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Uccise l’ex fidanzata: dalla cella n.11 di Rebibbia non uscirà mai più

Vincenzo Paduano uccise e bruciò la sua ex fidanzata Sara Di Pietrantonio, il 29 maggio 2016, in una zona periferica della Capitale. Condannato a trent’anni, rischia invece l’ergastolo. 

Vincenzo Paduano, ex guardia giurata, era stato condannato a 30 anni per l’omicidio di Sara Di Pietrantonio, la ventiduenne uccisa e bruciata a Roma il 29 maggio di tre anni fa. Ma trent’anni non bastano, secondo i Giudici della prima sezione penale della Cassazione che hanno accolto la richiesta avanzata dalla Procura generale di aumentare la pena fino all’ergastolo. Ripercorrendo le tappe, in primo grado per Paduano era stato deciso l’ergastolo, ridotto invece a trent’anni in secondo grado. Il giorno dell’udienza in Corte d’Appello, l’imputato si presentò con una barba lunga e rilasciò una dichiarazione spontanea: “Non posso chiedere perdono alla famiglia di Sara, perché non riesco neanche a perdonare me stesso”.

Sguardo basso ed atteggiamento pentito. Il giorno dopo la sentenza, l’ex guardia giurata aveva tagliato la barba ed i capelli, come per festeggiare un nuovo inizio. Non aveva, però, fatto i conti con la Suprema Corte di Cassazione e con il Procuratore Generale Stefano Tucci, che ha chiesto ora un nuovo processo per valutare l’aggravamento della condanna a 30 anni ricevuta in Appello, come riportato dall’Ansa.

Paduano ha ucciso “per spirito punitivo e non per impeto di gelosia”, sostiene Tucci, sottolineando come, anche durante la relazione con la giovane, l’omicida “volesse esercitare dominio di possesso sulla vittima, controllandola in ogni suo spostamento”. Vincenzo Paduano è per l’accusa responsabile di tutti i reati che gli sono stati contestati, e non devono essergli concesse attenuanti generiche, come erano state richieste invece dalla difesa in relazione alle “scuse” fatte dall’omicida alla famiglia di Sara. La difesa aveva anche sollecitato l’assoluzione dell’imputato dai reati di stalking e distruzione di cadavere e il non riconoscimento dell’aggravante della premeditazione, in quanto l’alcool contenuto nella bottiglia che Paduano aveva portato con sé – al momento dell’uccisione di Sara – era in minima quantità e sarebbe dovuto servire solo per danneggiare la macchina della ragazza.

Scuse tardive”, spiega il Pg, “facile chiedere perdono dopo essere stati condannati all’ergastolo, e non si tratta solo di tardività o di facilità, ma anche di inconcretezza”. Secondo l’accusa, poi, “bisogna dichiarare l’autonoma sussistenza del reato di stalking”, che era stato invece assorbito dal reato di omicidio, e pertanto aumentare la pena. Respinta quindi la richiesta della concessione delle attenuanti generiche, come riportato dall’Ansa. Soddisfatta invece la famiglia della vittima, presente in aula al momento della lettura della Sentenza. “Questa sentenza apre una strada che può facilitare altre donne che hanno avuto problemi come Sara”, ha commentato la mamma di Sara. Il collegio difensivo del Paduano, rappresentato dall’Avv. Pirani, si è dichiarato invece non d’accordo con la sentenza della Suprema Corte: “Oggi c’è stata la sconfitta dei diritti dell’imputato, ma aspettiamo le motivazioni della sentenza”

Paduano si trovava nella cella n.11, braccio B, G9 primo piano, – cella del reparto precauzionale del Nuovo Complesso del carcere di Rebibbia, dove sono rinchiusi gli “offender sex” e gli “ex appartenenti” – quando ha appreso della notizia che potrebbe rimettere in discussione la sua posizione. L’ombra del carcere a vita è nuovamente sul suo futuro.

Fonte: Ansa

Pubblicato da
Chiara Feleppa

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