Governo Renzi, due interrogazioni parlamentari su Ponte Morandi

Il PD e Matteo Renzi tentano l’impossibile sul Ponte Morandi.  Dopo aver sostenuto il Governo Monti e governato con Letta, Renzi e Gentiloni ininterrottamente dal 28 aprile 2013 al 28 marzo 2018 si sono dati un obiettivo ambizioso: trasformare una tragedia di proporzioni immani in un atto d’accusa verso il Governo Conte ed il suo Ministro Danilo Toninelli, in carica dal 1 giugno 2018. La tesi dell’ex Segretario e dei Dem sarebbe in estrema sintesi questa: essendo il Ponte venuto giù ora la responsabilità politica di quanto accaduto è da ascrivere ipso facto all’Esecutivo in carica. Questo sostiene il PD. Nè più nè meno. In altre parole la presa in consegna delle infrastrutture del Paese nel passaggio tra un Esecutivo e quello successivo crea, secondo i Dem, una responsabilità politica oggettiva sul Governo entrante. Quindi se il Morandi fosse venuto giù durante l’ultimo giorno del Governo Gentiloni la responsabilità sarebbe da ascrivere a quest’ultimo. Se e in quanto accaduto dopo il passaggio di consegne, ebbene, la responsabilità va ricercata altrove. E’ un’assurdità sostenere che un governo in carica da due mesi sia chiamato a rispondere di un crollo da chi ha governato il Paese e le infrastrutture nei cinque anni precedenti? Sì. Ma se il PD è sprofondato ai minimi storici un motivo c’è.

Iniziamo da Matteo Renzi, l’uomo che crederebbe di essere George Mallory anche se si trovasse nella Fossa delle Marianne. Difende l’ex Ministro delle infrastrutture e dei Trasporti Delrio definendolo “un galantuomo” – una cortese ovvietà, questa, ma che c’entra poco e nulla. Dopo aggiunge che il Ministro è stato “ingiustamente accusato, con metodo infame“.

E’ qui siamo alla scortese ovvietà di Renzi, che si lamenta dei “metodi” ma non si tira fuori da essi, accusando la Lega di aver avuto un finanziamento dalla Società Autostrade più di dieci anni fa ed il premier Conte di aver prestato in passato una consulenza per la stessa. Un discorso che non c’entra nulla con il cuore del problema. Il Ponte non è crollato per un colpa di quel finanziamento o di quella consulenza. E’ crollato perchè Massimo D’Alema privatizzò la gestione della rete autostradale e i recenti governi PD hanno rinnovato la concessione ad Autostrade, leggasi Benetton, in un regime di monopolio. Questa è la storia, semplice semplice.

Ma il buon Matteo non sente ragioni, non può. Dice che  Delrio il “suo” ministro è stato accusato ingiustamente ma non spiega perchè lo stesso non rispose alle interrogazioni  del senatore Maurizio Rossi sul Ponte Morandi. La prima interrogazione è del 20 ottobre 2015, la seconda del 28 aprile 2016. Nella prima evidenziava, come riportato da Reuters, che «sul nodo autostradale di Genova è noto il grave problema del ponte Morandi che attraversa la città e del quale non si conosce la sicurezza nel tempo», chiedendo chiarimenti al governo sulla messa in sicurezza. Nella seconda interrogazione il senatore parlava di un «preoccupante cedimento dei giunti». Di queste interrogazioni parlamentari finite nel nulla Matteo Renzi non parla. O meglio, parla, ma solo per chiedere che il Parlamento interrompa le ferie e che il successore di Graziano Delrio, Danilo Toninelli  – secondo Renzi “sparito, commissariato da un Di Maio tutte le sere in tv” – venga a “riferire in Aula” sul crollo del Ponte.

