere Andrew Cuomo: è lui ad essersi posto come simbolo della lotta all’epidemia, ottenendo consensi tra democratici e centristi. Cuomo, infatti, non si sottrae ai riflettori, parla alla stampa e trasmette empatia senza trascendere nel confine della leggerezza, quella leggerezza che, invece, ha Trump e che non piace alla gente. Eppure, proprio la politica di austerità portata avanti da Andrew Cuomo in questi anni avrebbe inciso proprio sulla sanità, creando “una bolla che rischia di esplodere sotto il peso della nuova piaga pandemica”.

Sempre secondo La Stampa, lo Stato di New York avrebbe bruciato 20 mila posti letto in due decenni, di cui la metà sono trascorsi sotto la gestione Cuomo. Il governatore negli ultimi dieci anni, ha chiuso, snellimento e accorpamento diversi ospedali pubblici. Nel 2013, ad esempio, ha approvato la chiusura del Long Island College Hospital di Brooklyn con 500 posti letto, nonostante le forti proteste della comunità. Inoltre, la legge di bilancio per l’anno fiscale 2021, che ha firmato venerdì, riduce di 400 milioni i fondi statali destinati al Medicaid, il programma con cui si fornisce assistenza ai più poveri. Gli ospedali di Brooklyn potrebbero così perdere 38 milioni all’anno, mentre quelli di Manhattan rischiano tagli sino a 58 milioni all’anno.

Ad accorrere in soccorso di New York è stata la Cina, che ha inviato mille respiratori. E anche la Grande Mela, oltre che l’America – da sempre simbolo di forza e potenza economica – sembra barcollare investita dall’onda dell’epidemia. L’America dovrebbe vedere il suo picco della malattia in circa sette giorn e, chiaramente, oltre alla preoccupazione sanitaria c’è il tracollo economico. Aziende tipo Apple sentono gli effetti del virus, ricordava già a Gennaio Il Sole 24 ore,  e i ribassi a Wall Street hanno il sapore di una crisi da 1929.

I disagi di Trump

Trump dà insomma l’impressione di inseguire più il suo istinto che la scienza. Il team di scienziati chiamati a fronteggiare l’emergenza sanitaria resta più che altro una questione di forma, inascoltato e preso poco in considerazione. Inascoltati – secondo la stampa americana – restano anche le voci del virologo Anthony Fauci e dell’immunologa Deborah Birx, i massimi esperti in America nel campo delle malattie infettive. L’ennesimo scontro avrebbe riguardato, tra le altre cose, la possibilità di far ricorso o meno ai farmaci antimalaria per curare il Covid-19.

Trump insiste sull’uso di clorochina e idroclorochina, mentre i virologi si tengono lontani dal farlo. Il vicepresidente Mike Pence ha comunque annunciato che l’idroclorochina sarà sperimentata su 3.000 pazienti contagiati dal coronavirus all’Henry Ford Hospital di Detroit, in Michigan, e che il governo Usa lavorerà per mettere milioni di dosi del farmaco a disposizione delle aree del Paese interessate dai principali focolai del Covid-19. Questa la linea scelta da Trump, che si trova immerso – come molti altri Stati – alle prese con un’emergenza senza precedenti.

Tra l’altro, scrive Tgcom24, l’allarme nella Grande Mela ha colpito il personale della metropolitana, con già 22 dipendenti uccisi dal virus e oltre mille su 74.000 risultati positivi al test del Covid-19. Inoltre, ben 5.430 impiegati dalla Mta, la società dei trasporti pubblici cittadina, sono in quarantena a casa. Una situazione difficile, dunque, tanto che il Governatore dello stato Andrew Cuomo ha esteso la chiusura di tutte le attività non essenziali almeno fino al 29 aprile. “Non è il momento di allentare le restrizioni”, ha affermato, annunciando anche il raddoppio della multa – da 500 a mille dollari – per chi viola le norme, a partire da quelle sul distanziamento sociale: “Non è in gioco solo la vostra vita, nessuno ha il diritto di mettere a rischio la vita di qualcun’altro”.

Fonte: Ansa, Nyt, La Stampa, Tgcom24

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