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“Mi vergogno di quella foto”. Ma poche ore dopo Agnese Stracquadanio si cancella da FB

Non era un poster di Mussolini, in realtà. Era un’immagine di modeste dimensioni che accompagnavano una citazione «Non ho paura del nemico che mi attacca ma del falso amico che mi abbraccia». Un citazione attribuita all’uomo di Predappio che resta alla fine una frase neutra, di buon senso. Il problema era la foto. Peraltro non in mostra, non “un poster” ma un semplice foglio in un ripiano, tra i tabacchi. Ad Agnese Stracquadanio è bastata per scatenare un putiferio. Dopo le uova a Daisy sono trascorse quasi tre settimane senza un concreto allarme, a parte i rom presi a male parole sulla Milano Cremona. Troppo poco.

Nell’Italia neofascista di Salvini e Di Maio conviene tenere alta la guardia e così Agnese ha fatto. Bastava una domanda al titolare del bar, forse. Magari chiedendogli di fare a meno di quell’immagine. Parlare, insomma, Invece no. Insoddisfatta della risposta che ha ritenuto “evasiva e superficiale”. Agnese ha scattato una foto ed è andata dai Carabinieri e denunciarlo, come riportato dall’Ansa. Poteva bastare l’umiliazione di vedersi arrivare gli uomini in divisa nel bar, il sequestro del “corpo del reato” – ossia la foto incriminata con la frase –  il verbale, la denuncia. Poteva bastare, ad Agnese. E invece no.  Nell’era dei social si poteva rinunciare ad ampliare quella cronaca minima e portarla su scala nazionale? No, non si può. E allora ecco che Agnese pubblica sulla sua pagina FB la foto scattata nella tabaccheria – ecco perchè l’aveva fatta – e con parole di fuoco, riportate da Repubblica:

«Mi vergogno di tornare nella mia terra quando succedono cose come questa: Bar Fucsia, noto bar di Modica, espone al pubblico, e sottolineo l’essere esposta alla fruizione di tutti, l’immagine di Mussolini accompagnata da una citazione. Ho chiesto se nessuno si vergognasse per quell’immagine e alla mia richiesta di spiegazioni, mi è stato detto con tanta leggerezza quanta superficialità: E che fa? Mica è esposta. La vicenda, oltre ad aver suscitato la mia totale irritazione, oltre ad avermi urtato moralmente ed ideologicamente, motivo per cui non metterò più piede in quel posto, rientra nel reato penale di apologia del fascismo»

Parole di fuoco, dicevamo. E forse esporre a pubblico ludibrio una persona – il titolare del bar – senza avere contezza dei motivi per cui quell’immagine era lì presente – potrebbe essere stata esposta con intenti diversi da quelli ritenuti da Agnese, per esempio – espone la giovane ad una responsabilità. Perchè parlare con certezza e subito di “apologia del fascismo” e  sbattere “il mostro su FB” sembra un’imprudenza. Perchè il pm potrebbe ritenere che il “fatto non sussiste” perchè, ad esempio, non è affatto provata l’intenzionalità del titolare del bar. Se, in altre parole, egli si fosse davvero prefissato il fine apologetico del fascismo. Poteva esserci ironia in quel gesto, sarcasmo o anche semplice “superficialità” come la stessa ragazza sembra aver notato. Ma Agnese vede tutto bianco o nero. E scrive cose pesantissime su FB. Arrivano i like le condivisioni, Repubblica che la intervista.

Ma ora Agnese è scomparsa da FB. Si è cancellata, non ha retto alla fame improvvisa. Qualche traccia di lei resta. Una pagina goliardica dedicata proprio alla ragazza siciliana dal titolo “Agnese che beve cose” con foto di lei che beve drink, da sola o con gli amici. Presto scompariranno anche queste.

  

  

 

 

Fonti: Ansa, Repubblica, One Media Video

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Redazione

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