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Anche Delrio non dice nulla di quelle interrogazioni parlamentari cadute nel vuoto. Sul Ponte dice, come riportato da Repubblica: “Quel viadotto è il più controllato d’Italia, quello che riceve più manutenzione in assoluto. Perché? Perché è un ponte nato male, questo ormai è evidente a tutti“. Un motivo in più per dare peso alle segnalazioni di un senatore di Genova. L’ex Ministro tuttavia nega l’addebito e respinge le accuse: “Mai ricevuto segnalazioni di alcun tipo, da nessuno, su ipotesi di cedimento strutturale del viadotto“. I documenti sembrano smentirlo. Delrio parla anche delle accuse di Di Maio sui rapporti tra i Benetton ed il PD: “Il tesoriere del partito dice che non è mai arrivato un euro. Renzi conferma: mai un soldo, né al Pd né alla Leopolda. Per quanto mi riguarda non ho né fondazioni né associazioni, figuriamoci. E rifiutavo gli inviti ai convegni o sponsorizzati da società con le quali il ministero aveva rapporti“. Delrio si guarda bene dall’accusare l’odierno Esecutivo. E’ un galantuomo distratto, Delrio. Forse durante la sua esperienza di governo era più preoccupato dello Ius Soli che del Ponte. Ma non manca di buon senso. Lascia che sia Renzi ad accusare. Anche il Segretario del PD Maurizio Martina mostra insofferenza, ma con più misura rispetto all’ex premier: “Adesso basta. Ora servirebbero unità e responsabilità. Non propaganda e falsità. I ministri che scambiano il governo per un social network fanno male all’Italia“. Martina dimentica lo stile “social” del Governo Renzi. Era uno dei cambiamenti nella comunicazione tanto voluti dall’ex sindaco. Se ne faccia una ragione.

Chi non riesce a farsi una ragione di questa estate terribile – l’Air Force, il cognato che deve spiegare alla Procura di Firenze qualcosa sulla fine che hanno fatto alcune donazioni per i bambini dell’Africa, le interrogazioni sul Ponte Morandi ignorate dal Ministro Delrio – è proprio, lui Matteo. Il senatore le pensa tutte, rimugina e alla fine tenta un’altra carta: chiedere alla Consob di verificare cosa sia successo attorno al titolo di Autostrade dopo il crollo.  «Un balletto molto strano, che sicuramente richiamerà l’attenzione della Consob», dice Renzi riferendosi ad un’ipotetica incertezza sulla volontà di revoca della concessione da parte del Governo. Un’incertezza che non risulta esserci stata se non nella testa di alcuni osservatori sempre alla ricerca di “divisioni” nel Governo. Vere presunte o immaginarie. Su questo stesso tema il deputato del PD Michele Anzaldi crede di poter mettere alle corde l’Esecutivo, come riportato da Milano Finanza: «Si apra un’istruttoria sul colpo gobbo di Ferragosto ad opera del presidente del Consiglio Conte, dei vicepresidenti del Consiglio Di Maio e Salvini, del ministro Toninelli. Si indaghi su manipolazione del mercato e aggiotaggio».

Il senatore PD Davide Faraone fa anche di meglio «Il Ministro Toninelli dovrebbe dimettersi immediatamente e se non lo fa, chiedo al mio partito di presentare una mozione di sfiducia. O se ne va lui o lo mandiamo a casa noi» scrive su FB, come riportato da Il Messaggero, e pubblica un video nel quale il 31 luglio il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Danilo Toninelli, in audizione in commissione Lavori pubblici del Senato, annunciava la revisione di alcuni grandi progetti, la Gronda tra questi, contemplando anche l’abbandono dell’opera. «Ricordo a tutti voi che la Gronda di Genova avrebbe dovuto alleggerire il traffico sul ponte Morandi. #ToninelliDimettiti» scrive Faraone.

Il PD è ai minimi storici. L’indice di gradimento in picchiata mentre il sole picchia in casa Dem, sembra. Contenti loro.

Fonti: Il Messaggero, Milano Finanza, Twitter Maurizio Martina, Repubblica, Reuters

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