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Cronaca

Conavirus, un medico della zona rossa: “Prima del contagio troppe polmoniti insolite”

Un medico di base di Castglione D’Adda, il Comune più colpito della zona rossa, ha parlato dei giorni prima del riconoscimento del primo contagio ufficiale. E dello scarso aiuto dato agli ambulatori medici. 

Sale il numero dei contagi in Italia per il nuovo Coronavirus riporta Il Corriere della Sera, passati nell’arco della giornata da 530 casi positivi ai 50 attestati dall’Ansa. Il numero dei morti è salito a 17, mentre le persone guarite superano al momento sono 45. Nei giorni scorsi il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte aveva accusato la Regione Lombardia di scarso controllo dei presidi ospedalieri, dal momento che, accusava il Premier, il contagio nella Regione era stato alimentato dal mancato rispetto dei protocolli previsti dalla Istituto Superiore della Sanità e dal Ministero della Salute, in particolar modo dall’Ospedale di Codogno. La provincia lodigiana è attualmente la zona più colpita e Castiglione D’Adda, con più di 40 casi accertati detiene il maggior numero di contagi. Qui, venne ricoverato Mattia 38enne di Codogno, attualmente ritenuto il primo contagiato dell’epidemia. Nel paese sono stati sottoposti a controlli anche due medici di base, che hanno fatto scattare i controlli su tutti i loro pazienti. E proprio di quei giorni, uno dei medici di base in auto quarantena, ha parlato ad Adnkronos.

La dottoressa racconta: “C’era state queste brutte polmoniti, alcune delle quali avevano richiesto ricoveri. Però non c’erano particolari allerte. Per il nuovo Coronavirus tutto quello che dovevamo fare era chiedere agli assistiti se venivano dalla Cina, e in particolare dall’area a rischio per la Covid-19. I nostri assistiti quando facevamo la domanda si mettevano a ridere. L’unico protocollo da applicare era quello”. In effetti il protocollo, cambiato negli ultimi giorni, considerava ‘persone sospette’ soltanto quelle che erano state negli ultimi 15 giorni in Cina oppure in contatto con persone provenienti dalla Cina. Ciò ha rallentato, e di molto, la scoperta del Coronavirus nel nostro Paese.

Gli scienziati sono concordi ormai nel dichiarare che, le infezioni di queste settimane, sono ormai figlie della seconda o anche terza generazione di contagi. Una posizione assunta anche dalla virologa Ilaria Capua, Direttrice dell’One Health Center dell’Università della Florida, che parlando del primo decesso avvenuto in Veneto, aveva dichiarato che il virus fosse almeno 20 giorni prima della scoperta. Infatti nessuno dei pazienti risultati positivi a Castiglione D’Adda ha mai avuto rapporti con persone provenienti dalla Cina. Il cosiddetto paziente zero potrebbe essere guarito o ripartito. Avverte la dottoressa: “Servono due cose minime. La prima è che bisogna dotare di presidi di protezione i medici, e questi protocolli di protezione vanno usati già adesso, senza aspettare che si presenti il primo caso positivo al nuovo coronavirus” E, continua: “Poi va istituito un sistema di prenotazioni e di gestione delle visite solo su appuntamento, per evitare che i pazienti si presentino direttamente in ambulatorio magari con una sospetta Covid-19. Il nostro errore è che eravamo impreparati”. La dottoressa, in auto quarantena con una sua collega nel suo studio medico, è risultata negativa al primo tampone anche se attende la comunicazione ufficiale del Ministero sul secondo riscontro. Ad ogni, ha spiegato, attenderà i 15 giorni previsti. Per far fronte all’emergenza dei cittadini, ovviamente, allarmati, un medico di base proveniente dalla provincia di Lodi ha deciso di dare una mano, insieme alla Protezione Civile. Conclude la dottoressa: “I medici di famiglia hanno avuto all’inizio informazioni scarsissime. Non si è pensato che noi siamo i primi a contatto con la gente. E in questo periodo avevamo gli ambulatori affollati”.

 

Fonte: Il Corriere della Sera, Adnkronos

Pubblicato da
Mario Cassese

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